Tre emergenze tutte assieme: come reagire?
di Riccardo Paccosi - 22/06/2022
Fonte: Riccardo Paccosi
E' evidente che, anche di fronte a questa nuova declinazione dello stato d'eccezione - ovvero la crisi climatica - occorra rigettare la categoria di emergenza: ancora una volta, siamo infatti di fronte a un'emergenza gestita dall'alto e utilizzata per l'ennesima svolta autoritaria e di controllo bio-securitario.
Va poi denunciato come ogni emergenza qualifichi gli avvenimenti storici sotto il segno della Necessità, dunque come faccia sì che essi vengano accettati fatalisticamente e che, quindi, tutte le decisioni che gli apparati di potere mettono in campo vengano accolte dall'opinione pubblica come ineluttabili.
Oggi, con l'emergenza climatica, risentiamo infatti la stessa retorica intrisa di superstizione dei primi tempi della pandemia: quella retorica che, mentre venivano predisposte politiche devastanti la società e l'economia, faceva ripetere a tanti "forse la natura ci sta dicendo qualcosa".
Oggi, se oltre alla fase appena citata si aggiungessero altre scemenze come il "tempo ritrovato", la "occasione per capire quali siano le cose importanti della vita", la ripetizione potrebbe dirsi perfetta.
Lo abbiamo visto con la pandemia, ma lo avevamo anche visto in relazione all'idea di stato unico europeo o al deregolazionismo dei flussi migratori: le strategie dominanti vengono accettate perché la propaganda ideologica le presenta come dinamiche ineluttabili e predeterminate dal Fato.
E' dunque urgente che questo meccanismo volto a sostituire la consapevolezza storica con la superstizione, vada fatto saltare completamente.
Il punto è che si può avversare tutto questo in una maniera avente qualche speranza di imporsi o, al contrario, in maniera re-attiva, difensiva e perdente.
L'approccio con cui la destra americana avversa l'agenda globalista, ebbene, è perdente. Contrapporsi negando la realtà della crisi ambientale, è perdente. Scimmottare la destra americana, in sintesi, significa condannarsi alla minorità e alla sconfitta.
Eppure, i termini per un diverso approccio antagonista alla narrazione fatalistica della sinistra globalista, ci sarebbero.
Le èlite capitaliste pompano sull'emergenzialismo climatico per tagliare il potere di acquisto delle classi medie, per alimentare i dispositivi del controllo, ma senza mai mettere in discussione il modello di sviluppo basato su globalizzazione, competitività internazionale crescente e accumulazione.
Esattamente come per la critica economico-politica alla globalizzazione, la crisi ambientale potrebbe fornire invece spunti per riflettere su economie nazionali basate sulla domanda interna, su flussi di merce e di denaro regolamentati e delimitati a livello internazionale, su modelli antropologici invertenti il processo di urbanizzazione assoluta avviatosi un secolo fa.
Ma questa riflessione non può darsi, se si parte dalla negazione del problema ambientale.
La vicenda pandemica dovrebbe avere dimostrato che le manipolazioni di massa possono funzionare, solo basandosi su fattori di crisi reali e concreti.
Se durante la pandemia sono stati avviati protocolli alimentanti il numero di decessi e sono stati altresì contraffatti gli elenchi sulle cause di decesso, è evidente che tutto questo ha potuto funzionare grazie alla presenza reale di un "qualcosa" che provocava alla gente polmoniti bilaterali.
In altre parole, sarebbe assurdo negare che l'emergenzialismo climatico si basi su criticità materiali e visibili.
E' inuitile adesso sommergere i social di link - presi dai siti di Alex Jones e dintorni - sul fatto che i riscaldamenti della Terra sono ciclici, che il fattore antropico non c'entra nulla quando, a chiunque, basta fare una passeggiata fuori città per vedere i fiumi in secca e i torrenti scomparsi.
Non sono ammissibili, da parte di noi opposizione, errori e approssimazioni perché l'emergenza che si sta delineando per i prossimi mesi è il combinato disposto di tre emergenze: sanitaria, bellica e climatica.
Di fronte a un tasso di catastrofe tanto elevato e tanto multiforme, la capacità delle persone di analizzare criticamente la realtà risulterà azzerata. Più l'apocalisse risulterà intensa e percepibile, più aumenteranno la superstizione deterministica e la ricerca di protezione presso media e governi.
Pertanto, anche l'ipotesi per cui la valenza materialista della contraddizione - cioè l'imminente aumento di disoccupazione e povertà - potrebbe diminuire la passività sociale o addirittura innescare un conflitto dal basso verso l'alto, in ragione di quanto detto potrebbe finire smentita o comunque ridimensionata.
Oltretutto questo avvio contemporaneo delle tre emergenze, si sta verificando proprio nel momento in cui l'opposizone è evaporata dalle piazze e si presenta separata alle elezioni del 2023.
Occore lucidità, occorre non fuggire la complessità, occorre un'analisi divulgabile che non si concentri solo su pandemia o solo su guerra o solo su crisi ambientale, bensì che rovesci il concetto di società dell'emergenza e, nel farlo, contesti il modello di sviluppo neoliberale basato su accumulazione e competizione globale.