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Se la libertà di satira corrode il dovere di rispettare la fede altrui

di Sergio Romano - 13/09/2020

Se la libertà di satira corrode il dovere di rispettare la fede altrui

Fonte: Corriere della Sera

Ècominciato negli scorsi giorni in Francia, di fronte alla Corte speciale d’assise di Parigi, un processo che durerà sino al mese di novembre. Gli imputati sono 14 e devono rispondere della loro presunta complicità in due sanguinosi avvenimenti del 2015: l’assalto alla redazione parigina di un giornale satirico (Charlie Hebdo), «colpevole» della pubblicazione di ritratti caricaturali del profeta Maometto, e a un supermercato specializzato nella vendita di prodotti alimentari compatibili con le regole della cucina ebraica. Le vittime di quella sanguinosa giornata furono 17 (fra cui tre redattori), e una larga parte dell’opinione pubblica, in Francia e altrove, indipendentemente dalla propria fede religiosa, denunciò lo spietato fanatismo degli assalitori. Fu una protesta largamente laica e liberale, che rivendicava, insieme, il diritto di credere e non credere. Ma negli scorsi giorni, mentre il processo stava per cominciare, la redazione di Charlie Hebdo ha deciso di pubblicare nuovamente i ritratti caricaturali di Maometto. A molti sembrò una provocazione inutile, se non addirittura pericolosa. Non sembrò inutile, invece, al presidente della Repubblica francese che in una dichiarazione rilasciata alla stampa durante il suo viaggio a Beirut ha detto: «In Francia esiste la libertà di bestemmia». Se Emmanuel Macron avesse detto che in Francia esiste la licenza di bestemmia» avrei avuto qualche perplessità, ma avrei pensato che «licenza» è una legittima reazione all’epoca in cui, anche in Italia, soprattutto dopo i Trattati Lateranensi , la blasfemia, era un reato (dal 1999 non ricade

Il profeta Maometto Riproporre le caricature e ferire così la sensibilità religiosa di un popolo non è né giusto né opportuno

più fra i reati: è considerata un illecito amministrativo). La parola libertà usata da Macron, invece, mi sembra del tutto impropria soprattutto per un Paese che può vantarsi di avere unit0 la parola «libertà» a quelle di eguaglianza e fratellanza per farne il motto dello Stato francese per quasi due secoli con una sola eccezione temporale: il periodo fra il 1940 e il 1944, quando la Francia fu governata dal maresciallo Pétain e divenne un satellite della Germania nazista. Esistono anche ragioni culturali e politiche per cui la legittimazione della blasfemia, in questo caso, è particolarmente inopportuna. Mentre in Occidente siamo riusciti, con qualche variante fra un Paese e l’altro, a separare lo Stato dalla Chiesa, nel mondo islamico la distinzione fra politica e religione resta imperfetta e incompiuta. Vogliamo guastare i nostri rapporti col mondo musulmano (penso al modo in cui il Pakistan, negli scorsi giorni, ha reagito alla nuova pubblicazione dei ritratti caricaturali di Maometto) per compiacere le fantasie goliardiche di un giornale satirico? Possiamo manifestare il nostro orrore e punire i colpevoli in un’aula di tribunale, come si farà nei prossimi giorni a Parigi. Ma ferire la sensibilità religiosa di un popolo non è né giusto né opportuno.