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Siria, una tregua di guerra e omissioni

di Alberto Negri - 13/09/2016

Siria, una tregua di guerra e omissioni

Fonte: ilsole24ore

Quella entrata in vigore in Siria è una tregua limitata e fragile, non un vero cessate il fuoco: si continuerà a sparare, eccome. Sarà già un successo se si riuscirà a portare ai civili aiuti umanitari nelle zone assediate come Aleppo. In primo luogo continueranno le operazioni militari contro il Califfato dei due schieramenti,a guida americana e russa. Le formazioni jihadiste che restano estranee alla tregua controllano l’80% dei territori attualmente in mano ai ribelli. Non è un caso che alcuni gruppi jihadisti come Ahrar al Sham abbiano già annunciato che non la rispetteranno. 
La Turchia, inoltre, non si è impegnata a cessare le operazioni contro i curdi siriani. L’intervento turco ha cambiato le dinamiche della guerra. Ankara sta creando un rettangolo di 90 chilometri per 50 sotto il suo controllo, senza concrete reazioni da parte di Damasco, mentre l’Isis si ritira quasi senza combattere. Sotto la pressione curda, con il sostegno dell’aviazione Usa, il Califfato ha perso 30mila kmq di territorio. Ora l’offensiva curda è ferma e non sarà facile convincere i guerriglieri a sacrificarsi senza garanzie nei confronti di Ankara. 
Ma questo è un altro dei problemi degli americani e degli europei: incapaci persino di ammonire Erdogan che in cambio del fatto che si tiene tre milioni di rifugiati siriani martella a suo piacimento i curdi, cambia i loro sindaci nelle città turche e mette in carcere scrittori come Ahmet Altan, giornalisti e oppositori anche se non hanno niente a che fare con gulenisti e golpisti. I cosiddetti “valori occidentali” da queste parti vengono stritolati nelle logiche di raìs e zar, da Erdogan ad Assad a Putin, con la nostra complicità. 
In questo teatro di guerre a frammentazione e di omissioni, gran parte del Nord della Siria resterà un campo di battaglia. Cosa vale allora questo accordo tra Usa e Russia raggiunto la scorsa settimana Ginevra? 
L’obiettivo degli americani era far terminare le ostilità tra le truppe di Damasco e i ribelli “moderati”, il cui peso militare è limitato e che in molti casi per restare presenti sul terreno hanno dovuto accordarsi con i jihadisti, meglio armati e organizzati. La favoletta dei ribelli moderati ormai non se la beve più nessuno ma serve a Obama per giustificare qualche tangibile risultato dopo anni di politica estera fallimentare nei confronti dei jihadisti e dare una mano a Hillary Clinton in una campagna elettorale dagli esiti imprevedibili. 
I russi hanno accettato le proposte Usa perché anche Assad è sotto pressione e i numeri esigui del suo esercito, sostenuto da milizie sciite e Hezbollah libanesi, non sono sufficienti ad affrontare tutti i fronti di guerra. Per i russi e il regime di Damasco diventa fondamentale rafforzare il controllo sull’asse di collegamento Nord-Sud, tra Aleppo e la capitale. Quanto alla ripresa dei negoziati è subordinata alla tenuta del cessate il fuoco ma è ancora presto per parlare di una transizione a Damasco: una potenza come l’Iran non scaricherà uno dei suoi alleati principali senza garanzie strategiche adeguate. 
La chiave di questa tregua resta Aleppo, il fronte più intricato e decisivo. A difendere i quartieri orientali assediati da Assad ci sono i ribelli Ahrar al-Sham, unità del Free Syrian Army, appoggiate dagli Usa, e Jabat al Fatah al Sham, la nuova formazione uscita dai ranghi di Al-Nusra, cioè di Al Qaeda, che ha l’appoggio delle monarchie del Golfo e della Turchia. Per evitare nuovi raid russi i moderati dovrebbero separarsi dai jihadisti, un’operazione assai complicata perché potrebbero essere spazzati via. Per questo, quando hanno annunciato l’accordo con i russi, gli americani hanno enfatizzato l’impegno di Mosca a non bombardare i qaidisti del fronte al Nusra, la formazione che ad Aleppo permette la sopravvivenza dei cosiddetti “moderati”. 
I rischi di questa operazione sono evidenti ma gli Stati Uniti hanno dovuto accettarli perché la Russia, l’Iran e il regime di Damasco si sono rifiutati di riciclare Al Nusra tra l’opposizione “rispettabile” come avrebbero voluto Ankara e Riad. Sauditi e alleati del Golfo hanno investito miliardi di dollari per abbattere Assad e adesso vedono i loro miliziani minacciati da un accordo russo-americano che potrebbe condurre a operazioni militari congiunte contro i jihadisti oltre che nei confronti dell’Isis. La tregua, anche se reggerà qualche giorno o settimana, appare in realtà un sedativo sul corpo moribondo della nazione siriana, divisa e implosa dalla guerra civile e da quelle per procura tra le potenze regionali.