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Tutti i nostri 'errori' pro jihadisti

di Massimo Fini - 16/12/2024

Tutti i nostri 'errori' pro jihadisti

Fonte: Massimo Fini

Eh già. Adesso si ammette che l’aggressione all’Iraq del 2003 fu un errore perché nelle prigioni di Saddam
Hussein si formarono gli al-Qaedisti, non ancora Isis, e quell’”errore” costò dai 650 mila ai 750 mila morti
molto di più di quelli provocati dal rais di Baghdad prima della sua caduta.
Eh già. Adesso si ammette, sia pur obtorto collo, che l’aggressione alla Serbia del 1999, governo D’Alema,
oltreché illegittima, fu un errore, perché rafforzò la componente islamica nei Balcani che, diventata Isis, è
oggi a un passo da noi. Ma questo “errore” causò circa seimila morti, equamente divisi fra i serbi e gli
albanesi kosovari che pur si diceva di voler difendere. Qualche collaboratore del Fatto che aveva sostenuto
quell’aggressione si è pentito, D’Alema no. Aver detto questa verità alla trasmissione di Floris, Ballarò,
presente D’Alema, mi causò l’embargo su tutti i programmi Rai e Fininvest.
Eh già. Oggi si ammette, ma solo dopo che siamo stati vergognosamente sconfitti, che l’invasione
occidentale e soprattutto americana in Afghanistan, guerra condotta per motivi puramente ideologici, è
stata un “errore”. Ma questo “errore” ha provocato circa 400 mila morti fra gli afghano-talebani, cifra al
ribasso perché, si sa, gli afghani, soprattutto se talebani, non sono uomini come tutti gli altri.
Eh già. Che l’aggressione alla Libia del colonnello Mu’ammar Gheddafi oltre che un “errore” sia stato un
orrore non lo si ammette. Ma parlano i fatti. Oggi la Libia come Stato non esiste più. Ha un governo
fantoccio a Tripoli sostenuto dall’Onu e dagli occidentali, che conta meno di niente, e un centro di potere,
sia pur limitato, a Bengasi sotto il controllo del tagliagole Haftar. Tutto il resto è un gozzillaio di milizie, dove
spadroneggiano gli Isis ai quali i “mercanti di morte” devono pagare una taglia per salpare dalle sue coste.
Qual era la colpa di Gheddafi? Aver favorito gli esponenti della sua tribù, i Warfalla. Ma all’epoca di
Gheddafi la Libia era un Paese tranquillo dove i turisti accorrevano per vedere le rovine romane di cui la
Libia ha importanti reperti. Non c’erano in Libia le spaventose prigioni di oppositori come invece è adesso.
Eh già. Gli occidentali plaudirono al golpe che defenestrò i Fratelli Musulmani che avevano vinto nel 2012 le
prime elezioni libere in Egitto. Il pretesto era che i Fratelli avrebbero instaurato una dittatura. In realtà in
nome di una presunta dittatura si legittimava quella precedente. Ai Fratelli che non avevano introdotto
nessuna legge tipo Shar’ia, si imputava di non esser stati efficienti. Se questo criterio dovesse essere
adottato, poniamo, in Italia sarebbe legittimo un golpe all’anno. Il risultato è che una frangia dei Fratelli si è
data all’Isis. E il doloroso paradosso è che ad attuare il golpe fu il braccio destro di al-Sisi. Risultato:
abolizione di tutti i diritti civili e circa 222 mila desaparecidos oltre ad altri di cui non sappiamo più nulla
perché la dittatura di al-Sisi ha abolito ogni opposizione e messo l’embargo sulle notizie spiacevoli che
potrebbero arrivare all’estero. Patetica è la richiesta del governo e della magistratura italiana di chiamare a
rispondere il governo egiziano per la tortura e l’uccisione di Giulio Regeni (sia detto di passata: molto
ingenua, sprovveduta e quasi criminale fu la pretesa dell’Università di Cambridge, in cui Regeni stava
facendo un dottorato, di sondare i sindacati ‘autonomi’ egiziani. Forse era una delle poche volte in cui i
servizi segreti egiziani avevano qualche ragione di sospettare). Dubito molto che al-Sisi si presenti al
Procuratore capo di Roma per dare qualche informazione sugli assassini e i torturatori di Regeni. Sarebbe
molto meglio che con questa inutile farsa la si faccia finita una volta per tutte. Oggi l’Egitto di al-Sisi, altra
tragica ironia, si propone come mediatore fra gli estremisti islamici di Hamas e il governo di Netanyahu.
Abbiamo molti lucrosi traffici con l’Egitto e il denaro, si sa, “non olet”.
Eh già. La stessa inversione di responsabilità si è attuata in Algeria nel 1991 quando il FIS, Fronte Islamico di
Salvezza, per nulla radicale, che aveva vinto regolarmente le elezioni, fu tolto di mezzo da un golpe
appoggiato da tutto l’Occidente. E che fece allora l’ala più radicale del FIS? Quello che avrebbero fatto in
seguito i Fratelli Musulmani, aderì all’islamismo radicale con una conseguente, sanguinosissima, guerra
civile. Per aizzare l’odio contro i dissidenti il governo algerino incendiava e metteva a ferro e fuoco i villaggi.
In un’intervista un colonnello francese, che stava con i generali, confermò questa strategia del massacro.
Insomma le elezioni ci vanno bene quando le vinciamo noi, gli occidentali o i nostri amici, sono nulle se le
vincono i nostri avversari. Il solito doppiopesismo.
Cambiamo scenario. La Siria. Qui, apparentemente, gli occidentali non hanno alcuna responsabilità. Assad è
stato appoggiato da Iran, Russia, Cina, Corea del Nord, Egitto e Iraq. Ma in Occidente si fa fatica ad
ammettere che i veri vincitori sono gli islamisti radicali di Hayat Tahrir al Sham guidati da al Jolani. Al Jolani
si presenta come moderato e cerca di rassicurare l’Occidente facendo dimenticare le sue adesioni ad al-
Qaida e all’Isis. Non credo proprio che ciò basti. Questa sua moderazione o si dimostrerà una finzione e
avrà breve durata o se finzione non è al Jolani sarà messo da parte dai “duri e puri” dell’Isis il cui obbiettivo
non riguarda storie locali, di cui peraltro approfitta, ma la distruzione dell’intero Occidente. E dubito molto
che Isis si lasci sfuggire un’occasione così favorevole cioè di instaurare uno Stato Islamico non più in una
regione ristretta, come fu a Raqqa e Mosul, ma al centro del mondo in un “mucchio selvaggio” che
coinvolge tutti, tranne le realtà, e anche qui in modo limitato, dei Paesi sudamericani. Gli Isis sono i più
forti, i più coraggiosi, anche perché hanno la vocazione al martirio che altri gruppi islamisti non hanno. Gli
Isis avranno ragione in Siria e non solo, anche perché gli “errori” dell’Occidente hanno contribuito a crearli.
Gli occidentali, e non solo loro, hanno poco di che gioire per la defenestrazione di Assad. Oggi al posto di
Assad c’è un radicalismo islamista che ha dimensioni mondiali.