Spillover
di Pierluigi Fagan - 01/05/2020
Fonte: Pierluigi Fagan
Questo è un testo di servizio ovvero riepilogare i tratti salienti del libro di D. Quammen uscito sei anni fa ed oggi assurto a gli onori della cronaca per via dell’argomento trattato. Il libro di Q. è l’opera divulgativa più completa esista su i virus. Ne riproduco le tesi non per consigliare la lettura del libro che per i miei gusti è stata noiosa parecchio. Ahimè ormai da parecchi anni leggo solo saggi e questo non è un saggio ma un reportage di un giornalista scientifico il cui contenuto duro sta in cinquanta pagine affogate in altre quattrocento di descrizioni di posti esotici ed indomabile spirito scientifico di questo o quel ricercatore. Ma a chi invece non dispiace questa parte preponderante, il libro piacerà e parecchio perché è interessante e scritto bene. Detto ciò passiamo al succo.
A premessa, “spillover” sta per salto da una specie animale (in genere selvatica) a quella umana di un batterio o virus, direttamente o tramite una specie intermedia. “Zoonosi” sta per malattia provocata da virus proveniente da animale, circa il 60% delle malattie infettive sono zoonosi. “Virus”sta per tratto abbastanza corto di codice genetico semplice RNA (ma ve ne sono anche a DNA), circondato da proteine ed a volte da una pellicola che tiene coeso il tutto. Un Nobel del campo l’ha definito “cattive notizie avvolte in una proteina”. Se siano “viventi” c’è dibattito perché certo ha codice genetico, si riproduce e quindi è oggetto di selezione naturale, ma non ha metabolismo. Com’è noto, si riproducono scassinando cellule dell’ospitante, penetrano, usano il DNA per replicarsi, poi escono a vanno in cerca di un’altra cellula. Finito con un ospite ne cercano un altro, entrano ed escono da questi attraverso sangue, feci, sperma, saliva, i più “evoluti” tramite goccioline emesse dal contagiato col fiato, starnutendo, tossendo. Poiché si replicano facendo occasionali errori di scrittura del codice, mutano nel tempo, sono le cose più mutevoli della biologia. Poiché sono semplici mutano e poiché mutano spesso sono molto adattivi, dovrebbero avere miliardi di anni. Possono non dare effetti, dar qualche fastidio o essere una piaga biblica. Ad una conferenza del 1997 (ricordo che il libro esce in lingua originale nel 2012, è ignaro degli eventi contemporanei), il massimo esperto in materia affermò che i virus più “pericolosi” per loro varie caratteristiche erano i coronavirus. Dopo decenni di circolazione virale, negli ultimi trenta-venti anni, i virologi di tutto il mondo hanno condiviso la comune preoccupazione per quello che chiamavano Next Big One, ovvero l’avvento dell’inevitabile Grande Pandemia il cui effetto poteva esser solo in parte la mortalità, più ampio è l’effetto sanitario (collasso del sistema sanitario), poi quello sociale ed economico, politico e geopolitico.
Il succo arriva a pagina 445: 1) Gli esseri umani hanno avuto una crescita esponenziale da 2,5 a 7,7 mld in soli settanta anni (9/10 tra trenta anni). La natura avrebbe dovuto fare lockdown per evitare la circolazione della specie infestante ma purtroppo ha seguito la strategia dell’immunità di gregge con risultati, al momento, problematici (per la natura ed in subordine per noi stessi); 2) il disordine ecologico provocato dagli uomini (disboscamento, terra bruciata, inquinamento atmosferico, allevamenti intensivi, manipolazione animali ed aumento del loro consumo alimentare, commercio di specie esotiche prelevate direttamente nel mondo selvatico) ha portato sempre più spesso a contatto uomini ed animali selvatici sia perché noi invadiamo i loro spazi, sia perché a quel punto loro si adattano a penetrare i nostri; 3) il passaggio dei virus da animali selvatici ad uomini, diretto o intermediato da specie semi-domestica, ha poi esito diverso se gli uomini contagiati vivono in villaggi al limite dello spazio selvatico o se poi arriva a megalopoli di milioni di abitanti. Il bacino di primo contagio cambia il gioco e la semplice fortuna di intercettarlo all’inizio della diffusione epidemica o meno, cambia il risultato finale passando da caso annotato in letteratura scientifica a epidemia; 4) nel caso arrivi in grandi città riproducendosi in svariate copie, dipende poi se lì c’è un aeroporto e quanto questo sia collegato al resto del mondo. Se il virus in trasferta arriva altrove ed è prontamente intercettato avremo epidemia, altrimenti pandemia. La faccenda è quindi un sistema con variabili demografiche, ecologiche, biogeografiche, di zoonosi, biologia molecolare ed ovviamente interazioni tra queste. Tante variabili? Cosa complessa!
