Sei funerali e un battesimo
di Marcello Veneziani - 31/12/2023
Fonte: Marcello Veneziani
Come possiamo descrivere in uno sguardo sintetico l’epoca che stiamo vivendo? Non è il bilancio degli eventi di cronaca accaduti nell’anno trascorso ma la visione del mondo che si può trarre osservando le creste e gli abissi della nostra epoca, i processi che si delineano, i frutti e i detriti. A voler rappresentare la nostra epoca in un quadro icastico che sembra quasi il titolo di un film, potremmo dire: sei funerali e un battesimo. I sei funerali sono in corso da tempo, prima erano solo annunci domestici o per pochi eletti, quasi in forma privata; poi sono divenuti pubblici, fino a farsi fenomeni epocali di massa.
Per rappresentarli in uno sguardo complessivo diciamo che il loro arco va dall’annuncio di morte di Dio, che per primo osò fare Friedrich Nietzsche, all’annuncio di morte dell’uomo, che fece in anni a noi più vicini Michel Foucault. Spesso fu attribuita ai due filosofi una qualche responsabilità nel presunto deicidio e ominicidio: in realtà i due più che autori furono annunciatori di una catastrofe. Foucault ne Le parole e le cose, andò sui passi di Nietzsche e osservò che la morte di Dio e dell’ultimo uomo che lo avrebbe ucciso sono strettamente legati: “è lui ora che deve rispondere della propria finitudine”. E aggiungeva, in conclusione della sua opera, “L’uomo è un’invenzione di cui l’archeologia del nostro pensiero mostra agevolmente la data recente. E forse la fine prossima”. La fine dell’uomo, il filosofo francese, la vedeva come una cancellazione, “come sull’orlo del mare un volto di sabbia”. Ma tra i due annunci funebri sono stati celebrati altri quattro funerali: alla storia, alla natura, al pensiero e all’arte, ovvero ai quattro ambiti che attenevano all’umanesimo, al suo rapporto col mondo e col sacro, con la memoria e col futuro, con il bene e con il bello, con la cultura e la tradizione.
E’ sotto gli occhi di tutti la perdita della memoria storica e l’amnesia nei confronti del nostro passato; di contro l’elevazione a male eterno e assoluto di una porzione del passato recente, chiamata nazi-fascismo, conferma la destoricizzazione radicale in atto. Restano i demoni, non i fatti, non la memoria, non il passato, pur selezionato nell’importanza degli eventi. Fine della storia.
Meno appariscente, se non travestito nelle vesti opposte di un falso naturalismo, è il funerale alla natura, ossia al mondo che precede la nostra volontà, il mondo che non abbiamo costruito ma era prima di noi e un tempo si chiamava creato; vengono negati i diritti naturali, i limiti naturali, la natura dei sessi, la famiglia naturale. Nell’epoca in cui tutto è bio, e la preoccupazione principale è l’ambiente, la salvezza del pianeta, si rigetta la natura, sostituita con l’artificiale, la protesi, il volontario, i desideri.
Da tempo serpeggiano le dichiarazioni di morte della filosofia, l’irrilevanza del pensiero, e la sua sconfitta rispetto alla tecnoscienza e ai suoi risultati. L’annuncio della fine di Dio parve il trionfo della filosofia, cioè del pensiero umano autonomo e sovrano; invece la perdita dell’uno è stato poi la perdita dell’altro, con la fede è finita pure la filosofia. Anche l’arte sopravvive solo allestendo un permanente funerale all’arte conosciuta nei secoli, ogni nuova arte è un certificato di decesso dell’arte, ogni avanguardia, annuncio e rappresentazione segna una decomposizione, un disormeggio, una dissoluzione di figure, corpi e paesaggi.
Di quegli annunci funebri si trovarono le prime tracce nel pensiero hegeliano; ma diventarono orizzonte comune solo di recente, attraverso forme progressive, e dunque regressive, di iconoclastia e trasgressione, di nichilismo e di sradicamento. Le merci hanno sostituito i beni immateriali e i legami sociali, la tecnica ha sostituito la cultura e il senso reale delle cose, l’economia ha rimpiazzato il vuoto dell’essere col pieno dell’avere, anche virtuale. I desideri hanno soppiantato la realtà e la sua rappresentazione.
I sei funerali si accompagnano a un battesimo: la nascita dell’androide, ovvero dell’intelligenza artificiale che prende il posto dell’uomo e di quei sei mondi; supera il robot e assume i compiti che furono umani. La possibilità di modificare il mondo, notava già Gunther Anders mezzo secolo fa in Uomini senza mondo, ha superato l’immaginazione e su questa “discrepanza” che Anders altrove definisce “dislivello prometeico” (L’uomo è antiquato è del 1956) c’è tutta la nostra sconfitta: la crescente potenza di cambiare il mondo si unisce alla decrescente sapienza di conoscerlo. La tecnica avanza, la cultura arretra. L’avvento dell’androide preoccupa perché nel contempo arretra l’umano; anziché potenziarlo, lo rende superfluo.
Quei sei funerali pesano sull’avvento dell’androide, della sua intelligenza artificiale, provvisoriamente chiamato transumano o postumano o cyberuomo (che ben descrive Roberto Pecchioli nel recente L’uomo transumano. La fine dell’umanità, ed. Arianna).
Non abbiamo usato l’espressione corrente di morte di Dio, dell’uomo, della storia, dell’arte, del pensiero e della natura ma abbiamo parlato di funerali, ovvero di annuncio, rappresentazione, percezione e supposizione della loro scomparsa. Ciò non esclude che si tratti di una dichiarazione di morte presunta, non accertata; di un rito funebre “in contumacia”, in assenza dell’interessato.
La vera domanda della nostra epoca può dunque spostarsi in un’indagine: dove si è nascosto Dio, e l’uomo, e tutti gli altri ambiti collegati? E come è possibile ritrovarli, o risvegliarli, riportarli in vita, non nel senso di resuscitarli ma di riportarli nella nostra vita, riammetterli nel nostro orizzonte vivente, e con loro ritrovare la nostra umanità. Quel che possiamo dire, intanto, è che chi credeva di sbarazzarsi di Dio per trovare l’uomo ha sbagliato i calcoli perché ha perduto anche l’uomo; chi pensava di sbarazzarsi del passato per andare incontro all’avvenire ha sbagliato i conti perché si è sbarazzato pure del futuro; chi pensava di sbarazzarsi del pensiero o dell’arte, o della natura, per vivere nella tecnoscienza e nei suoi prodotti, alla fine ha perso il suo mondo e la sua umanità. Tutto è collegato, il mondo è una connessione. Una corona di grani, come quella del rosario: se sfili il primo grano poi si sfilano tutti gli altri, fino a perdere il filo dell’esistenza.