Scienza: e l’etica dov’è finita?
di Franco Maloberti - 13/11/2022
Fonte: Come Don Chisciotte
Per secoli la scienza ha contribuito allo sviluppo umano, sia economico che sociale. È la curiosità quello che ha costantemente stimolato la scienza. L’uomo, utilizzando abilità superiori, ha scoperto sempre di più come funziona quello che lo circonda. Ha anche elaborato modi di pensare che hanno portato a un’organizzazione sociale altamente efficace.
Tuttavia, lo sviluppo sociale ed economico non è stato uniforme: si sono create regioni altamente sviluppate e aree impoverite con l’Occidente sviluppato che ha governato il resto del mondo.
Il progresso, ma anche il significativo squilibrio, sono principalmente dovuti a tre elementi, identificati dallo storico Jan Morris, e descritti nel suo libro “Why the West Rules … for Now”. Il primo elemento è la biologia; gli esseri umani sono gli animali più intelligenti, l’uomo è capace di estrarre energia dall’ambiente e trasformarla in una forma utilizzabile. Gli umani sono curiosi, creativi e in grado di sviluppare idee che si accumulano e producono sviluppo; la trasmissione delle idee produce idee migliori grazie al secondo elemento: la sociologia. Lo sviluppo sociale e l’organizzazione pubblica favoriscono il confronto tra le persone e fungono da catalizzatori per la crescita. Quando l’organizzazione politica e pubblica limita il confronto sociale c’è stagnazione e sicuro declino. Il terzo elemento è la geografia. Questo elemento era rilevante in passato: le regioni con climi miti hanno goduto di un positivo sfruttamento delle coltivazioni, e della presenza di razze di animali addomesticati dall’uomo. Il risultato fu più cibo e più persone; di conseguenza, più sviluppo. Il vantaggio geografico assieme agli altri, hanno avuto un impatto a lungo termine con una conseguente egemonia delle popolazioni residenti nelle aree favorite o provenienti da quelle regioni. Lo status si consolidò nel tempo e il progresso sociale ed economico avvantaggiò principalmente l’Occidente. Col tempo, il divario tra le aree sviluppate e quelle sottosviluppate si è allargato costantemente.
Qual è il ruolo della scienza sullo sviluppo umano? All’inizio, la scienza ha avuto un contributo principalmente indiretto (ma essenziale). Lo scopo della scienza era lontano dall’uso pratico delle scoperte. Gli scienziati hanno trovato risposte ai tanti perché senza preoccuparsi e senza essere motivati dai problemi della vita ordinaria. Per questo erano, per definizione, etici, in quanto doppie motivazioni non guidavano la loro azione.
Esistono comunque esempi di invenzioni di scienziati determinate da necessità, in particolare belliche. Ad esempio, abbiamo l’invenzione degli specchi di Archimede utilizzati durante l’assedio di Siracusa per bruciare le navi romane. C’erano almeno 24 grandi specchi piatti, con lo specchio centrale che rifletteva il raggio del sole su una nave; gli specchietti laterali convergevano sullo stesso punto, moltiplicando così l’effetto bruciante.
Un altro esempio è l’invenzione della polvere da sparo, il più antico esplosivo utilizzato dall’uomo, attribuita a uno scienziato cinese. È costituito da una miscela di zolfo, carbone e nitrato di potassio (salnitro). Zolfo e carbone agiscono come combustibili, mentre il salnitro è l’ossidante. A causa delle sue proprietà infiammatorie e del calore e del gas che genera, la miscela fungeva da propellente per le armi da fuoco.
Riassumendo, nella fase iniziale la scienza si è impegnata a trovare risposte ai perché; la tecnologia molto più tardi ha utilizzato queste risposte per applicazioni pratiche e, spesso, preziose per lo sviluppo dell’umanità.
