Sotto attacco è la struttura logica del discorso
di Francesco Lamendola - 02/04/2021
Fonte: Accademia nuova Italia
Stiamo assistendo a un attacco senza precedenti, di virulenza inaudita, contro la struttura logica del discorso. Mai si era vista una cosa simile: mai, neppure nelle epoche più oscure e barbariche della storia. Anche in mezzo alle invasioni, alle distruzioni, al crollo degli imperi, alla deportazione dei popoli vinti, mai si era verificato un attacco concentrico, organizzato, capillare, inesorabile contro ogni struttura di senso del parlare e del ragionare. Perfino mentre i vandali incendiavano le città e gli unni spianavano sotto gli zoccoli dei loro cavalli ogni traccia del vivere civile, gli scrittori seguitavano a scrivere, i filosofi a pensare, i sacerdoti a celebrare, i monaci a pregare, gli sposi a mettere al mondo dei figli. La ragione naturale era ridotta al silenzio, non oscurata; zittita, non distrutta. Dal fondo del buio carcere ove il re degli ostrogoti lo aveva fatto gettare in attesa dell’esecuzione capitale, Boezio scriveva il suo meraviglioso De consolathione philosophiae, che ancora oggi consola ed illumina con la forza del pensiero; e Rutilio Namaziano, tornando alle sue proprietà attraverso l’Italia devastata dai visigoti di Alarico, poteva ancora sciogliere il suo splendido e commovente inno alla gloria di Roma: Urbem fecisti, quod prius orbis erat. E secoli prima il greco Archimede, un attimo prima di essere ucciso dalla spada dei romani conquistatori di Siracusa, pare avesse esclamato, tutto immerso nei suoi studi di fisica e matematica: Noli, obsecro, istum disturbare, riferendosi al disegno geometrico che aveva appena tracciato. E san Benedetto da Norcia, mentre un mondo che si era creduto immortale franava nella polvere, ne ricostruiva un altro, fondato su altri presupposti, su un’altra visione della realtà e dei rapporti umani, su una diversa relazione con Dio, dettando ai suoi monaci l’aurea regola: ora et labora. Ed essi salvarono l’eredità della cultura antica, ricopiando pazientemente migliaia di manoscritti, e intanto prosciugavano paludi, bonificavano terreni incolti, disboscavano fitte foreste, mettevano a coltura le zolle affinché il suolo potesse nutrire coi suoi frutti una nuova generazione di uomini, lo sguardo rivolto in alto e in avanti, nonostante tutto.
Oggi però questo non sembra più possibile, perché l’attacco non viene portato contro le cose o le persone, ma contro il pensiero razionale e contro i suoi stessi fondamenti, cioè contro la logica. Le case restano in piedi, e le città anche, per quanto sempre più solitarie e impoverite; ma qualcosa nella facoltà razionale della gente si è incrinato e forse si è spezzato per sempre. Oggi è impossibile fare un discorso razionale su qualunque tema fondamentale della vita sociale, perché al posto della razionalità si è imposto il sentimento della paura, e quando la gente è spaventata non ci sono più argomenti razionali che tengano.
È inutile far notare che, secondo la comune definizione dei manuali scientifici, quella in corso non è una pandemia, ma una semplice epidemia d’influenza, come ce ne sono ogni anno (e quest’anno, infatti, nessuno parla più d’influenza: pare che esista solo il Covid-19).
Inutile far notare che la mascherina sul viso, specialmente nei luoghi aperti, non ha alcun significato, semmai a lungo andare provoca gravi danni alla salute.
Inutile far osservare che il numero totale dei decessi, nello scorso anno, è in linea con la mortalità degli anni immediatamente precedenti, a conferma del fatto che questa è una pandemia inesistente. Inutile evidenziare l’assurdità di proibire la frequenza alla santa Messa, ma non l‘accesso ai centri commerciali e ai supermercati; e l’immotivato e gravissimo danno economico provocato ad albergatori, ristoratori e baristi con la chiusura dei rispettivi locali o con le restrizioni illogiche, come la chiusura alle sei di sera, ma non a mezzogiorno.
Inutile sottolineare la pazzia dei banchi scolastici a rotelle e l’inutile precauzione della didattica a distanza, quando è noto che nessun bambino è morto di Covid-19, anzi quasi nessuno ne è stato seriamente contagiato.
Inutile dire che i tamponi servono solo a compilare false statistiche, dato che risultano inattendibili nell’ottanta o anche al novanta per cento dei casi, e quindi segnalano una quantità impressionante di falsi positivi.
Inutile dire che non ha senso consigliare la mascherina anche in casa, anche di notte, quando non si è a contatto con persone estranee.
