Tempi duri per la Ragione
di Claudio Risé - 15/07/2023
Fonte: Claudio Risé
É vero che questa ultima Dea, molto omaggiata nella modernità, deificata dall'illuminismo e monumentalizzata dalla rivoluzione francese in poi, viene oggi sempre più omaggiata dalle burocrazie politiche, che se ne dichiarano portatrici. É però smascherata da filosofi importanti, come già fecero Horkheimer e Adorno, fondatori e protagonisti della Scuola di Francoforte. Furono loro a mostrare fin dagli anni '70 che più si applica l'ideale di razionalità posto alla base della nostra cultura e più aumentano le possibilità pratiche e le conoscenze tecniche degli uomini, più diminuisce l’autonomia dell’individuo. Tanto che questo processo razionalizzante assume sempre più l'aspetto di una vera e propria disumanizzazione, progressiva e inquietante. É questa è una delle critiche più incisive mossa al mondo di oggi da uno dei più autorevoli osservatori della civiltà tardo moderna, il francese Edgard Morin, sociologo e filosofo, che ha compiuto in questi giorni il suo centoduesimo anno e pubblicato anche in Italia un libro in cui presenta lo sviluppo del suo pensiero: L'avventura del Metodo. Come la vita ha nutrito l'opera (Cortina Editore).
Un metodo, quello di Morin, che si tiene dunque alla larga dalle fissazioni iperrazionalizzanti di quello di Cartesio, nume della filosofia francese, ed è invece caratterizzato da una straordinaria attenzione all'uomo di carne e alla sua vita quotidiana, con i suoi avvenimenti e le sue proposte. Niente di astratto o mentale ma incontri, eventi, emozioni, intuizioni e amori. In tutte le vicende, cronache e analisi umane, culturali e politiche che la storia gli ha proposto Morin si è gettato da più di in secolo affrontandole con passione, convinzione, attenzione e coraggio, presentandone poi l'elaborazione nei suoi penetranti libri, che compongono oggi un'opera originale, tra le più interessanti e spregiudicate testimonianze della storia e del pensiero dell'epoca.
Morin, come lo scrivente e tanti altri vegliardi (ma anche molti giovanissimi) è terrorizzato dalla noia, aggressività e disumanità che assedia e intossica il cittadino della tarda modernità. Perché l'uomo non è solo le etichette che gli hanno appiccicato addosso le diverse ideologie o tappe del pensiero contemporaneo. Neppure è - a livello più profondo- solo l'homo sapiens di Carlo Linneo e del pensiero scientifico, o l'homo oeconomicus" dell'utilitarismo economicista che divinizza l'interesse personale per i soldi. Ci sono in noi altri aspetti da riconoscere e mettere in contatto tra loro per una vita equilibrata e felice, e a cui fare spazio. A cominciare, necessariamente, dall'amore, indispensabile per evitare di cadere in preda dell'aggressività che vediamo farsi sempre più invadente nel mondo. "Ciascuno di noi nei momenti di collera diventa homo demens, così "coloro che hanno un'ambizione megalomane, smisurata, da sapiens possono diventare homines dementes". Come Morin e altri hanno mostrato citando ( nel recente "Di guerra in guerra") frasi dei maggiori governanti del mondo pronunciate a proposito dell'attuale conflitto Russia-Ucraina, appunto demenziale e potenzialmente suicida.
Come ha dimostrato Lo scienziato Antonio Damasio ha già dimostrato da tempo con il neuroimaging che "quando un centro della razionalità è attivato, attiva immediatamente anche un centro delle emozioni". Se non se ne tiene conto subito, ricostituendo un dialogo equilibrato tra mondo scientifico e vita affettiva, un matematico o un capo di Stato può cadere nel delirio tanto quanto l'ultimo ricoverato in psichiatria d'urgenza. Purtroppo però si rischia che tutti facciano finta di niente e il delirio mascherato da lucida (e magari generosa) visione travolga il mondo e l'umanità.
Per evitarlo è invece necessario "dialettizzare ragione e passione", tenerle insieme, farle discutere. Qui Morin propone di temperare le passioni con la torcia della ragione, altrove Carl Gustav Jung parlava di mantenere una lanterna accesa per illuminare il percorso della barca sull'acqua nella notte buia: si tratta sempre riconoscere la complessità realtà e i molteplici limiti dell'uomo, senza cadere nell' onnipotenza e neppure "nell'inumana ragione calcolante" che - come dice Morin - stende oggi sulla vita quotidiana "un'immensa coltre di accecamento".
Il fatto è che l'uomo è una realtà multiforme, irriducibile a una sola dimensione. Anche l'homo faber, l'uomo che inventa macchine e "forgia utensili" con la tecnica ha trasformato sia la vita umana che la natura e il mondo attorno. Oggi "homo faber domina il pianeta" ammette Morin. Ciò però è avvenuto attraverso le rivoluzioni industriali e produttive del diciottesimo secolo europeo che hanno messo l'artigiano e l'artista attivi nell'homo faber al servizio dell'homo oeconomicus, mosso soprattutto dall'interesse economico personale e dell'accumulo della ricchezza. Questa trasformazione irrigidisce però la vita umana, indebolendone gravemente la qualità poetica, indispensabile al benessere e alla creatività dell'uomo.
Come ricordava Hölderlin (citato da Morin): "Poeticamente l'uomo abita su questa terra". Se l'uomo deve fare solo conti però, la poesia scompare, e la follia è pronta a sostituirla. Da qui la crisi attuale, visibile a tutti e per la verità anche da tutti ammessa, anche se quasi nessuno osa cambiare metodo.
Il Metodo di Morin propone allora il recupero degli altri aspetti dell'umano, via via rimossi dalla sinistra e burocratica strada intrapresa dalla petulante e unilaterale razionalità illuministica. Occorre ad esempio l'Homo Ludens studiato dallo storico olandese Johan Huizinga, l'uomo che gioca, che si situa al di là dell'utilità e necessità materiali, ed è accompagnato da sentimenti di elevazione e tensione, che comportano letizia e distensione (come anche don Bosco e altri educatori religiosi). L'altro è l'Homo Religiosus, l'uomo che, come dice il nome collega insieme con devozione i diversi aspetti della vita umana. Il collegare i diversi aspetti dell'umano, "ampliando la ragione per aiutarla a comprendere ciò che in noi ed altri va al di là della ragione" è oggi possibile, proprio per le scoperte della fenomenologia di Husserl e le ormai ricche antropologie post illuministe. Ma bisogna fare in fretta.
La vita ha urgente bisogno di amore, per non spegnersi. I vecchi come Morin ( e molti giovani) lo sanno.