Trump ed i neocons allestiranno la prossima “trappola” per Putin
di Luciano Lago - 20/11/2016
Fonte: controinformazione
Con l’arrivo alla presidenza dell'”estroverso” Donald Trump, si era manifestato un certo ottimismo in Siria per la possibilità che il nuovo presidente voglia definire un accordo con la Russia di Putin e che questo preveda una sostanziale soluzione del conflitto in Siria. Come è ormai noto, questo conflitto è tenuto in piedi dalla volontà di Stati Uniti e Arabia Saudita (con rispettivi alleati) di voler rovesciare il governo di Bashar Assad a Damasco e favorire uno smembramento della Siria con la creazione di uno stato sunnita-salafita sotto protezione ed affiliato all’Arabia Saudita, alleato chiave degli USA e del Regno Unito in Medio Oriente.
In realtà l’ottimismo è destinato ad essere rapidamente smorzato da una pura constatazione della realtà: non ci sono speranze di pace in Siria e non cambierà la posizione degli USA , considerando che Washington da oltre 5 anni sostiene ed arma i gruppi terroristi nel paese arabo, con il sostegno finanziario dei monarchi di Rijad che hanno acquistato migliaia di tonnellate di armi poi passate nelle mani dei terroristi.
Dietro tutte le illazioni e le supposizioni fatte dagli analisti e dai media, si nasconde il fatto che la guerra in Siria ha una origine in un piano di balcanizzazione del paese che risulta precedente all’Amminisrazione di Obama e che fu concepito sotto George W. Bush e dietro influenza degli strateghi israel- statunitensi alla Casa Bianca.
Trump non potrà rinunciare a questo piano, anche perchè il piano è in concreto destinato ad eliminare la Siria per poi colpire l’Iran, il vero obiettivo finale della strategia di Washington e di Tel Aviv.
Il nuovo presidente eletto, Donald Trump subisce l’influenza di un gruppo di esponenti neocons, trasversali al partito Repubblicano e Democratico, fra i quali si appresta a nominare alcuni di questi nel suo staff. Si tratta di James Woolsey, un esponente politico già direttore della CIA sotto Bill Clinton, il quale si era pronunciato più volte a favore di una guerra con l’Iran. L’altro elemento chiave che compare nello staff di Trump è John Bolton, ex ambasciatore USA presso la Nazioni Unite, come anche lo stesso Rudy Giuliani (ex sindaco di New York) e l’ex presidente della Camera dei Rappresentanti Newt Gingrich. Trump ha appena ieri designato il deputato del Kansas, Mike Pompeo, come direttore della Central Intelligence Agency (Cia) e il generale (in pensione) Michael Flynn come consigliere per la sicurezza nazionale del presidente.
Rudy Giuliani con Trump
Si tratta di personalità ed esponenti politici tutti ultra conservatori, fautori di una politica anti islamica ed inclini ad un intervento militare molto più radicale e diretto di quello portato avanti da Barack Obama.
Come ha scritto anche l’analista politico Tony Cartalucci, la guerra alla Siria era stata considerata come un “pre requisito” da parte dell’Amministrazione USA per poi procedere ad un intervento contro l’Iran. Tanto che la Siria era stata inclusa, già dal governo di G. Bush, come uno dei paesi facenti parte dell'”asse del male” che comprendeva Cuba, Libia, Siria ed Iran, come paesi che erano considerati sul punto di dotarsi di “armi di distruzioni di massa”.
Questo spiega perchè i preparativi per colpire sia la Libia che la Siria risalgono all’era dell’Amministrazione di George W. Bush e furono portati a compimento da Obama, salvo trovare una inaspettata resistenza da parte delle forze siriane, sostenute anche dall’arrivo delle forze russe sul campo. Un elemento questo ampiamente sottovalutato allora da parte dell’amministrazione Obama che è stata colta di sorpresa dal deciso intervento della Russia in Siria.
Ci sono prove documentate che la strategia USA in Medio Oriente ed in particolare in Siria, dove Washington aveva programmato, fin da molto prima del 2011 (anno dell’inizio del conflitto siriano) il finanziamento e l’appoggio ai gruppi radicali sunniti per fare leva sull’opposizione di questi al governo dell’alawita Assad, era diretta a far sviluppare un conflitto all’interno del paese che prevedeva l’infiltrazione di gruppi di jihadisti di varie nazionalità provenienti da Arabia Saudita e Turchia.
Il piano era quello di rovesciare il regime di Damasco per favorire la costituzione di uno stato salafita-sunnita nel nord est della Siria, come risulta anche da un rapporto desecretato della DIA che accenna a questo possibile nuovo stato come una “risorsa strategica” per gli USA. Vedi: Piano di azione USA per balcanizzare la Siria.
Risulta impensabile che la nuova amministrazione Trump (pilotata dai neocons), rinunci al piano di attaccare l’Iran, considerando la distruzione della Siria ed anche di Hezbollah, come un passo necessario per ottenere l’obiettivo grosso: la distruzione della Repubblica Islamica dell’Iran.
D’altra parte il piano Israel-statunitense si scontra con l’intransigenza della Russia di Putin che ha fatto della Siria una questione di sicurezza nazionale oltre che di prestigio e di fatto ha mobilitato un enorme spiegamento di forze aereo navali nella zona, che non può essere scalzato se non con un confronto diretto USA-Russia e con tutti i rischi di conflitto nucleare in cui questo potrebbe sfociare.
Questo significa che ci si potrà attendere prossimamente una campagna di “buone intenzioni” e di propositi di “distensione” apparenti da parte di Washington che in realtà nasconde una trappola tesa alla Russia per portare al termine il piano, magari facendo delle concessioni alla Russia con compensazioni che potrebbero prevedere l’annullamento delle sanzioni o un sostanziale fermo nel programma di riarmo dell’Ucraina in funzione anti russa.
Sarà importante vedere quanto Vladimir Putin sarà attento a non farsi incantare dalle “sirene” della distensione ed evitare di mettere il piede nella trappola made in USA.