Inutile chiedere come mai vengano registrati come morti per il Covid-19 una quantità di decessi ascrivibili a ben altre patologie, alle quali, da ultimo, si è aggiunto anche il Covid, così come negli anni scorsi l’influenza o la polmonite ”normali” segnavano la fine per un anziano dal quadro clinico seriamente compromesso, e nessuno però si sognava di scrivere sul certificato di morte che era deceduto per l’influenza, quando i medici sapevano bene che era deceduto di tumore, d’infarto o di diabete.
Inutile far notare che un vaccino non può essere fabbricato e messo sul mercato nel giro di qualche mese, quando si sa che occorrono da cinque a dieci anni per verificarne le reazioni avverse. E ancor più inutile osservare che qualunque virus muta nel corso di qualche settimana o qualche mese, e perciò non esiste vaccino che possa immunizzare da un virus che non è più quello dello scorso anno (e che comunque non è mai stato isolato).
Inutile parlare del fatto che i vaccini sono prodotti con linee cellulari di feti aborti e che Bergoglio e tutti i vescovi che incitano la gente a vaccinarsi, oltre a esorbitare dai limiti della loro funzione spirituale, stanno incitando a rendersi complici del peccato più grave che ci sia al mondo, la soppressione volontaria di nascituri, concepiti per denaro, al solo scopo di fornire materiale organico da utilizzare per conto delle multinazionali farmaceutiche.
Inutile far notare quante persone muoiono o subiscono gravi danni dopo l’assunzione del vaccino; e quante sono morte perché, affette da altre patologie, hanno visto ritardate le cure a causa della precedenza assoluta data ai pazienti affetti dal Covid, con interi ospedali destinati unicamente ad essi, e coi reparti e le sale di terapie intensiva semivuoti, ma che i mass-media si ostinano a descrivere come strapieni e sull’orlo del collasso.
Inutile, infine, domandare chi abbia deciso che il bene della salute oltrepassa qualsiasi altro, a cominciare dal sacrificio delle libertà costituzionali più elementari; e con quale diritti dei semplici decreti della presidenza del Consiglio si siano sovrapposti, cancellandole, alle leggi ordinarie; e perché il parlamento, in oltre un anno dall’inizio di questa situazione, non abbia mosso un dito né manifestato minimamente l’intenzione di sanare una simile contraddizione, legiferando in materia di emergenza sanitaria e stabilendo le proprietà cui un governo si deve attendere, nel rispetto della Costituzione e delle libertà fondamentali del cittadino.
Tutto perfettamente inutile, perché nessun argomento razionale fa presa sulla stragrande maggioranza della gente. Il minimo che possa capitare a chi pone simili questioni è di sentirsi chiedere, ironicamente e con malcelato disprezzo, se sia un medico, o un virologo, per permettersi di dire ciò che dice: come se per usare il cervello e fare due più due, e avere il diritto di esprimere la propria opinione, fosse necessario possedere una laurea in medicina, in biologia o in chimica organica.
E tuttavia a ben guardare non è solo sulla questione del Covid e della cosiddetta emergenza sanitaria e non è solo da un anno a questa parte che si assiste ad un crollo verticale del pensiero logico e all’imporsi di uno strapotere delle emozioni e dei sentimenti quali nuovi elementi decisivi per giudicare la realtà e prendere le decisioni. È da molto tempo, da anni, da decenni, che la struttura logica del discorso è stata mandata in pensione, e a farla da padrone è un discorso emotivo, soggettivo, irrazionale, logica conseguenza della distruzione deliberata e sistematica del concetto di verità in filosofia. Se non c’è più la verità, perché ciascuno è il soggetto della propria verità (Cartesio), non c’è più una cosa in sé da conoscere, ma solo una serie di fenomeni (Kant); e se non c’è la cosa in sé, non c’è più l’essere, ma solo l’apparire; non c’è più Dio, ma solo il mondo degli uomini; non ci sono più il bello e il bene, perché esse, verum, bonum et pulchrum convertuntur. Non c’è più vera scienza, perché scienza è l’indagine sulla natura diretta al fine razionale di conoscerla sempre meglio, non per violentarla e sovvertirla, violentando e sovvertendo la stessa umanità dell’uomo. Non c‘è più arte, né poesia, né musica, perché arte, poesia, musica, sono ricerca del bello mediante la composizione armoniosa, logica e razionale di linee, colori, immagini e accordi. Non c’è più religione, perché la religione si basa sulla relazione personale con Dio che scaturisce dalla ragione naturale e dalla Rivelazione, che non contraddice la ragione, ma la completa e la supera; e naturalmente non c’è più filosofia, perché il cuore della filosofia è il pensiero dell’essere, dunque la metafisica, mentre ora i cosiddetti filosofi altro non fanno che rovistare fra le ceneri spente del pensiero moderno che si è autocensurato ed auto-castrato, eliminando la metafisica e limitandosi al fenomeno. Rovistare e chiacchierare, rovistare e vaneggiare, rovistare e costruire castelli in aria, del tutto slegati dal mondo della realtà.
