Speravo fossero olimpiadi e invece era un gay pride
di Katia Migliore - 27/07/2024
Fonte: Come Don Chisciotte
Dalle Olimpiadi di Monaco, nel 1972, non ho mai perso una cerimonia di inaugurazione. Io, fanatica dello Sport, che amo moltissimo, entro in una specie di trance agonistico da poltrona, e dalla mattina alla sera mi guardo tutte le gare dove ci siano atleti italiani.
E questo rito, che la mia famiglia subisce con rassegnazione da anni, parte esattamente la sera nella quale si accende la pira nel tripode olimpico e si dichiarano aperti i Giochi.
Ieri sera non era diverso. Non dico alla Fantozzi, ma quasi, mi sono piazzata davanti allo schermo in attesa dell’emozione travolgente che mi provoca la sfilata delle squadre nazionali. Ma è finita, ve lo anticipo già, dopo quattro ore, con un senso di infinito disgusto.
Senza troppi discorsi, ricapitolando, questo il crescendo rossiniano del mio disappunto prima, e della mia incazzatura dopo:
Tempo bruttino, grigio. Mica è colpa di Macron, ho pensato, però se fosse stata Roma… Vabbè, non pensiamoci e godiamoci lo spettacolo. Belli i fuochi col tricolore francese sul ponte…
Partono i barchini… Però non si vedono bene le squadre… Oddio, effetto Giochi senza Frontiere ma più brutto… Ma non si poteva fare una scelta che enfatizzasse di più la presenza degli atleti? I portabandiera risultano del tutto inutili.
A un certo punto la telecamera si sposta sulla Germanotta Lady Gaga, che balla e canta, che è brava ma dire che mi emoziona magari anche no. Ma quando finisce?
Inizia a piovere. A dirotto. Che tristezza.
Ocio, arriva il Cancan, con un gruppo di ballerini che deve aver provato giusto due ore prima di iniziare perché sono imbarazzanti. Si, ma gli atleti? Le barchette?
Ecco, torniamo sulle squadre. Tutto va avanti noiosamente, poi all’improvviso compare uno vestito da Assassin’s Creed che porta saltando qua e là la torcia olimpica, e il senso di spaesamento dilaga…
La soglia di attenzione si abbassa tantissimo, mi alzo e vado a caricare la lavatrice, sperando nel miracolo quando torno, e invece vedo un’immagine della Monna Lisa che galleggia tristemente nelle acque grigie della Senna. Bella riconoscenza, caro Louvre e cari francesi, ché la metà dei visitatori vanno per vedere l’opera di Leonardo.
Passa il nostro barchino, e la squadra italiana è bella ed esagitata, si fa notare, passa e Mattarella saluta, con addosso un sacco di plastica che, santo Iddio, ma pensare a delle pensiline coperte o a impermeabili un po’ seri no??! Vabbè, le squadre passano in una noia mortale, gli atleti ormai bagnati fradici, di smettere di piovere non ne vuole sapere, e ora credo di capire il perché, mentre ogni tanto parte qualche strano filmato, ma l’atmosfera olimpica è già andata a farsi benedire.
E infatti la citazione della povera Maria Antonietta decapitata ci sta dicendo che se potrebbe andare peggio, lo farà… Resto dell’opinione che la Rivoluzione francese sia stata l’inizio della fine della “civiltà occidentale”. E questa citazione completamente fuori luogo lo dimostra.
Una strana inquietudine si impossessa di me. Ho la sensazione che il peggio debba ancora venire. E infatti, ah l’amour, a un certo punto parte un video dove una tipetta smorfiosa guarda maliziosa un tipetto niente affatto affascinante, il quale a sua volta pare essere molto interessato a un ragazzetto con l’aria da satiro, e poi finisce tutto con “un triangolo no non l’avevo considerato”, e io faccio fatica a capire che caspita c’entra tutto questo con le Olimpiadi. Una roba orrenda, brutta a vedersi a ancora di più da accettare.
Poi, sotto la pioggia scrosciante, parte la più ridicola sfilata di moda che si potesse pensare. Tutto un insieme di trans, gay, gente strana, in mezzo a balletti che ci starebbero benissimo in una discoteca (oddio, ma forse neanche lì), con la presenza di bambini (ma, i genitori?!!), e qui ormai siamo oltre il tema della serata, e ci tuffiamo a piene mani in una orgia di propaganda LGBTQ, che non ci meraviglia neanche più di tanto perché ci sembra molto in linea con le politiche macroniane, ma di subirla ovunque ne avremmo anche piene le palle (non so come dirlo altrimenti).
I barchini continuano ormai dimenticati.
Non paghi dei balletti di uomini barbuti che scimmiottano le donne, i creativi che hanno pensato questa cosa blasfema per i cristiani e offensiva per noi italiani: una cicciona vestita di blu con aureola, circondata da drag queens e una bimba, reinterpreta il Gesù Cristo del Cenacolo di Leonardo da Vinci, e lì no, non ce la faccio. L’indignazione mi sale: non lo accetto in quanto cristiana (fatelo con Maometto, se avete il coraggio, bestie), in quanto italiana (l’opera d’arte derisa è italiana, e voi cagnacci non dovete permettervi), e in quanto donna di Sport, perché questa blasfema pagliacciata è gratuita e completamente fuori dal contesto.
Spengo la TV. Vado a fare una passeggiata col cane.
Rientro e accendo, almeno per vedere accendere la pira olimpica.
Un cavallo pallido apocalittico corre lungo le acque, oh mio Dio, ma ancora simboli satanici? Ma che vuol dire questo vestito da robot sul cavallo? Boh.
Piove ancora a dirotto, sarà un messaggio dell’Altissimo?
Sul barchino mi fa piacere vedere Nadal, la Williams (barcollante) e, soprattutto, Nadia Comaneci, che per me fu un simbolo da imitare quando da ragazzina praticavo la ginnastica artistica.
La pira è in realtà un pallone aerostatico, non mi piace ma a questo punto, meglio di qualche altra trovata “inclusiva”…
La torre Eiffel tutta un laser, uao. Effetto disco, ma a chi dovrebbe piacere? Niente, nessuna emozione.
Finiamo questo strazio con una ritornata Celine Dion, e la citazione ci sta e ci commuove, perché ricorda l’amore disperato di Edith Piaf per il suo eroe del pugilato, perso a causa di un incidente aereo.
Vado sul web per capire se sono solo io quella schifata, e invece no, i social si scatenano a livello mondiale. L’indignazione sale a tutti i livelli, gli stessi francesi parlano di una vergogna internazionale. Gli insulti si sprecano, specie a danno dell’ideatore di questa inenarrabile buffonata, di cui mi rifiuto di pronunciare anche solo il nome.
La serata finisce così, con la cerimonia d’apertura più brutta della Storia contemporanea, praticamente un incubo globale, nella terra del parigino Pierre De Coubertin.