Il virus più noto è quello dell’influenza, virus mutante in tre tipi principali che ogni anno fa il giro del mondo contagiando tre milioni di persone e uccidendone 250.000 l’anno (morti SCoV2 in due mesi: dichiarati 235.000, stimabili 400-500.000). Molto noto anche HIV la cui malattia AIDS ha fatto più di trenta milioni di morti in 38 anni. I coronavirus si sono affacciati alla nostra attenzione già due volte, SARS 2003 e MERS 2012, il primo con mortalità al 10%, il secondo al 34%, fortunatamente contenuti ai primi passi di diffusione, 774 morti il primo, 322 il secondo. Gran parte dei patogeni da raffreddore sono coronavirus. I virus sono in migliaia di tipi in natura e nel mondo umano rientrano nelle dinamiche della “teoria degli eventi” che studia i pettegolezzi, i meme, il panico, le infezioni. Le pandemie virali sono infezioni in cui al panico sanitario si somma quello dei “pettegolezzi” mainstream o su Internet, colpisse le pecore sarebbe solo sanitario. Con le pecore simbolico-parlanti la faccenda si complica ovvero la complessità aumenta.
Il libro poi illustra fattori quali il tasso di infezione, di guarigione, di mortalità, densità di soglia, super untori, competenza di serbatoio, carica virale, numero riproduttivo di base (R > o < 1 detto “erreconzero”) che confluiscono in una scienza detta epidemiologia teorica la cui nascita formale è negli anni ’50, negli studi sulla malaria. Uno dei casi peggiori non per gli effetti ma per la potenzialità, fu la prima SARS. Spuntato fuori il virus nel Guangdong cinese (più a sud di Wuhan) proveniente dai pipistrelli e per via delle strane abitudini alimentari della zona (i famosi wet market, gastronomia del selvatico detta “yewei”), arrivato a diffondersi in settanta ospedali pechinesi (gli ospedali sono il primo amplificatore di contagio sorprattutto per via della pratica di intubazione da evitare se non si hanno condizioni di massima sicurezza), poi imbarcatosi in volo da Hong Kong e sbarcato in Canada. Per fortuna fu preso all’inizio dell’evento, circolò poco e poi scomparve per mancanza di rete di replicazione. Venne cioè trattato con quello che noi chiamiamo oggi “modello Sud Corea” che però in realtà proviene proprio dalla Cina, non è un modello politico è un modello sanitario-epidemiologico che si può usare solo se si arriva all’inizio della diffusione, dopo c’è solo il lockdown. Poiché aveva mortalità del 10% si fece notare presto, paradossalmente il nostro che ha minor mortalità lo ha reso inizialmente meno evidente. Dava sintomi che potevano esser facilmente scambiati per influenza fino alla polmonite, il che lo rendeva infido poiché -come detto- per questo tipo di virus tutto sta a quanto presto lo si diagnostica. Era proprio un coronavirus il virus temuto come causa dell’aspettato Next Big One, per sue specifiche caratteristiche potenziali di diffusione e contagio, a prescindere dalla mortalità che nel caso del SC2 è infatti bassa, ma il cui tasso di infettività è alto.
Oggi noi sorridiamo degli antichi che quando ignoravano la cause materiali di qualche fenomeno inventavano Grandi Spiriti agenti sopra il teatro umano. Ma continuiamo a fare lo stesso. Oggi chi nulla sa di demografia, ecologia generale e virologica, biogeografia, zoonosi, statistica e biologia molecolare, inventa altri tipi di Grandi Spiriti agenti, cause misteriose, intrighi internazionali, cospirazioni. Non è detto del tutto queste cose non esistano, anzi esistono senz’altro, ma si dovrebbe discriminare caso per caso ove applicare queste cause ipotetiche, finezza del discorso da cui siamo molti lontani per ignoranza diffusa. Solo chi ha la conoscenza completa potrebbe passare all’analisi dell’ipotesi "cospirazione intenzionale" la quale non è negata in via di principio ma solo a coloro che partono da questa a priori senza nulla sapere del ciò su cui andrebbe applicata.
A chiusura, si potrebbero far tre considerazioni in forma di domande: 1) perché nel discorso pubblico chiunque voglia esprimere giudizi su qualsivoglia argomento sa di doversi procurare qualche conoscenza minima sullo stesso se non vuol far la figura del cretino, mentre nel caso in oggetto nessuno sa quasi niente di biologia ed ecologia e tuttavia parla di tutto ed il suo contrario? 2) perché nessun intellettuale fa notare che il problema non è se debbano decidere i biologi sulle cose sociali o i politici di biologia stante che nessuno dei due sa niente dell’altro argomento e non invece si nota la mancanza di una cultura ampia e diffusa che permetta a gli specialisti di esser utili a i generalisti e viceversa arrivando addirittura a “filosofi” che parlano di bio-politica e non sanno nulla di biologia? In filosofia, il trattato forse più importate di Politica è stato scritto forse non a caso dal primo proto-biologo dell’Antichità (Aristotele); 3) perché nessuno si domanda il perché del fatto che da più di venti anni i virologi temevano l’arrivo di una pandemia probabilmente di un qualche coronavirus e nessuno ha fatto nulla per approntare delle difese preventive?
Del senno di poi, come si dice in questi casi “son piene le fosse”. Quelle fosse che se potessero parlare chiederebbero di riaprire, non i negozi, la mente.