Soldi subito per tutti!
di Miguel Martinez - 11/06/2017
Fonte: kelebek
Da un po’ di tempo, circola la proposta di istituire un “reddito di cittadinanza” o “universal basic income” (UBI). esteso a tutti i cittadini senza distinzione.
O al massimo, esteso ai cittadini secondo criteri razziali, come lo statunitense Movement for Black Lives che propone la necessità di un UBI, riservato però a chi abbia la pelle nera: poiché i trisnonni dei neri della Georgia erano tenuti in schiavitù da un pugno di proprietari terrieri di origine inglese, i discendenti americani dei braccianti lucani o polacchi hanno il dovere di mantenere a vita i nuovi immigrati dal Senegal.
Poi si scopre, come è ovvio, che in ciascuno dei tredici stati originali, c’erano anche famiglie nere libere che possedevano schiavi, a volte anche bianchi. Dimostrando così, meglio di tutti i politicorretti, come i neri possano fare tutto ciò che possono fare i bianchi.
Wikipedia riassume così il concetto del Reddito di Cittadinanza:
“Il reddito di base o reddito di cittadinanza o reddito di sussistenza o reddito minimo universale è una erogazione monetaria, a intervallo di tempo regolare, distribuita a tutti coloro dotati di cittadinanza e di residenza in grado di consentire una vita minima dignitosa, cumulabile con altri redditi (da lavoro, da impresa, da rendita), indipendentemente dall’attività lavorativa effettuata, dalla nazionalità, dal sesso, dal credo religioso e dalla posizione sociale ed erogato durante tutta la vita del soggetto.”
Non sono servizi quindi, ma soldi, che ognuno può spendere su qualunque cosa gli luccichi davanti agli occhi.
Piovono su tutti indistintamente, quindi è un concetto completamente diverso da quello dell’”assistenza ai poveri”, sotto qualunque forma.
Dove nasce questa idea?
Destra e Sinistra sono termini che significano mille cose contraddittorie, ma possiamo dire che la Destra economica abbia le idee abbastanza chiare.
Intanto, c’è la premessa religiosa che tutti gli esseri umani utilizzino razionalmente i loro soldini, per cui qualunque cosa ne facciano ci porterà nel migliore dei mondi possibili.
Poi immaginatevi le opportunità di smercio che può offrire uno Stato che non fornisce più servizi sanitari o case popolari perché ognuno li potrà comprare dai privati.
Infine, la cosa più importante: gli imprenditori potranno contare sulla massima flessibilità nelle assunzioni e nei licenziamenti. E’ finita l’idea che gli imprenditori, che costruiscono il mondo, debbano pure avere qualche responsabilità per ciò che ne fanno.
Basta pensare al lavoro retribuito come arrotondamento: i richiedenti asilo, che hanno già tetto e cibo garantito, possono permettersi di lavorare in nero per cifre al di sotto della sussistenza. Come succedeva agli esordi del capitalismo, quando i contadini potevano permettersi di mandare il terzogenito a lavorare in fabbrica, o alla vecchia zia di cucire vestiti in conto lavorazione, tanto per aggiungere qualche spicciolo in casa.
Dietro tutto questo, c’è una piccola domanda tecnica: come si paga una simile pacchia?
Da incompente generico, mi sembra che il progetto – almeno da noi – sia di triplicare le tasse a tutti gli italiani che lavorano, per permettere a quelli che non lavorano di continuare a comprare roba fatta in Cina.
Ma passo a cose che capisco meglio.
Dietro il Reddito di Cittadinanza, ci sono due affermazioni:
1) “La tecnologia sta rendendo obsoleta la maggior parte dei mestieri”.
2) “Quindi, se la gente non ha più un mestiere, come si fa a far Girare l’Economia?”
Partiamo dalla seconda affermazione, chiedendoci esattamente perché bisogna far Girare l’Economia.
Come sapete, quando voglio capire il mondo, metto da parte i libri e mi guardo attorno, in un terreno molto preciso, delimitato dai fischi dei rondoni, tra dove i cormorani si asciugano le ali sulla Pescaia, fino alla fontana di Boboli, dove l’airone se ne sta in piedi tra le statue barocche.