Così, se voi state passeggiando per la campagna, sull’argine di un fiume, per fare un po’ di moto e respirare un po’ di aria buona, posto che abbiate la fortuna di non essere intercettati da una pattuglia della polizia urbana, interrogati e multati, è molto facile che vi accada di vedervi apostrofati da un signore qualsiasi che, come voi, se ne va solitario per i campi, ma indossando la mascherina tirata su fino alla radice del naso e quasi fino agli occhi, affinché facciate altrettanto o, se avete commesso l’imperdonabile sbadataggine di lasciarla scivolare sul mento, di affrettarvi a ritrovare il vostro senso di responsabilità. A quel punto, probabilmente la vostra tentazione immediata sarà quella di chiedere a quel signore perché mai, se lui è convinto che la mascherina protegga dal virus micidiale, il fatto che voi non la portate, dovrebbe costituire un pericolo per lui, o per qualsiasi altro: secondo logica, tutt’al più il rischio dovrebbe essere vostro, e solamente vostro. Ma è bene che superiate quella tentazione e rinunciate a ragionare: non c’è alcun ragionamento da fare con quel tipo di persone, perché sono venute meno le fondamenta dalla logica e del buon senso e qualsiasi discorso non potrebbe che svolgersi su un piano meramente emozionale, dove chi prova l’emozione più forte cioè la paura, avrà sempre ragione su chi prova l’emozione meno forte, cioè il dominio di una paura immotivata e irragionevole.
Per la stessa ragione, se siete un insegnante e la vostra scuola ha deciso di attuare la didattica a distanza, ma non per gli alunni portatori di B.E.S. (Bisogni Educativi Speciali), i quali, poverini, devono pur socializzare, e quindi loro la lezione la fanno in presenza, però mica da soli, perché non sarebbe inclusivo, e quindi tre suoi compagni a turno devono far lezione con lui perché non si senta solo e”diverso” (e magari subire i suoi continui maltrattamenti, ad esempio nel caso che sia un ragazzino caratteriale), ebbene, rinunciate senz’altro alla tentazione di aprire una discussione col vostro dirigente scolastico. Non è importante come lui la pensi su tutte queste cose: l’inclusione, la didattica a distanza, i bisogni speciali; conta solo il fatto che non avrà alcuna voglia di prendersi una grana, e come (quasi) tutti i suoi colleghi non pensa affatto a ciò che è meglio per gli studenti, sia quelli con bisogni speciali (una volta si diceva: handicappati, o semplicemente alunni con problemi seri: oggi è proibitissimo), ma alla “soluzione” che potrà accontentare tutti, a dispetto della logica e del buon senso. E se non potrà accontentare tutti, come in questo caso (perché non è detto, anzi è improbabile che la cosa piaccia ai genitori dei tre alunni scelti a turno per far compagnia a quello con B.E.S.), pazienza: lui sceglierà sempre la soluzione che lo metta con le spalle coperte, nel clima giuridico e culturale oggi imperante: il politically correct, ove l’inclusione è il primo comandamento e la lotta alle discriminazioni il secondo (o viceversa).
La situazione odierna è questa. Nessuno si prende la responsabilità di prendere le decisioni logiche e di buon senso, quelle che tornerebbero a vantaggio (un vantaggio reale e concreto, non un fumoso principio ideologico) del maggior numero possibile di persone. Al contrario, a costo di negare la logica e il buon senso e di fare torto a novantanove persone per agevolare, ingannevolmente e illusoriamente, la centesima, tutti si regolano secondo il codice, scritto e non scritto, del Pensiero Unico. Nel quale l’inclusione è un dogma a prescindere, e la tutela della salute un valore assoluto (anche se non si sa chi, quando e come lo abbia stabilito), di fronte al quale tutti gli altri diritti si devono inchinare, inginocchiare, stendere a terra e possibilmente scomparire. È il trionfo dei moralisti da strapazzo e dei tecnici che prendono decisioni irresponsabili, senza contraddittorio, né dover mai rendere conto del loro operato: come la case farmaceutiche che per legge non rispondono dei danni provocati dai vaccini. Insomma, è il trionfo dei burocrati, degli stupidi e dei troppo furbi...