La separazione temporale tra le scoperte scientifiche e il loro uso pratico era essenziale perché consentiva agli scienziati di operare senza vincoli. Inoltre, i costi della scienza erano molto bassi e non richiedevano il contributo dei cittadini per sostenere l’attività dello scienziato.
La ricerca nell’età d’oro della scienza (il rinascimento della scienza) richiedeva scarsi finanziamenti per le verifiche sperimentali a supporto degli studi teorici. Il patrocinio di un re, di imperatori e talvolta di ricchi borghesi soddisfaceva quei bisogni. Anche in quel periodo, il coinvolgimento dei cittadini quasi non esisteva. Scienziati brillanti hanno lavorato senza limitazioni e hanno scoperto le leggi fondamentali della chimica, della fisica e dell’elettricità. I progressi scientifici hanno creato così una solida base per lo sviluppo sociale ed economico, ma l’effetto è stato comunque indiretto. La scienza è stata solo il catalizzatore della rivoluzione industriale.
Dalla seconda metà del 20° secolo ad oggi, l’umanità ha conosciuto un’incredibile accelerazione dello sviluppo economico e sociale. L’accelerazione è stata senza dubbio dovuta ai grandi vantaggi della meccanica, dell’elettronica e dell’informatica. Comunque, due fattori anomali hanno velocizzato il progresso: la guerra e la competizione spaziale.
Un evento drammatico determinò la fine della Seconda guerra mondiale: il 6 e 9 agosto 1945 gli americani sganciarono due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. La costruzione delle bombe fu resa possibile grazie al contributo degli scienziati del Progetto Manhattan, che comprendevano Robert Oppenheimer, Enrico Fermi, e un gruppo di scienziati europei che si erano rifugiati negli Stati Uniti. Sull’altro fronte, c’erano gli studi sui missili a lungo raggio e gli esperimenti di Wernher von Braun che hanno potenziato quell’attività. I bisogni contingenti hanno guidato la scienza e il risultato è stato, per alcuni occidentali, positivo poiché la guerra è finita come è finita. Però, i circa 200.000 cittadini giapponesi morti e, suppongo, molti altri nel mondo, non saranno d’accordo.
Un secondo elemento che ha avvicinato sempre di più la scienza e le esigenze politiche è stata la competizione spaziale. È naturale che un popolo si senta superiore in qualche disciplina. Alcuni sono soddisfatti della superiorità nello sport, ad esempio il calcio o la ginnastica. Due superpotenze, invece, USA e Unione Sovietica si sono sfidate alla ricerca di successi spaziali sempre maggiori, con lanci di missili, satelliti, sbarchi sulla luna ed esplorazione dei pianeti del sistema solare nel periodo compreso tra il 1957 e il 1975 circa, per prevalere l’una sull’altra.
Un aspetto importante illustrato dai due eventi riguarda l’etica della scienza. Mentre in precedenza gli aspetti etici non erano nemmeno da considerare, dopo il coinvolgimento della scienza nella guerra e nella lotta per l’egemonia, divenne evidente che parte della scienza era corrotta da interessi specifici e non operava per il bene dell’intera umanità.
Un ulteriore effetto è un drammatico aumento del costo della scienza. Il progresso scientifico (che è diventato principalmente tecnologico) dipende sempre più dal denaro. Gli scienziati poveri, anche se intellettualmente eccellenti, fanno studi obsoleti e non più apprezzati dalla comunità scientifica. L’acquisizione di cospicui fondi per la ricerca è invece apprezzato e considerato un grande merito. Fare esperimenti sempre più costosi diventa allora motivo di rispetto e orgoglio. Avere grossi finanziamenti, peraltro, significa sottostare alle aspettative del finanziatore che, spesso, è attento al “ritorno dell’investimento” e vuole acquisire strumenti per la supremazia politica o militare. Di conseguenza, gli aspetti etici devono andare in secondo piano.
