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Torna l'oro

di Massimo Fini - 19/02/2025

Torna l'oro

Fonte: Massimo Fini

E’ in azione una internazionale corsa all’oro. Dal 5 novembre, giorno dell’elezione di Trump ma non ancora del suo insediamento, le istituzioni finanziarie e i trader, cioè coloro che trattano l’oro, potremmo anche chiamarli i nuovi “cercatori d’oro”, “ne hanno spostato quasi 400 tonnellate metriche al Comex, la Borsa dei metalli di New York, una crescita del 75 per cento” (Danilo Taino, Corriere, 13.2).
Quando si ricorre all’oro non è mai un buon segno per l’economia nazionale ma in questo caso internazionale perché l’oro è, storicamente, il tradizionale bene rifugio quando si perde fiducia nelle valute correnti, in questo caso soprattutto il dollaro.
Innanzitutto io non credo affatto che una simile quantità d’oro, le 400 tonnellate segnalate da Taino, esiste in natura. Potrebbe esistere nelle valute agganciate all’oro, legame che però non c’è più da quando nel 1971 Richard Nixon, con una chiarezza cui gli va dato merito, abolì il Gold exchange standard, cioè la truffa, o piuttosto l’illusione che a Fort Knox, negli Stati Uniti, ci fosse realmente una quantità d’oro, 4578 tonnellate di lingotti d’oro, in grado di garantire tutti gli scambi commerciali. E’ ovvio che se le varie Organizzazioni internazionali, la Fed, la Bce, e anche singoli cittadini avessero chiesto nello stesso momento il cambio delle loro valute in oro, Fort Knox sarebbe scomparsa dalla scena. E questo, più in generale, vale per tutte le banche, se tutti i correntisti di una banca chiedessero nello stesso momento il ritiro dei loro depositi, la banca fallirebbe all’istante. Diciamo pure che tutto il sistema finanziario mondiale è basato su una truffa, peraltro condivisa.
L’oro a parte l’estetica, che conta però soprattutto negli ambienti altolocati, non ha nessuna qualità specifica tranne quella di essere, in linea di massima, inattaccabile dai composti chimici. Per questo fino a non molti anni fa era usato in odontoiatria da chi poteva permetterselo, i famosi “denti d’oro”, esteticamente più ripugnanti di un dente marcio o della sua mancanza.
Per questo stupisce che ancora oggi si ricorra all’oro come bene rifugio quando, abbastanza di recente, sono state scoperte le “terre rare” in cui ci sono giacimenti di titanio, litio, berillio, manganese, nichel, rame, gallio, grafite. E alcune di queste, soprattutto il litio, sono indispensabili nell’elettronica cioè, ma è solo un esempio, nelle batterie delle automobili. Non è certamente un caso che Russia e Ucraina disputino sulle terre rare la cui occupazione conta più di quella territoriale.
L’Afghanistan, per esempio, aveva un sottosuolo poverissimo di materie prime ritenute fondamentali (petrolio e compagnia) ma adesso grazie alle ricerche cinesi sul suo territorio (la Cina è il solo grande Paese che non abbia attaccato l’Afghanistan, a differenza della Russia e dell’Occidente) si sono scoperti grandi giacimenti di litio. Ci si augura che questa novità non dia la stura a una nuova occupazione occidentale dell’Afghanistan anche perché l’Afghanistan è chiamato “la tomba degli Imperi” avendo cacciato nell’Ottocento gli inglesi (ci hanno messo trent’anni ma alla fine li hanno cacciati), avendo cacciato nel Novecento i russi mettendoci dieci anni e avendo cacciato la potentissima e vastissima armata occidentale mettendoci vent’anni dimostrando che un popolo che crede nei propri valori è più forte di qualsiasi altro che questi valori non ha o non ha più.
E’ il dramma dell’Occidente dove si stanno distruggendo un paio di generazioni di ragazzi stretti fra l’abuso di stupefacenti e quello, ancora più devastante, degli smartphone. Recentemente, nel tessuto adiposo dei delfini, in zone diverse del golfo del Messico, sono state trovate concentrazioni significative di Fentanyl (Gismondo, il Fatto, 11.2) cambiando anche gli ormoni dei pesci, femminilizzandoli, una metafora illuminante del mondo attuale dove tutto deve essere omologato (se fossi un pesce femminilizzato ricorrerei al Tribunale internazionale dell’Aia).
Sono anche convinto che una vera lotta al traffico di droga non sia mai stata fatta in Occidente perché essendo troppi gli interessi che vedono uniti organizzazioni puramente criminali a insospettabili establishment del mondo occidentale, si è fatto finta, dietro ad azioni e dichiarazioni puramente formali, di non vederli. Prendo ancora per esempio l’Afghanistan. Il Mullah Omar, dopo alcuni anni di intermezzo perché la droga gli serviva per comprare grano dal Pakistan, stroncò la coltivazione del papavero da cui si ricava l’oppio. Con metodi tanto brutali quanto efficaci: ai contadini che si ostinavano a coltivare il papavero venivano bruciati i campi. Ma il Mullah aveva l’autorità, l’autorevolezza, il prestigio per farlo. E questo spiega un altro fenomeno in corso: l’emergere di imperialismi fondati non più su un sistema di governo ma su una persona come è il caso di Donald Trump negli Stati Uniti. Ma è anche il caso della Russia di Putin e, in virtù, o a causa del comunismo, del cinese Xi Jinping. Ma questi nuovi imperatori sono privi di qualsiasi ideale che non sia il Potere e quindi ai nostri ragazzi manca anche un punto di riferimento ideale, un Che Guevara, che fu il mito della mia generazione, inizialmente di sinistra ma successivamente anche di destra.
Ma torniamo all’oro, alla moneta, al denaro. In sé e per sé, in qualsiasi forma si esprima, il denaro non esiste. Non rappresenta nulla e non è collegato a nulla. E’ una scommessa, sempre più accelerata, sul futuro e i bitcoin con tutti i ‘derivati’ ne sono una buona rappresentazione.
Abbiamo già scritto, a proposito del debito americano, che per i soli interessi debitori, cioè accumulati su debiti pregressi, ammonta alla strabiliante cifra di 1,18 trilioni di dollari, che è impossibile che questi debiti vengano pagati. E poiché a un debito corrisponde ovviamente un credito, chi sono i creditori che vengono così fottuti? Noi tutti, ricchi e poveri, belli e brutti. Finché un giorno questo futuro inesistente ci ricadrà addosso come drammatico presente. Quel giorno non avremo nemmeno più un futuro da immaginare. Anni fa quando scrissi Il denaro. Sterco del demonio (1998) pensavo che il giorno del “big crash” sarebbe stato ancora lontano, almeno di un paio di secoli. Adesso questo futuro inesistente, come faccio dire a Elisabetta Pozzi nella nostra pièce Cassandra, rivolgendosi agli spettatori, è qui davanti a noi frutto della nostra pazzia e della nostra follia. E sarà il giorno della nostra liberazione.