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Sartori: generale senza esercito 

di Paolo De Gregorio - 06/04/2017

Sartori: generale senza esercito 

Fonte: Paolo De Gregorio

    

Giovanni Sartori, fiorentino, che ha passato quasi tutta la sua vita in America ad insegnare cose totalmente inutili, tipo “filosofia moderna e logica”, nelle università di Stanford, Yale e Harvad, e “Scienza (sic!) della politica e sociologia”, con risultati presumibilmente nulli, visto che la politica americana è rimasta dominata dalle lobby multinazionali, dalle banche, dal Pentagono. Una volta tornato in Italia e immediatamente assunto dal Corriere della Sera (nota testata indipendente dai fatti), è diventato noto soprattutto per le sue idee sulla legge elettorale.

Naturalmente come accade a tutti gli intellettualoni, amati dai giornaloni, ha parlato di legge elettorale in termini accademici e incomprensibili ai più, dimostrando di non aver capito alcune cose essenziali:

-scegliere di parlare alle classi dirigenti politiche e intellettuali è totalmente inutile, perché esse non rispondono al bene comune, all’etica, allo spirito costituzionale, ma a gruppi di potere che vogliono una legge elettorale su misura per le proprie convenienze, con il risultato aberrante dell’ingovernabilità e di maggioranze diverse tra Camera e Senato

-se si vuole veramente cambiare la legge fondamentale della nostra scarsa democrazia, bisogna affidarsi ai cittadini, coinvolgendoli in una proposta chiara, comprensibile per tutti, da legittimare con un Referendum, operazione che sarebbe giudicata, a reti ed edicole unificate: “populista e antipolitica”, terreno su cui Sartori non si è mai incamminato anche se negli ultimi tempi aveva riconosciuto che solo Grillo aveva aperto una breccia nella palude di interessi e veti incrociati in cui neppure le definizioni di destra e sinistra hanno alcun valore o significato.

Anche se “post mortem” viene incensato come grande studioso, liberale, fustigatore dei potenti, corre l’obbligo di giudicare gli effetti reali che una vita di studio ha provocato nella società civile, e credo proprio che una vera e propria proposta di una nuova legge elettorale non l’abbia mai stilata, se non una certa simpatia per il doppio turno alla francese, che sarebbe poi una scopiazzatura.

Quasi tutti gli intellettuali ed i vecchi politicanti credono di essere la classe dirigente e hanno in comune il terrore per l’affermarsi del Movimento 5 stelle, che in buona sostanza vuole capovolgere il modo di governare, chiedendo ai cittadini di votare ogni volta sulle questioni importanti e quindi mettere fuori gioco il collaudato sistema del controllo dei media, degli accordi sottobanco, della compravendita degli onorevoli.

Abbiamo visto in questi ultimi venti anni quali risultati abbiano ottenuto una classe politica esperta, i professoroni suoi consiglieri e un sistema di informazione compatto, come in regime, a cercare di respingere ogni novità: abbiamo una crisi che data dal 2007, un debito pubblico arrivato a 2250 miliardi di euro, per cui abbiamo pagato ai creditori l’astronomica e intollerante cifra di interessi di  756,4 miliardi  di euro, dal 2007 al 2016 (dato da “Investire oggi”), mentre la maggior parte delle nostre eccellenze sono state vendute, decine di migliaia di imprese hanno delocalizzato all’estero, la disoccupazione è tra le più alte d’Europa, la maggior parte del nostro territorio è a rischio sismico e idrogeologico e nulla si fa a livello preventivo, le mafie non sono più solo al Sud, ma sono arrivate dappertutto, l’immigrazione cresce senza che sia stata trovata una strategia per fermarla,

Se questi sono i risultati di una casta politica e intellettuale esperta e preparata, diventa un titolo di merito essere definito antipolitico, inesperto e anche populista, soprattutto se consideriamo da quali gentiluomini e gentildonne vengono spesso queste accuse (oltre cento tra inquisiti, condannati, prescritti, sono in Parlamento).