Studiare il latino è reazionario?
di Antonio Catalano - 22/01/2025
Fonte: Antonio Catalano
CI VOLEVA CANFORA PER DIRE QUALCOSA DI SENSATO, CONTRO L’ISTERIA DELLA NOSTRA SINISTRA PROGRESSISTA CHE, A PROPOSITO DELLA PROPOSTA DI RIFORMA DEL MINISTRO VALDITARA, TANTO PER CAMBIARE, GRIDA AL FASCISMO… EJA, EJA, ALALÀ
Non c’è migliore risposta alle isteriche reazioni della sinistra nostrana in seguito alla pubblicazione delle linee guida sui programmi scolastici che il ministro Valditara ha sinteticamente anticipato alcuni giorni fa, che quella di Luciano Canfora, di cui tutto si può dire tranne che sia un sostenitore del governo Meloni (dalla quale tempo fa è stato pure querelato).
Linee guida che riguardano alcuni interventi:
- Reintroduzione (facoltativa) del latino nella scuola media, un’ora a settimana, per rafforzare il legame con il patrimonio culturale italiano e con la lingua latina.
- Fine della geostoria, ritorno all’insegnamento separato di storia (che si concentrerà su civiltà greca, romana, Cristianesimo, Rinascimento, Risorgimento e storia contemporanea occidentale e geografia (fiumi, montagne…).
- Più spazio alla lettura e alla scrittura, anche con poesie da imparare a memoria.
- Classici come Omero, Pascoli, Saba e autori contemporanei.
- Approfondimenti sull’epica classica, la mitologia greca e le saghe nordiche.
- Studio della Bibbia per comprenderne il ruolo nella storia e nell’arte (considerata un testo delle radici culturali occidentali, da introdurre alle elementari).
- Maggiore attenzione alla musica: canto corale, strumenti e civiltà musicali.
- Potenziamento dei laboratori artistici e dello studio del patrimonio italiano.
Una proposta di riforma che sembra andare nella giusta direzione di recupero della scuola come luogo di formazione capace di formare cittadini degni di questo nome. Ma c’è ancora tanto da fare per restituire alla scuola la sua piena dignità, perché senza sostituire i cardini sui quali regge la scuola dell’autonomia, la scuola-azienda, la scuola-progetti, la scuola delle competenze, la scuola dell’abolizione dei contenuti, la scuola dell’Agenda 2030 la riforma prospettata da Valditara inevitabilmente, nonostante le buone intenzioni, è destinata ad arenarsi.
Insomma, è bastato che si profilasse una simile riforma per fare andare letteralmente in tilt la nostra sinistra, la quale mostra di essere il miglior baluardo di quell’idea della disintegrazione del sapere a vantaggio di fuffa ideologica che a ogni riga ossessivamente ricorre alla parolina “inclusione”. Parolina vaga e apparentemente innocua, che invece nasconde in modo subdolo l’ideologia basata sulla distopica idea della cancellazione delle identità (una fissa del globalismo, figlio della supremazia del capitale finanziario sul mondo della produzione reale). La tattica è sempre quella: col pretesto dell’inclusione, dell’educazione al rispetto (vedi la Roma di Gualtieri) si introducono nelle scuole corsi di educazione sessuale secondo i criteri della cosiddetta “identità di genere”.
«La cultura progressista si autointerpreta come un tentativo di imporre un dover essere a un mondo che non ha un proprio essere, i valori a un mondo che ne è privo, come se le comunità non ne avessero di propri, come se il mondo della vita non fosse già un orizzonte di significati legati tra di loro da catene di rimandi, come se in esso non si fossero già da sempre strutturati sistemi di interazioni e forme di legame. Per il codice interpretativo del sistema culturale della sinistra progressista le forme di legame esistenti divengono semplicemente “disordine”.» (Vincenzo Costa, Categorie della politica).
La segretaria del PD Schlein al convegno sulla scuola organizzato dal suo partito, liquida la proposta di riforma come qualcosa di repressivo e reazionario, una visione che rappresenta «un desiderio impossibile di un passato che non può tornare» e che rischia di portare il sistema educativo italiano indietro nel tempo».
Anna Ascani, sempre del PD, deputata e vice presidente della Camera, in un intervento su FanPage ci va giù pesante, arriva addirittura a dire che Valditara attenta alla democrazia, che le sue linee guida propongono «la peggiore forma di diseguaglianza possibile, quella che riguarda i bambini, che non hanno meriti o colpe nell’essere nati dove sono nati». Che Valditara ha in testa una scuola elitaria e autoritaria il cui obiettivo è quello di dividere i buoni dai cattivi, i sufficienti dagli insufficienti.
Come si dice, la butta in caciara, ancora una volta dimostrando come questa sinistra progressista continui a considerare la realtà il suo nemico principale. La realtà di una scuola allo sbando, priva di contenuti, semplificata e banalizzata, che sforna diplomati ultra-dequalificati… ma inclusiva. Contenti loro.
Ci voleva quindi l’illustre intellettuale Luciano Canfora per affermare cose abbastanza ovvie, ma si sa, siamo nel tempo in cui per affermare che l’erba è verde bisogna sguainare le spade.
«Io so quello che so a memoria» dice il nostro filologo classico, oltre che grecista e storico. «La memoria è lo strumento che ci dà tutto quel che sappiamo, mentre ciò che abbiamo dimenticato non è più nella nostra mente. Quindi la memoria va valorizzata al massimo, esercitata. Davvero mi pare un po’ fuori luogo da ogni logica questa insurrezione contro l’esercizio della memoria, fa ridere.»
Il latino non si è mai capito perché debba essere considerato di destra: è patetico come modo di ragionare.» Non vi è nulla di reazionario nello studio del latino: «Non voglio citare Concetto Marchesi, grande latinista, esponente di primo piano del comunismo italiano… Credo che sia molto più serio ricordare che lo studio della lingua italiana o della lingua spagnola o del francese presuppongono una vicinanza molto stretta con la conoscenza del latino». «Gramsci diceva che si studia il latino non per imparare a parlare latino, ma per imparare a studiare.
Poi aggiunge una cosa molto seria: vivisezionare lo studio storico di una lingua significa partire dalle sue origini. È anticulturale protestare in modo generico contro la conoscenza del latino: nessuno è morto di latino finora.»
Sullo studio della Bibbia, che ha suscitato veri e propri turbamenti nella galassia della sinistra progressista, Canfora dice: «Mi pare un po’ approssimativo parlare di Bibbia, perché si tratta di testi di enorme rilievo storico che sono stati accorpati nel corso del tempo, mettendo insieme, con qualche fatica, una tradizione ebraica e quella cristiana».
Ma Canfora (intervistato da Radio Cusano), in riferimento a un’idea di Beniamino Placido, va oltre: «La conoscenza della lingua greca e latina, partendo da un testo semplice e molto (si spera) conosciuto come il Vangelo di Marco è un’idea tutt’altro che da buttare via, non è né retriva né sovversiva».
E a chi obietta che sarebbe meglio approfondire lo studio dell’inglese, Canfora risponde che questo «è un modo banale di sottrarsi a una discussione seria, perché le due cose non sono in contraddizione tra loro; quindi, è una pseudo obiezione che non ha nessun valore da un punto di vista concettuale».
Un chiaro e lucido Canfora, che in questo caso fa un po’ come il bambino della famosa fiaba sui vestiti nuovi dell’imperatore di Andersen. Solo che il Nostro è solo di qualche anno più in là.