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Ucraina, una guerra per procura

di Giacomo Gabellini - 29/10/2016

Ucraina, una guerra per procura

Fonte: Italicum

 

 

 

 

1. L'Ucraina, nell'attuale guerra civile secessionista che contrappone filorussi e antirussi, vuole rivendicare una propria identità nazionale nei confronti della Russia. Tuttavia le origini etniche e culturali del nazionalismo ucraino appaiono assai labili sul piano storico. La composizione multietnica e multiculturale della popolazione ucraina denota la mancanza di una memoria condivisa. Paradossalmente, gli alleati del nazionalismo ucraino sono oggi la Francia, la Germania, la Polonia e, purtroppo l'Italia, tutti gli stati invasori dell'Ucraina nei secoli passati. Il nazionalismo ucraino non è definito quindi solo in funzione antirussa, in una guerra civile in cui gli interessi esterni prevalgono su quelli nazionali?

 

Il carattere fortemente polarizzato dell’odierna struttura sociale ucraina è testimoniato dal fatto che, nell'immaginario collettivo di una parte consistente dell'opinione pubblica, le statue di Lenin che troneggiano in a Kiev, a Donec'k e in molte altre grandi città simboleggino lo storico predominio della Russia, che nel 1917 fece capitolare la resistenza menscevica impedendo l'indipendenza della nazione dalla nascente Unione Sovietica, all'interno della quale l'Ucraina avrebbe svolto una funzione ben precisa secondo la ripartizione economica, lavorativa e culturale imposta da Mosca. Si tratta indubbiamente del punto di vista condiviso delle frange cattolico-uniati residenti nelle zone occidentali del Paese, gravitanti attorno alla Galizia, alla Rutenia sub-carpatica e alla metropoli austro-ungarica di Leopoli, che subiscono l'influenza culturale polacco-lituana e si pongono in netto antagonismo rispetto alla Russia, identificata come storica potenza imperialistica responsabile di decenni di oppressione. Questo orientamento politico cozza con la visione di cui sono portatrici le popolazioni russofone e ortodosse residenti nelle regioni orientali e meridionali del Paese, secondo le quali la collocazione strategica dell'Ucraina è tassativamente a fianco di Mosca. Esse considerano l'indipendenza nazionale ottenuta nel 1991 alla stregua di una secessione forzata, che ha privato lo spazio spirituale e geopolitico russo di una fondamentale ed imprescindibile componente. L'evidente, inconciliabile discordanza tra le parti in conflitto rispecchia quindi la differente opinione che gli ucraini hanno riguardo al genere di rapporto che Kiev dovrebbe stringere con Mosca. Il che significa che la stessa definizione di identità nazionale elaborata tanto dai russofobi quanto dai russofili scaturisce da una diversa visione della Russia, e nasce proprio in contrapposizione ad essa. Il presunto anelito "europeista" che la maggior parte degli osservatori internazionali ha ritenuto fosse alla base delle sommosse del 2014 non era altro che un semplice riflesso di questa profonda spaccatura, e il rinvio a tempo indeterminato della firma relativa all'associazione dell’Ucraina all’Unione Europea l'evento catalizzatore che ha fatto degenerare la situazione.

 

2. Nel conflitto ucraino si è manifestata la riviviscenza di imperialismi vecchi e nuovi. Attraverso l'inserimento dell'Ucraina nella UE sembrano riproporsi le storiche ambizioni espansionistiche della Germania per la conquista di uno "spazio vitale" nell'est europeo (das neues Lebensraum). Mediante il coinvolgimento dell'Ucraina nella Nato viene portata a compimento la strategia espansionista americana in Eurasia già teorizzata da Brzezinski. Una UE a guida tedesca allineata con gli USA, ma subalterna alla potenza americana, non è in aperta contraddizione con gli interessi geopolitici europei basati sulla secolare cooperazione e l'equilibrio strategico con la Russia, come del resto fu orientata la politica europea prima della fine dell'URSS?

 

Indubbiamente. L’Unione Europea può trovare legittimazione solo ed esclusivamente in funzione della creazione di uno spazio geopolitico coeso e indipendente in grado di far valere i propri interessi su scala globale. Obiettivo perseguibile unicamente mediante l'instaurazione di un rapporto di alleanza con la Russia, che preveda una stretta collaborazione con Mosca in tutta una serie di settori (economia e sicurezza in primis). La creazione di un blocco coeso da Lisbona a Vladivostok avrebbe, per risorse, competenze tecnologiche, forza militare e potenza economica, tutte le carte in regola per imporsi come principale polo geopolitico del pianeta, in grado di relegare la potenza talassocratica statunitense a un ruolo marginale. Benché il crollo dell'Unione Sovietica rappresentasse un'occasione irripetibile per virare verso un'indipendenza europea, i dirigenti del continente cresciuti all'ombra del Muro di Berlino e portatori di una concezione obsoleta e antistorica hanno ritenuto più vantaggioso rendere l'Europa un satellite degli Stati Uniti. In ciò, non hanno fatto altro che realizzare il programma della Cia, che fin dagli anni '50 aveva messo in cantiere un progetto finalizzato a federare gli Stati del Vecchio Continente per meglio ancorarli all'architettura geopolitica incardinata su Washington.