Tempo fa, vi raccontai della mia conversione sulla via di Sant’Agostino. Quando abbiamo organizzato un “mercatino del vestitino che non gli sta più e adesso a chi lo regalo“, e ci siamo trovati a portar via più roba di quanta ne avessimo portata, perché di Roba, al mondo, ce n’è ormai troppa:
“Immagina adesso di trovarti a spingere un carrello della spesa stracarico sui sassi sconnessi dell’Oltrarno, pieno di più vestiti di quelli con cui sei arrivato; e la ruota davanti finisce in una buca e non riesci a tirarla fuori e le macchine dietro si fermano con gli autisti che inveiscono e il fruttivendolo si mette pure a fare lo spiritoso e i bambini con gli altri carrelli si mettono a giocare e i turisti osservano tutta la scena.
Ecco, in quel preciso momento, capisci con il corpo, e non solo con le chiacchiere, che tutti quelli che parlano di crescita, di sviluppo, di potenziale, di spirito d’impresa, di espansione del mercato sono quelli che ti hanno messo la ruota nella buca.”
E adesso torniamo alla prima affermazione, “la tecnologia sta rendendo obsoleta la maggior parte dei mestieri”.
Formulata così, non riesco a pensare a un’idiozia maggiore.
E’ vero, certamente, che a causa della tecnologia, tanta gente sta perdendo lo stipendio che riceveva a fine mese.
Ma c’è un altro aspetto.
Prendiamo il solito giardino, dove attualmente nessuno viene pagato per fare qualcosa.
Partiamo dal cancello d’ingresso, che fa davvero schifo. Andrebbe ridipinto tutto. Ci vorrebbero un fabbro, un pittore, un architetto con idee originali ma in armonia con la storia fiorentina.
Per tenere aperto il giardino, ci vorrebbero quattro persone al giorno, in due turni: una all’ingresso, a ricevere la gente e a spiegare le regole, e una a girare continuamente a vedere che vengano rispettate, unendo fermezza e diplomazia: due turni, sette giorni la settimana, diciamo ventotto persone.
Poi ci vorrebbe qualcuno in grado di seguire i drammi familiari, tra divorzi e sfratti, diciamo tre o quattro psicologi, nonché un avvocato con tutto il suo studio. E poi ci vorrebbero cinque persone che dessero una mano a tutte le mamme che non ce la fanno a star dietro ai figlioli tutto il giorno, perché hanno da lavorare…
Falegnami, affrescatori, stuccatori…
Gente in grado di insegnare il calcio, il pallavolo, l’inglese, l’arabo, i giochi di prestigio…
Storici in grado di passare mesi agli archivi, ricostruendo le vicissitudini del luogo…
cantanti e musicisti, in grado di mettere tutto ciò in musica…
Da pulire il giardino tutti i giorni da un capo all’altro, da spiegare a ogni frequentatore come vanno differenziati i rifiuti, da vedere come coinvolgere ciascuno a fare qualcosa anche loro. E da fare un piano per ridurre davvero la produzione stessa dei rifiuti…
Esperti di cultura punjabi, in grado di comunicare con le mamme sikh e musulmane…
qualcuno in grado di spiegare a genitori e bambini il motivo per cui è da fessi lavorare gratis per Zuckerberg, digitando ossessivamente sul telefonino; e quindi un misto di buon senso da quinta elementare e di informazioni tecniche da laurea in elettronica…
gente in grado di cogliere il nesso tra allattamento da un capo, e dall’altro, l’idea che il bambino deve sentirsi responsabile e non solo beato utente senza freni che può spaccare tutto…
Cuochi e pasticcieri per le cene e le feste, con dietro dietisti ed esperti di alimentazione (e da riflettere sul rapporto tra cibo e rifiuti), qualcuno in grado di organizzare una campagna per farci regalare violini, muratori, esperti di alberi e di pianti…
un gruppo di psicologi e medici e diplomatici che ci aiuti a capire come frenare i babbi e le mamme che fumano davanti ai figlioli…
diciamo che per un centinaio di persone, potremmo trovare lavoro al nostro piccolo giardino.
Qui smascheriamo la menzogna fondante: di lavoro utile per tutti, fisicamente e mentalmente stancante ma profondamente soddisfacente, ce ne sarebbe un’infinità.
Pochissimo di questo lavoro potrebbe essere sostituito, anche dal più brillante dei robottini.
Il problema non è affatto che “manca il lavoro”, anzi mancano i lavoratori.
Altro che mantenerli a sbafo. A lavorare!