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Turchia e ordine multipolare

di Pierluigi Fagan - 23/05/2022

Turchia e ordine multipolare

Fonte: Pierluigi Fagan

Prendo spunto da un articolo sulla Turchia di Ria Novosti (Russia), per mostrare la complessità dei giochi multipolari. La Turchia è un idealtipo di una collocazione geostorica multipolare. Per più di sei secoli un impero musulmano sunnita, con più recenti storie di società riformista laica, asiatica ma da sempre mediterranea, la Turchia nasce da popolazioni non indigene che migrarono secoli fa dal centro-Asia, lì dove origina la loro etnia e lingua, area viola della cartina (tra Caspio e Aral, popoli Orghuz).
Va da sé una naturale propensione verso i popoli turcofoni (i quattro “stan” centro-asiatici, circolo giallo), sebbene poi questi siano corteggiati anche dagli USA, alleati (economici e militari) non sempre troppo convinti della Russia, in stretta relazione economica con la Cina. Usando queste ore 3 del quadrante generale, procederemo in senso orario per vedere le altre linee di relazione.
Con la Cina c’è competizione proprio relativamente all’area centro-asiatica e soprattutto rispetto agli Uiguri, con cui per altro gli antenati Orghuz ebbero storico conflitto nel VIII secolo. I jihadisti uiguri (cinesi) furono importante componente usata dalla Turchia nel recente conflitto in Siria. Di contro, Ankara guarda con l’acquolina in bocca la progetto BRI cinese che non potrà che non fare i conti con l’area turca per il suo sviluppo. Proprio l’analisi dei rapporti con la Cina mostra una dinamica tipica delle relazioni multipolari ovvero il disaccoppiamento tra interessi militari ed economici, si può competere su uno e collaborare sull’altro ed investire più sull’uno a discapito dell’altro può servire a bilanciare le relazione con i diversi partner. La rete sistemica elastica che ne risulta è propriamente ciò che contraddistingue un "ordine multipolare", concetto che molti fanno fatica a comprendere.
Pare che i turchi abbiamo ora presenza militare nell’Afghanistan post-bellico, gestendone al momento l’aeroporto. La Turchia sta sviluppando molto la sua industria militare i cui prodotti userà per la sua geopolitica d’area, in concorrenza con russi, cinesi ed americani o europei. Sull’Iran non segnaliamo niente di particolare, i rapporti sono discreti sebbene siano nemici storici e naturali.
La curva blu segnala il più stretto alleato organico di Ankara, il Qatar. Ma dai tempi della grande frizione tra Qatar e monarchie del Golfo, siamo oggi passati ad una ricomposizione degli interessi. Così, dopo la faccenda del giornalista saudita fatto a pezzi ad Ankara (Khashoggi), che aveva reso le relazioni coi sauditi molto aspre, ora hanno riaperto le relazioni diplomatiche e di interesse (Iinea verde).
La Turchia ha il nemico naturale alle porte ovvero le fazioni curde siriane (YPG), collegate al partito comunista curdo (PKK) in Turchia che Ankara considera terroristi. Motivo questo, assieme ad altre questioni di fornitura militare e rapporti con la Grecia, nemico dei nemici per Erdogan, della trattativa USA-SVE/FIN-TURK per dare luce verde all’entrata degli scandinavi nella NATO. Problema questo meno semplice di quanto venga presentato e tipico delle contraddizioni tra politica interna ed estera dei sistemi multipolari. Per svedesi e finlandesi, si tratta di abiurare la propria amicizia ideale e valoriale con formazioni politiche di democrazia radicale (svolta Ocalan verso il pensiero demo-anarco-municipalista-ecologista e femminista di M. Bookchin), niente affatto semplice in termini di scale valoriali per i due paesi storicamente al vertice delle classifiche occidentali di “piena democrazia”. Il resto ovvero forniture armi e tecnologia richieste da Ankara si aggiusterà, ma questo punto, sul piano politico interno, sarà doloroso per i due scandinavi.
La nuova geopolitica di Ankara ha mosso anche ad una recente ricomposizione dei rapporti con Israele, dove Erdogan s’era distinto per esser praticamente l’ultimo musulmano ad appoggiare Hamas (più di forma che di sostanza, ma la cosa nel mondo arabo conta). Ciò anche in ragione del circolo giallo soprastante. Lì c’è il più grande tesoro, ancora nascosto nelle viscere della terra, di gas naturale. Ma lì c’è anche un groviglio multipolare. Sull’area si affaccia l’Egitto che però nelle partizioni delle varie forme di sunnismo politico è all’opposto di Ankara (anche se il riavvicinamento alle monarchie arabe alleate de il Cairo, potrebbe rasserenare gli animi) e del resto i due sono su fronti opposti in Libia. Poi c’è appunto Israele, Libano e Siria, proprio la parte nordoccidentale dove c’è presenza militare strategica dei russi. Ma soprattutto Cipro ovvero il contenzioso storico tra area greca e turca, nonché ovviamente la Grecia proprietaria di fatto dell’Egeo, nemico esterno quanto i curdi lo sono interno.
