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Siria: cui prodest?

di Enrico Tomaselli - 04/12/2024

Siria: cui prodest?

Fonte: Giubbe rosse

Alla fine, Erdogan ha gettato la maschera: la sua idea di soluzione della crisi siriana è che il governo di Damasco "dialoghi con l'opposizione"; laddove ovviamente l'unica opposizione degna di dialogo dovrebbe essere costituita dal Syrian National Army di stretta osservanza filo-turca. Il fatto che i suoi ex-proxy di Al Nusra, poi scaricati da Ankara e trasformatisi in Hay’at Tahrir al-Sham, abbiano potuto prepararsi per mesi all'offensiva di questi giorni, sotto lo sguardo compiacente dei servizi turchi, così come il fatto che le milizie del SNA siano prontamente scattate a loro volta per occupare Aleppo e parte delle aree controllate dai curdi, lo avevano del resto già reso evidente a chi volesse vedere.
Era del resto chiaro che gli Accordi di Astana non avevano soddisfatto il presidente turco, che si aspettava maggior arrendevolezza alle sue (irricevibili) richieste da parte di Damasco. Da qui la riapertura del caos siriano, che ora vorrebbe proporre di risolvere con il proprio aiuto. Del resto, i suoi amici-nemici di Washington non fanno forse lo stesso il tutto il Medio Oriente? Alimentano le guerre sostenendo attivamente una parte, e poi si propongono-impongono come mediatori…
Ma come per tutti gli apprendisti stregoni, evocare le forze del male non significa saperle dominare. L'HTS è decisamente più forte del SNA, e infatti gli sta lasciando spazio giusto verso est, laddove può regolare i conti con le formazioni curde inquadrate nelle SDF. Forze che a loro volta stanno giocando su più tavoli, facendosi appoggiare dall'aviazione russo-siriana più a nord, per poi attaccare le posizioni siriane sull'Eufrate vicino Deir ez-Zor, con al copertura dell'artiglieria e dell'aviazione USA di stanza nella vicina base di Conoco.
La situazione rischia di divenire così incandescente che Stati Uniti e Russia hanno riattivato un canale diretto di teatro, proprio per evitare pericolosi incidenti.
La spregiudicatezza di Erdogan, e la sua strafottenza per gli interessi altrui, non possono che (quantomeno) irritare Mosca e Teheran, che già hanno peraltro buone e svariate ragioni per diffidare del Sultano. Non tanto perché le bande di tagliagole dell'HTS possano effettivamente costituire una minaccia per la presenza russa o iraniana in Siria, cosa evidentemente fuori dalla loro portata, quanto perché la mossa ha fatto saltare gli equilibri su cui si reggeva la traballante situazione siriana, costringendole ad un intervento che, giocoforza, dovrà essere stavolta più incisivo e duraturo. Già il fatto che l'Iran abbia inviato il generale Seyyed Javad Ghaffari, veterano della guerra all'Isis, ex numero due di Soleimani, e noto per la sua propensione per mezzi radicali, è un chiaro indicatore: la presenza delle bande terroristiche, più o meno pilotate dalla Turchia, deve essere eradicata.
Ovviamente, c'è chi nel caos ci sguazza, e quindi sia Israele, sia gli USA, oltre ai servizi del nazi-stato di Kiev, sono tutti lì che cercano di soffiare sul fuoco, nella immarcescibile convinzione che dare fastidio al nemico sia sempre e comunque cosa giusta e buona.
Con questa logica, hanno infiammato l'Ucraina, con l'unico risultato di predisporre la Russia su una prospettiva di maggior consapevolezza dell'ineluttabilità dello scontro, e in fin dei conti di creare le premesse per la più clamorosa sconfitta politico-militare dell'intera storia della NATO.
Non resta che sedersi sulla riva dell'Eufrate ed attendere.