Schiacciare la testa del serpente
di Antonio Catalano - 03/04/2023
Fonte: Antonio Catalano
Quando cominciò ad affermarsi il fenomeno del politicamente corretto, e delle sue distorsioni semantiche, pochi immaginavano che quello sarebbe stato l’apripista di un processo che si sarebbe dispiegato in tutta la sua potenza distopica negli anni a seguire. Spesso di fronte alle evidenti e quasi sempre bizzarre forzature introdotte da una lingua riveduta e corretta nelle università americane si sorrideva bonariamente pensando che alla fine il buon senso avrebbe prevalso.
Il “politically correct” nasceva sul finire degli anni Ottanta negli Usa, in particolare in alcune università americane nelle quali si stilarono regolamenti di condotta verbale – i cosiddetti “speech codes” – per scoraggiare l’uso di parole ed espressioni ritenute discriminanti. Si modificava il vocabolario di molte denominazioni per generare forme neutre, spesso edulcorate se non addirittura ridicole: il paziente diventava assistito, il cieco non vedente, i netturbini (già spazzini) operatori ecologici, i becchini operatori cimiteriali, gli infermieri operatori sanitari, i contadini operatori agricoli… raccolta di tonni l'antica mattanza. Una correttezza capace di sovvertire il concetto stesso di realtà, che trovò la sua prima applicazione “politica” nell’ossimorica espressione “bombardamenti umanitari”, quegli interventi militari Usa tesi ad esportare la democrazia a suon di bombe, con i quali si procedeva a scardinare il vecchio assetto geopolitico (Iraq 1991, Jugoslavia 1999…).
Poi il politicamente cominciò a marciare insieme a quell’ondata di diritti “civili” che passo dopo passo doveva indebolire e fiaccare il senso comune poggiante sulla “tradizione”. La famiglia tradizionale andava superata perché luogo di oppressione e di violenza, l’eterosessualità era figlia di una concezione patriarcale binaria che aveva provocato tutti i guai dell’umanità, fino ad arrivare alla teorizzazione della violenza discriminatoria insita nello stesso riconoscimento del sesso del nascituro per il quale si deve ormai parlare di genere assegnato e non più di sesso riconosciuto.
E così finestra dopo finestra, scompare la “vergogna” della rivendicazione del nuovo gradino da superare. Parlare di transizione di genere diventa un po’ alla volta una cosa normale, così come normali le cliniche specializzate in questa transizione (lo stesso “reazionario” leghista Zaia ormai riconosce il pieno diritto di queste cliniche); altrettanto normale accettare lo stravolgimento chirurgico del corpo con asportazioni (taglio mammelle, genitali) e/o impianti di vario genere e gusto; così come deve essere normale la somministrazione di meta bloccanti in bambini prima che lo sviluppo esploda. E come deve essere normale oggi parlare come se niente fosse di “utero in affitto”, con tanto di retorica asfissiante e petalosa sull’amore che fonda il “desiderio” di un figlio, che poi questo significhi mercificazione del corpo della donna, che il “figlio” venga ordinato a pagamento e che al futuro bambino forse interesserà sapere chi sono davvero mamma e papà poco o niente deve importare.
Gradualmente quindi si sono aperte nuove finestre dalle quali quotidianamente ci affacciamo su scenari che una volta sarebbero stati avvertiti come inquietanti e frutto di menti malate. Ma che ora diventano non sono “normali” ma per il pensiero dominante addirittura auspicabili. Uno scivolamento nella distopia accompagnato da grandi campagne mediatiche fatte di propaganda martellante da parte di influencer, cantanti, attori, sportivi, giornalisti, intellettuali… a seconda del pubblico di riferimento.
Naturalmente la scuola non poteva rimanere intoccata, la sua nuova struttura de-formata e de-formante diventava anzi uno dei luoghi essenziali dell’indottrinamento al catechismo gender, con tanto di testi, progetti e docenti allineati a questa prospettiva… in nome dell’accoglienza e dell’inclusività, paroline-esca che consentono di intuire la presenza dell’amo “dirittista”. L’ultima perla: in Canada per questa prossima estate si organizzeranno campi per diventare drag queen. Destinatari: bambini dai 4-11 anni e ragazzi 12-17 anni… e poi dici che aumentano le “disforie di genere”.
I casi delle assurdità provocate da questa infezione morale e sociale degli individui e delle comunità sono all’ordine del giorno. Ma citiamo il caso dell’ultima strage di Nashville negli Usa (di cui ho scritto recentemente). Una giovane donna che si sente uomo entra in una scuola armata di tutto punto e uccide tre bambini e tre adulti, poi interviene la polizia e finalmente viene accoppata. A poche ore di distanza dalla strage alcune organizzazioni Lgbt rilanciano la tesi secondo la quale in realtà la vittima sarebbe l’assassina, anzi l'assassino. La stampa liberal e progressista è imbarazzata, subisce il ricatto della lobby Lgbt. Queste organizzazioni ribadiscono la “Giornata della Vendetta Trans” e danno vita a manifestazioni coordinate nei parlamenti di vari Stati federali per chiedere leggi che autorizzino il cambio di sesso nei minori. Con la portavoce della Casa Bianca che dichiara «vicinanza alla comunità trans vittima di attacchi», e una nota interna (scoperta e diffusa dal NYT) della potente Cbs in cui si dice di «evitare ogni menzione alle motivazioni Lgbt dell’assassina di Nashville». Atmosfera che consente alle associazioni Lgbt di utilizzare lo slogan «Le vittime erano sette». Ormai ci siamo scordati delle sette vittime innocenti.
Tutto questo è avvenuto un po’ alla volta, secondo la nota tecnica della rana bollita. Ricordo amici e colleghi che mi sorridevano quando ponevo la gravità della questione che si esprimeva ancora “solo” nei termini del politicamente corretto. Poi quando si cominciò ad andare oltre le forme del linguaggio mi si diceva che si trattava di fenomeni laterali alla società, che il popolo certe questioni manco se le poneva. E arriviamo all’oggi. In cui le istituzioni sospendono e licenziano lavoratori non inclini alla neo religione pagana, in cui le scuole ridondano di propaganda gender, in cui fiorenti sono il mercato della “transizione di genere”, del seme, dell’utero in affitto, in cui organismi istituzionali sovranazionali impongono la sottomissione degli stati a questa religione.
Il debosciamento generale nel quale è precipitato il mondo occidentale sarà bloccato non tanto da forze interne (comunque è necessario combattere, e una forza politica di vero rinnovamento non può non contenere nel suo programma la radicale contrapposizione a queste derive antropologiche: è anche su questo che devono essere valutate e “misurate” le varie proposte) ma dal cambiamento del quadro internazionale. Per essere esplicito: sarà necessario che prima possibile sia schiacciata la testa del serpente globalista americano. Serpente che si agita e sputa veleno.
Poi, lo so, c’è il capitalismo… ma l’anti capitalismo in sé non è garanzia di consapevolezza, ci sono troppi “anti-capitalisti” in giro che questi temi non solo non li considerano, ma li snobbano se non addirittura li sostengono.