 

3. Vari personaggi autorevoli del '900 tra cui Aleksandr Isaevič Solženicyn ed Henry Kissinger si dichiararono contrari ad una eventuale secessione dell'Ucraina dalla Russia. La presenza di radici storico - culturali comuni ed interessi geopolitici rilevanti, legati alla stabilità dell'area dell'Europa orientale configuravano l'Ucraina come un territorio ormai assimilato alla Russia. Anzi, l'Ucraina rappresentò la principale fonte di resistenza all'invasione tedesca della Russia, mentre i nazionalisti ucraini furono collaborazionisti dei nazisti. La fine dell'influenza russa sull'Ucraina non farebbe venir meno la stessa componente europea dell'identità nazionale della Russia, che diverrebbe una potenza asiatica? Una Russia divenuta potenza asiatica, non costituirebbe una grave menomazione della stessa identità di una Europa già teorizzata da De Gaulle come potenza continentale estesa dall'Atlantico agli Urali?

 

Anche se privata della capacità di influire sull'Ucraina, la Russia continuerebbe comunque ad essere un Paese culturalmente europeo. Si ricordino le critiche mosse da Leone Ginzburg, il grande intellettuale di Odessa ucciso dalla Gestapo nel 1944, a Gobetti, il quale tendeva a considerare la Russia qualcosa di altro rispetto all'Europa conformemente allo spirito russofobo sorto un po' ovunque a partire dalla diffusione del falso testamento di Pietro il Grande ad opera dei francesi. Sul piano strategico, è evidente che sottraendo alla sfera egemonica russa una componente importantissima come l'Ucraina si ridimensionerebbe considerevolmente l'influenza geopolitica di Mosca sul Vecchio Continente. Quello di erigere una barriera atta a separare la Russia dall'Europa è del resto l'obiettivo ostinatamente perseguito in tempi recenti da strateghi del calibro di George Kennan e Zbigniew Brzezinski, ma che in passato era stato posto in cima alla scala delle priorità da Luigi XV, il quale era convinto che occorresse costituire un'unione tra Francia, Prussia, Polonia e Turchia per opporre un solido argine difensivo dal paventato espansionismo moscovita. Che gli Stati Uniti mirino a inserire un cuneo tra Mosca e il Vecchio Continente è comprensibilissmo. Che gli europei si prestino a pratiche del genere è invece assurdo, perché così facendo non si fa altro che spingere la Russia nell'angolo. L'accordo russo-cinese del maggio 2014 è la diretta conseguenza della miopia strategica europea, e il fatto che buona parte del gas che Mosca si è impegnata a fornire alla Cina provenga dalla Penisola di Yamal rappresenta un chiaro messaggio a Bruxelles, visto che gli europei coprono una porzione assai rilevante del proprio fabbisogno energetico proprio con il metano russo estratto dalla medesima penisola.

 

4. Le sanzioni imposte alla Russia da USA e UE, hanno recato danni rilevanti alle economie europee, ma hanno rafforzato il nazionalismo russo e la popolarità di Putin. Le sanzioni hanno determinato nuove alleanze strategiche della Russia con la Cina e l'Iran. Sono sorte inoltre nuove aree di cooperazione economica e di libero scambio tra la Russia e l'Asia alternative e concorrenti rispetto a quelle euro - atlantiche (il TTIP è prossimo al fallimento), e transpacifiche tuttora di difficile realizzazione. Il primato dei paesi esportatori di greggio legati all'OPEC è stato ridimensionato. Il primato del dollaro come valuta mondiale di riserva viene contrastato da nuove aree di scambio (vedi Russia - Cina), alternative alla divisa statunitense. Il conflitto ucraino non potrebbe comportare un duro colpo al processo di globalizzazione dominato dalla super potenza americana?

