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Trump ha stravinto: quante bugie dai media

di Mario Adinolfi - 06/11/2024

Trump ha stravinto: quante bugie dai media

Fonte: Mario Adinolfi

Alle quattro del mattino ho scritto ai miei amici in chat che i numeri erano inequivocabili e Trump aveva vinto le presidenziali americane. Ho sofferto molto nel vedere Mentana, Vespa e la Berlinguer non saper offrire ai loro telespettatori l’evidenza dei dati. Ma queste elezioni le ricorderemo per le continue bugie dei media, incapaci di vedere e raccontare l’ovvio, per un pregiudizio ideologico trasformato prima in wishful thinking e poi in palesi falsità. Abbiamo passato gli ultimi tre giorni con titoloni su tutti i giornali (compresi quelli italiani, mi sono permesso di andare anche a avvertire una collega qui sui social del pericolo rispetto all’entusiasmo che sfoggiava) che raccontavano il presunto sorpasso di Kamala Harris in Iowa. Ebbene in Iowa Trump ha vinto con dodici punti di vantaggio.
Divertente anche Michele Santoro che annunciava da Floris su La7 l’incidenza del voto delle donne per la Harris: “Vinceranno queste elezioni da sole”. La partecipazione femminile al voto è stata effettivamente importante, ma ha premiato Trump che è passato da sei milioni di voti meno di Biden nel 2020 a oltre quattro milioni di voti popolari in più rispetto alla rivale dem del 2024. Poi è stata raccontata la teoria del “testa a testa”, fino alle ultime ore, sempre corroborata da sondaggi che hanno perennemente narrato una forza della Harris che palesemente non c’era. Trump ha dominato negli swinging states, ha vinto in Pennsylvania, Georgia, North Carolina, Michigan, Wisconsin e ha perso solo nel Minnesota di Tim Walz, surclassato però in termini di carisma nella “guerra dei vice” da Jd Vance che nel suo Ohio ha portato il ticket repubblicano ad un vantaggio finale di dodici punti su quello dei dem. Occhio a questo quarantenne, Vance sarà il protagonista dei prossimi dodici anni di storia americana, ve l’ho detto più volte.
Ho provato in questi mesi a raccontare gli Stati Uniti e gli statunitensi per come li conosco io, interessati alle pragmatiche questioni dell’economia e dell’immigrazione, imbufaliti per l’inflazione galoppante e l’impennata delle rate dei mutui, ostili alle puttanate dell’ideologia woke come a veder sprecate risorse per centinaia di miliardi di dollari per finanziare guerre in terre che non sanno neanche collocare geograficamente. Ho sempre scritto che Trump avrebbe nettamente vinto e più lo scrivevo più leggevo intere paginate dei giornali italiani che esaltavano ogni sospiro di una candidata dei dem che era palesemente inadeguata. Lo schema era sempre lo stesso: Trump “minaccia per la democrazia”, Harris eroina della libertà e dei diritti, in particolare delle donne, a incarnare la luce contro le tenebre. Poco importava che la Harris fosse arrivata alla nomination senza legittimazione popolare, per imposizione decisa dai Clinton e dagli Obama insieme all’ottuagenaria Nancy Pelosi che volle far fuori l’ottuagenario Joe Biden di cui per anni avevano coperto l’ormai palese inadeguatezza. Poco importava che la “minaccia per la democrazia” per un paio di centimetri non finiva ammazzato come un Kennedy. La narrazione era sempre quella dei buoni contro i cattivi, dei veri democratici contro i nuovi nazisti (Hillary Clinton è arrivata davvero a descrivere il raduno dei trumpiani al Madison Square Garden paragonandolo a quello del 1939 dei filohitleriani americani). Ma era una narrazione tutta bugiarda, finalizzata ad una vittoria elettorale da ottenere intrecciando falsi dati di una sondaggistica costruita in modo militante con una serie di paure evocate che però tra gli americani non potevano attecchire.
L’America profonda è pragmatica e ormai isolazionista, Trump ne è il perfetto campione. Non capisco l’astio dei commentatori italiani, dovremmo essere tutti lieti di subire un’ingerenza minore nei nostri interessi, fortemente condizionati nell’ultimo quadriennio da una Casa Bianca che di fatto ha determinato le politiche dell’Unione europea e nell’area del Mediterraneo. Quanto all’emergenza democratica, la vivo di più leggendo un giornalismo italiano prono ad una narrazione che copia quella delle testate liberal americane (ideologica, slegata dalla realtà, infarcita di dati falsi), che temendo in Trump l’incarnazione di un nuovo Hitler. Credo che il nuovo presidente americano ripeterà quel che ha fatto nel primo quadriennio: baderà agli interessi statunitensi e eviterà di accendere nuovi scenari di guerra, spegnendo progressivamente quelli attuali. Dovremmo essere tutti lieti di questa novità.
Va costruito un equilibrio mondiale diverso e Trump è il presidente giusto per andare verso la fine di quello che una volta era chiamato “l’imperialismo americano”. Kamala Harris sarà dimenticata in fretta e i dem potranno forse riflettere sul fatto che dominare i media piegandoli a raccontare quel che vogliono loro (e gli interessi che loro supportano) non basta per inculcare falsità nella testa della gente. Aver collegato tutte le chances di vittoria al tema dell’aborto e alla figura di una californiana campionessa dell’ideologia woke, immigrazionista e incapace di proporre una ricetta per combattere seriamente i gravi problemi economici che poi sono anche i nostri (inflazione e debito pubblico abnorme su tutti), è stato un errore. Invitare le mogli a “tradire il marito” nell’urna, con lo spot antitrumpiano costruito ingaggiando Julia Roberts, è stata una caduta di stile oltre che un boomerang. Essersi inventati sondaggi palesemente farlocchi per sostenere una corsa insostenibile, è un fatto che minerà la credibilità dei media a lungo. Le maratone televisive che hanno coltivato anche dopo l’alba l’illusione di potersi evitare l’onta di ammettere che Trump ha vinto, hanno dimostrato che erano affollate solo di tifosi e non di analisti.
Le bugie hanno sempre le gambe corte e anche se la tireranno un po’ per le lunghe, la vittoria di Trump va solo certificata con il “concession speech” della Harris. Poi si aprirà una stagione nuova. Spero che come Italia e come italiani saremo capaci di costruire le condizioni per trarne beneficio. E spero anche che la sinistra la smetta di credere che le donne si abbindolano elettoralmente evocando il “diritto all’aborto”. Costruirci un’intera campagna presidenziale sopra è stato un grave errore, che ha provocato la débâcle di Kamala Harris, perché su un’idea di morte non si edifica nulla di buono.