I recenti sviluppi in genetica, robotica, nanotecnologia e informatica hanno portato cambiamenti e conseguenze che meritano un’attenta considerazione. L’aspetto delle persone è migliorato rispetto a quando erano giovani. I genitori possono scegliere le caratteristiche dei propri figli e scartare i feti che non corrispondono ai loro desideri. I progressi della biologia hanno portato alla costruzione di cellule artificiali in laboratorio. Le manipolazioni genetiche consentono lo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche e abilità terapeutiche, ma anche, creano virus pericolosi per l’uomo. L’etica per molti gli studiosi coinvolti è spesso una cosa ignota.
L’esercito ha anche sfruttato i progressi scientifici. DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), ad esempio, finanzia, tra gli altri, il Brain Interface Project che mira a creare reti neuronali biocompatibili e impiantabili per far comunicare direttamente computer e cervello. L’applicazione è che quei dispositivi potrebbero essere impiantati nella testa dei soldati per renderli più efficaci.
I robot sono ormai macchine i cui programmi non riguardano soluzioni deterministiche e ripetitive ma utilizzano algoritmi basati su varie tecniche di intelligenza artificiale (algoritmi genetici, logica fuzzy, machine learning, reti neurali) per svolgere compiti umanoidi. La nanotecnologia e l’informatica consentono enormi capacità di elaborazione, come l’esecuzione di programmi di complessità che era inimmaginabile fino a pochi anni fa. Spesso, la complessità dei programmi serve per modelli astrusi che non hanno nessun legame con le leggi della fisica o della chimica. Si basano su una miriade di parametri i cui valori, casomai, vengono tarati per avere i risultati desiderati dal committente che ha finalità meramente politiche.
Lo sviluppo degli ultimi anni è dovuto quasi esclusivamente alla scienza, che trasformatasi in tecnologia, si è messa troppo spesso al servizio degli affari e della politica. L’etica diventa allora fondamentale poiché fare scienza può significare avere comportamenti buoni, giusti, leciti, oppure favorire azioni che sono ritenute ingiuste, illecite, sconvenienti o cattive, secondo un modello di ideale comportamentale scientifico.
Quanto sopra è la sfida. Lo scienziato spensierato che cerca risposte ai perché è un lontano ricordo. La scienza sempre più soddisfa richieste di parte. Gli scienziati di tutte le discipline, invece, devono essere consapevoli delle conseguenze del loro scoprire. Ora e in futuro, devono essere direttamente responsabili e non seguire pedissequamente la classe dirigente. Gli scienziati devono innanzitutto contribuire a un armonioso sviluppo. La scienza continuerà ad esistere solo se opera per il benessere di tutta l’umanità.
Franco Maloberti ha conseguito la Laurea in Fisica (con lode) presso l’Università di Parma, Italia, nel 1968, e il Dottorato Honoris Causa in Elettronica da Inaoe, Puebla, Messico, nel 1996. È stato Professore di Microelettronica presso l’Università di Pavia, è stato il TI/J. Kilby Analog Engineering Chair Professor presso la Texas A&M University e Distinguished Microelectronic Chair Professor presso l’Università del Texas a Dallas. Attualmente è Professore Emerito presso l’Università di Pavia, e Professore Onorario all’Università di Macao, Cina SAR. Ha più di 600 pubblicazioni scientifiche, ha pubblicato dieci libri ed è titolare di 40 brevetti. È il Direttore della Divisione I dell’IEEE, è stato Presidente dell’IEEE CASS e dell’IEEE Sensor Council. Ha anche servito l’IEEE in numerose posizioni di responsabilità. Nel 1999 ha ricevuto l’IEEE CAS Society Meritorious Service Award, la CAS Society Golden Jubilee Medal nel 2000 e la IEEE Millenium Medal. Ha ricevuto l’IEE Fleming Premium nel 1996, l’ESSCIRC 2007 Best Paper Award e l’IEEJ Workshop 2007 e 2010 Best Paper Award. Ha ricevuto il premio Mac Van Valkenburg della IEEE CAS Society 2013. È Life Fellow di IEEE.