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Siamo meglio degli inglesi ma non troppo

di Alberto Negri - 22/08/2019

Siamo meglio degli inglesi ma non troppo

Fonte: Alberto Negri

 
A un passo dalla Brexit e senza accordo con la Ue, il Parlamento britannico riapre solo il 3 settembre sono, quasi meglio gli italiani. Peccato che andremo al G-7 di sabato a Biarritz senza un governo.

Il confronto tra i parlamentari italiani e quelli britannici appare quasi impietoso. I primi battono di gran lunga i secondi. In piena crisi di governo e in piena estate i senatori hanno comunque liquidato un esecutivo giallo-verde e ora si preparano alle prossime mosse. Chissà cosa direbbe Salvini se fosse un politico inglese. Nel più completo marasma per la Brexit, con la scadenza ormai prossima del 31 ottobre del maggiore evento della politica britannica in 70 anni, i parlamentari britannici sono ancora tranquillamente al mare o in montagna mentre il loro neo-premier, un affannatissimo Boris Johnson ieri ha incontrato la Merkel e oggi vede Macron, con la speranza di ammorbidire le posizione europee.

Eppure con un Paese quasi inginocchiato davanti all’Unione europea, di fronte allo spettro di un’uscita dalla Ue con un “no deal” disastroso per gli inglesi (e anche per noi), i deputati inglesi hanno deciso di prendersi altri 15 giorni di ferie e non torneranno sul banco della Camera dei Comuni prima del 3 settembre.

Insomma persino gli italiani, di fronte a un’emergenza nazionale sembrano più efficienti dei loro colleghi inglesi. Tra l’altro a settembre a Londra ci sarà un tentativo di far approvare una mozione contraria al “no deal”. E una seconda mozione per votare la sfiducia al governo Johnson che ha solo un seggio in più dell’opposizione: in pratica governa sull’orlo di un burrone.

Se Johnson cadesse nel baratro della sfiducia ci sarebbero soltanto un paio di settimane per fare un governo con magari dentro laburisti, lib-dem, conservatori ribelli, scozzesi, gallesi e verdi, una sorta di grande coalizione nazionale con lo scopo di evitare un’uscita dura dalla Ue, convocare nuove elezioni e forse un nuovo referendum sulla Brexit.

Ma i deputati inglesi, di fronte al caos imminente, stanno in ferie. Chi non riposa sono gli altri inglesi, quelli che lavorano davvero e sono assai preoccupati per l’immediato futuro. Ecco cosa può succedere se il 31 ottobre la Gran Bretagna uscirà dall'Unione Europea con un “no deal” secondo un rapporto confidenziale pubblicato qualche giorno fa dal Sunday Times. Lo scenario è apocalittico: scarsità di generi alimentari, medicinali, carburante; il delicato confine fra Irlanda del Nord britannica e Repubblica d'Irlanda, emblema di una guerra civile, improvvisamente chiuso, porti intasati e code di giorni per i camion che devono attraversare la Manica, intasando completamente le autostrade dell'Inghilterra del sud e paralizzando l'intera regione. Con conseguenze a catena che vanno dal blocco dei servizi sociali all'impossibilità di tenere aperte le scuole.

Il rapporto è stato chiamato “Operation Yellowhammer”, letteralmente operazione martello giallo. Ma ai deputati inglesi di questa possibile martellata sembra importare poco o nulla visto che restano in vacanza. Secondo alcuni il rapporto è stato reso noto per influenzare i negoziati con l’Unione ma da quando Johnson è diventato premier al posto di Theresa May Londra non ha avviato nessun negoziato e non pare, da quanto è dato sapere, che l’Unione possa cambiare parere sulla modifica dell’accordo di uscita. Quindi il premier britannico tenta di aprire una breccia parlando direttamente con Macron e la Merkel, non si sa ancora con quali effettivi risultati.

Con l’Italia, Paese fondatore dell’Ue, Johnson non prevede colloqui. E con chi mai dovrebbe farli visto che non abbiamo più un governo? A proposito: sabato inizia il G-7 di Biarritz _ forse l’ultimo senza la Russia_ dove anche lì non contiamo nulla. Anche quando sembriamo meglio degli inglesi in realtà tra i grandi della terra camminiamo a testa bassa.