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Sonnanbuli senili

di Andrea Zhok - 17/03/2025

Sonnanbuli senili

Fonte: Andrea Zhok

Della manifestazione del 15 marzo in Piazza del Popolo a Roma molte cose possono essere notate, molti particolari inquietanti, ma uno sguardo complessivo, di cornice ci consegna credo un’immagine chiara del suo significato.
Si tratta di una piazza prevalentemente composta di anziani e qualche persona di mezza età - e questo di per sé non sarebbe niente di male – se l’età avanzata corrispondesse ad un avvenuto processo di maturazione. Purtroppo quello che invece colpisce è proprio la totale inconsapevolezza nei partecipanti della propria collocazione storica e del concetto guida che li doveva accomunare in quella piazza: l’Europa.
Da un lato c’erano quelli che proponevano una visione romantica dell’Europa culturale. Certo, si poteva trovare un alfiere meno imbarazzante di Vecchioni, autore di un discorso che al tempo stesso trasudava razzismo culturale e manifestava una raccapricciante superficialità, affastellando nomi celebri come figurine dei Pokemon, senza neppure rendersi conto che praticamente tutti i nomi fatti (Hegel, Marx, Leopardi, Manzoni, ecc.) erano letteralmente agli antipodi di tutto quanto quella piazza esprimeva.
Ma già il fatto di pensare che la tradizione culturale europea e le politiche dell’Unione Europea avessero qualcosa a che spartire è indice di una sprovvedutezza rimarchevole, visto che da trent'anni l’intera spinta dinamica delle “riforme culturali europee” sono state all’insegna di un'americanizzazione spinta dei modelli di formazione.
Dall’altro lato c’erano gli “altroeuropeisti” che vogliono sostenere l’Unione Europea, solo una “Europa diversa”. Questi li conosco bene, perché fino agli inizi degli anni 2000 ne facevo ingenuamente parte. Questi soggetti li si sgama facilmente perché utilizzano in maniera sostanzialmente indifferente “Unione Europea”, “Europa” e, spesso, “Comunità Europea”. Si tratta di persone che, in buona fede, hanno immaginato in gioventù un’Europa welfarista, sociale, convinti in qualche modo che l’episodio storico dei “30 gloriosi” fosse in qualche modo intrinsecamente associato al progetto europeo. A questi è sfuggito integralmente come ad inizio anni ’90, nell’atmosfera culturale della caduta del muro di Berlino e del trionfo liberale cantato da Fukuyama, si redigessero nuovi trattati europei, vigorosamente animati dallo spirito neoliberale, e strutturati in maniera da NON ESSERE EMENDABILI.
Infatti l’articolo 48 del Trattato sull’Unione Europea stabilisce che qualunque modifica dei trattati fondativi (ad esempio, l’introduzione del voto a maggioranza semplice su alcune materie, o l’introduzione della capacità del Parlamento di proporre le leggi, oggi riservato alla Commissione, ecc.) devono avvenire con voto UNANIME.
Dunque, ad esempio, se qualche “altroeuropeista” animato da spirito autenticamente sociale, volesse cambiare la direzione neoliberale della politica europea, dovrebbe ad esempio ottenere una modifica del cruciale articolo 2 del Trattato di Costituzione della Banca Centrale Europea. Questo articolo stabilisce per la BCE la priorità della funzione di stabilizzazione della moneta a scapito di ogni altra funzione economica (ad esempio, di politica industriale o di ricerca della piena occupazione). Ma per cambiare questo articolo – che incarna il più classico monetarismo antikeynesiano – ci sarebbe bisogno di un voto unanime di tutti i 27 paesi dell’Unione.
Il che, come è facile comprendere, non avverrà mai, passassero mille anni, perché richiederebbe la miracolosa coordinazione per cui simultaneamente in tutti i 27 stati prevalessero alle elezioni partiti con una robusta agenda welfarista (oggi quasi estinti, o ampiamente minoritari).
Ergo, stiamo parlando di niente, fuffa, fantapolitica, e dunque in realtà, di preservazione dello status quo e della medesima rotta degli ultimi decenni.
Ora, c’è chi dice che quella piazza era semplicemente la piazza dei benestanti ZTL che difendevano i propri privilegi. È possibile. Certamente alcune delle uscite demenziali ascoltate si mostravano così inconsapevoli del gorgo in cui l’Italia si è ritrovata dal 2000 ad oggi (es. incremento della povertà assoluta da 1 milione a 6 milioni di cittadini), da richiedere come unica possibile spiegazione la falsa coscienza che crea il cuscinetto uno status privilegiato.
E tuttavia io non sono convinto che questa sia l’unica spiegazione. Io credo che vi fossero anche persone in buona fede. La tristezza di quella piazza, nella sua componente in buona fede, era che illustrava in maniera angosciante l’analfabetismo politico di gran parte del ceto dirigente e delle sue principali espressioni mediatiche. Lettori di Repubblica-Corriere e affini tenuti in coma farmacologico per decenni, il cui sistema nervoso centrale è stato sostituito da un generatore automatico di titoli di giornale.
Negli anni ’90, gli stessi anni in cui prendeva forma l’attuale UE, c’era un programma satirico su RAI 3, che sia chiamava “Avanzi”. Tra le figure caratteristiche dello show c’era il “compagno Antonio”, ex membro del PCI, che veniva risvegliato dopo 20 anni di coma. Alla presentatrice Serena Dandini spettava l’ingrato compito di metterlo al corrente delle devastanti novità di quegli anni.
Ecco, l’impressione è che il compagno Antonio - insieme a molti altri - si sia fatto ricongelare all’inizio degli anni ‘90, nella speranza che i tempi futuri riservassero prospettive migliori. Ma mal gliene incolse. E così, qualche settimana fa, su iniziativa del compagno gauche caviar Michele Serra, sono stati tirati fuori dal congelatore, messi su un autobus e condotti in piazza a sostegno del “sogno europeo”.  
Una pattuglia di sonnambuli senili che, dandosi vicendevolmente ragione, guida con sicurezza verso l’abisso.