In Libia Ankara sta con noi ed almeno formalmente anche gli americani contro russi-emiratini-egiziani-francesi. Quella in Libia è forse la presenza militare estera più importante di Ankara e fa parte di una strategia mediterranea molto complessa, ma ritenuta strategica al più alto grado anche perché di solido fondamento geostorico.
Saltiamo per il momento la linea bianca dei rapporti con gli Stati Uniti su cui torneremo in chiusura. L’articolo russo accenna ad una novità che andrà verificata e seguita. Gli americani avrebbero promesso ad Ankara l’entrata nel EMS-EPA che è un trattato di collaborazione USA-Israele-Grecia-Cipro(greca) per trivellare l’Egeo e fare un nuovo gasdotto (East Med) utile all’operazione di slaccio dell’Europa dalle forniture russe. Oggetto di molti sgarbi reciproci tra Ankara ed Atene negli ultimi anni e di prospettiva temporale comunque lunga. Grecia a sua volta alleata localmente con Francia ed Italia. Un bel groviglio, pane per alta diplomazia, fornitura d’armi un po’ di qui ed un po’ di lì, per niente facile. Come nel caso dei sacrifici chiesti agli scandinavi per rimuovere il blocco turco, convincere i greci sarà impresa ardua, ma del resto il peso di Atene è nullo sul piano internazionale e geopolitico, inghiottiranno l’accordo a tutti i costi, se Washington vorrà. Non così per la popolazione greca, l’odio greco per i turchi è inestinguibile, è perno dell’identità nazionale più viscerale.  
La Turchia è penetrata profondamente nei Balcani musulmani, Kosovo ed Albania in primis. Ankara ricatta l’UE e la Germania in primis presso cui ha grande comunità estera, sul problema dei migranti che le recenti e future perturbazioni alimentari e climatiche aumenteranno, aumentando così il potere di ricatto di Erdogan. Del resto, mentre l’Ucraina domanda l’entrata in UE in mezz’oretta, Ankara ha fatto domanda di entrata in UE nel 1987, UE con cui condivide la presenza NATO. E visto che siamo in argomento, nota è la  fornitura dei micidiali droni turchi a Kiev, in funzione di bilanciamento contro i russi, per mantenere l’equilibrio a tre nel Mar Nero.
Veniamo così alle complesse relazioni coi russi. Ankara vuole mantenere rapporti bivalenti sul piano militare, ma cordiali su quello economico (non ha partecipato alle sanzioni ed ha provato ad organizzare vertici di pace), un tipico caso di bilanciamento avanzato. Per stanare le "ambiguità" di Erdogan (le mentalità dicotomiche tacciano di "ambiguità" tutto ciò che non è o solo bianco o solo nero) o forse solo per seguire gli interessi degli alleati “stan”, Mosca ha invitato Ankara ad unirsi alla loro unione militare (CSTO), pur sapendo dell’improbabilità visto che i turchi sono nella NATO. Attenzione al Caucaso. Ankara sta con l’Azerbaijan nella faccenda del Nagorno-Karabach, contro l’Armenia, la Russia l’opposto. Segnalo recente uscita di Kadyrov (ceceno-russo) impegnato e per molti versi cruciale nel conflitto in Ucraina, musulmano, proprio contro le "ambiguità" di Erdogan, la Cecenia è Caucaso e ci sono ceceni forse sponsorizzati dai turchi anche dalla parte ucraina, cosa non gradita da Kadyrov il cui peso politico, in Russia, sta aumentando.
Possiamo così concludere tornando alle relazioni con gli USA. Lo scorso aprile, USA e Turchia avrebbero istituito un nuovo “meccanismo strategico” comune, con a capo Victoria Nuland (!), la cui prima riunione si è avuta a Washington tra Blinken e Cavasoglu pochi giorni fa. Tutte le partite qui enumerate, compongono un parallelogramma molto complesso in cui gli USA tentano di entrare accanto ad Ankara, dando e chiedendo. Del resto, Erdogan ha fatto del bilanciamento multipolare, la cifra strutturale della sua strategia geopolitica.
Il caso turco ci serviva sia per aggiornare il quadro delle relazioni complesse con vertice turco, sia per mostrare quanto sono complesse. Si possono contare almeno 25 stati a corona coinvolta nelle relazioni con Ankara, di cui tre potenze (USA-Russia-Cina), per sei macroaree -Asia-Arabia-Africa-Europa-America-Mediterraneo-, con molteplici interrelazioni militari, economiche, cultural-religiose, energetiche, migratorie, geopolitiche, competitive e cooperative.  
Questa materia (la geopolitica di oggi e domani) è fatta così. Capirete allora come il farsi prender dall’ansia del giudizio, per giunta litigioso, prima ancora di aver capito neanche il 10% dell’argomento, di questo o di altri casi, esponga i più al ridicolo. Quelli poi che ne minimizzano la complessità vanno di slancio anche oltre il ridicolo, cosa da sottolineare e che era poi il fine implicito del faticoso post.  
[Il post cita la scansione degli argomenti ma non segue del tutto i contenuti dell'articolo di Ria Novosti che allego comunque per correttezza editoriale:  https://ria.ru/20220522/ssha-1789945361.html]