Teatro e politica
di Giorgio Agamben - 22/11/2024
Fonte: Quodlibet
Teatro e politica, come gli antichi sapevano, sono strettamente legati ed è improbabile che la scena teatrale sia viva quando quella politica muore o si eclissa. Eppure, in un paese in cui la politica sembra ormai fatta soltanto da mummie che pretendono di dirigere la loro esumazione, è stato possibile nei giorni scorsi assistere in un piccolo teatro veneziano a una rappresentazione così piena di vita e di intelligenza che gli spettatori – come dovrebbe sempre avvenire a teatro – ne sono usciti più consapevoli e quasi fisicamente rigenerati.
Un simile miracolo non è avvenuto per caso. Piermario Vescovo, nella sua esemplare conoscenza della storia del teatro, è lucidamente ricorso a una tradizione apparentemente minore, ma in verità, soprattutto in Italia, certamente maggiore, quella dei burattini.
Ma lo ha fatto – e qui è la novità – coniugando la presenza del corpo di sei attrici a quella dei burattini che esse impugnano e muovono, in modo che tra i vivi e i morti, tra i corpi imponenti delle attrici che recitano e quelli sparuti ma non meno presenti dei burattini avviene uno scambio incommensurabile, in cui la vita trascorre incessantemente nei due sensi e non è chiaro alla fine se siano le attrici a muovere i burattini o questi a scuotere e animare le attrici.
Nunzio Zappella, uno degli ultimi grandi guaratellari napoletani, mostrando il suo piccolo, ormai logoro Pulcinella ha detto una volta: «è mio padre!». Non si potrebbe forse definire più efficacemente il mistero che si compie fra il burattinaio e il suo fantoccio. Ma Vescovo, innestando genialmente il bunraku giapponese sulla tradizione della commedia italiana, ha fatto di più: ha trasfigurato un testo minore di Goldoni (l’Incognita – che non era stata più rappresentata dopo la morte dell’autore) in qualcosa di provocante e ferocemente attuale.
La lezione che se ne può trarre è che lo sfacelo di ogni istituzione non soltanto politica che stiamo vivendo non ci rende necessariamente impotenti: è sempre possibile trovare nel passato e custodire anche nelle condizioni più avverse il seme vernalizzato che al tempo opportuno non mancherà di dischiudersi.