 

La crisi ucraina ha impresso una forte accelerazione a processi che erano già in atto. L'accordo energetico con la Cina, l'esclusione del dollaro da gran parte degli scambi bilaterali, l'appoggio russo al restauro dell'antica Via della Seta da parte della Cina e il lancio di progetti di ampio respiro quali l'istituto finanziario dei Brics e l'Asian Infrastructure Investment Bank rappresentano dei duri colpi al sistema economico e geopolitico che garantisce la supremazia degli Stati Uniti. Nel muovere i propri pezzi sulla "grande scacchiera", Putin ha dimostrato di possedere le doti del grande stratega. Non si può dire la stessa cosa di Obama e dei centri dominanti statunitensi, che forzando l'Unione Europea ad applicare le sanzioni alla Russia hanno alimentato forti malumori all'interno non solo di Paesi cruciali della Nato come la Germania e l'Italia, ma anche di Stati dell'Europa orientale – come la Repubblica Ceca e la Slovacchia – che rappresentano la periferia fordista dello hub industriale tedesco. Malumori che Mosca ha sapientemente sfruttato per rendere sempre più evidente ed anche allargare la frattura tra i governi collaborazionisti di Washington e le popolazioni che si trovano a subire gli effetti della iper-controproducente politica sanzionatoria imposta contro la Russia. È in buona misura a ciò che si deve il sostanziale fallimento del megaprogetto di libero scambio trans-atlantico in favore del quale l'amministrazione Obama aveva speso buona parte del proprio capitale politico.

 

5. Il conflitto ucraino è attualmente in una fase di stallo. Soluzioni in tempi brevi sono impensabili. Il ritorno della Russia come protagonista sulla scena internazionale nei conflitti mediorientali potrebbe sancire la nascita di una nuova geopolitica mondiale multipolare. Gli attuali conflitti mediorientali e nordafricani hanno evidenziato un declino della superpotenza americana, che non è più in grado di dominare gli equilibri geopolitici di vaste aree del pianeta. Questo declino americano resosi evidente in Medio Oriente, non potrebbe generare uno nuovo revanscismo degli USA in Ucraina con nuove iniziative di aggressione militare della Nato (specie nell'eventualità dell'avvento alla presidenza americana di Hillary Clinton)? Gli USA in Ucraina hanno messo in atto una strategia di logoramento nei confronti della Russia, ma, come la storia insegna, tali manovre non comportano alla lunga il logoramento più della potenza occupante che del paese occupato?

 

Il declino relativo degli Stati Uniti è un fatto oggettivamente incontestabile (si pensi allo sgretolamento interno favorito dai sempre più ricorrenti scontri a sfondo razziale), da cui sembrano scaturire forme di nazionalismo molto differenti tra loro. Da un lato, si registra il successo di un candidato collocabile agli estremi dello spettro politico statunitense come Donald Trump, con il suo approccio pragmatico (che alcuni hanno definito "neo-isolazionista") volto a restituire agli Usa la grandezza perduta affrontando i propri problemi interni e ridimensionando drasticamente la loro sovraesposizione politica, militare e finanziaria. Dall'altro lato, è difficile non osservare le difficoltà in cui sta imbattendosi Hillary Clinton, nonostante disponga di tutti gli strumenti che tradizionalmente fanno la differenza in chiave elettorale. Ha un efficientissimo collettore di fondi, una fondazione di famiglia tra le più potenti degli Stati Uniti, un consigliere navigato come il marito Bill e decenni di carriera alle spalle. Gode dell'appoggio di Wall Street, dei neoconservatori e del complesso militar-industriale. Segno che ampi strati della popolazione Usa stanno cominciando ad averne abbastanza di un sistema così squilibrato che si alimenta diffondendo distruzione creatrice in giro per il mondo. L'eventuale vittoria (tutt'altro che scontata) del fronte che sostiene la Clinton si tradurrebbe quasi sicuramente in radicalizzazione della politica anti-russa portata avanti da Obama e dalla Nato, ma credo che questa linea operativa abbia ormai esaurito la propria spinta propulsiva e non abbia più sbocchi. Alimentare il revanscismo ucraino si è rivelato utile a rovesciare Janukovyč e a far salire al potere una classe dirigente estremamente russofoba, ma questo ha prodotto la guerra civile che si protrae ancora oggi e alimentato l'attività predatoria di una classe di oligarchi che non ha fatto altro che aggravare la situazione economica, già drammatica di suo, in cui versava il Paese. Il Fondo Monetario Internazionale non potrà continuare in eterno ad erogare finanziamenti a fondo perduto che suppliscono alla mancanza di una reale economia nazionale ucraina e che consentono al regime di Kiev di sventare il collasso  statale. Prima o poi il flusso di denaro si interromperà ed a quel punto anche gli oltranzisti di Pravyi Sektor, di Svoboda e dei vari battaglioni paramilitari di fede neo-nazista si vedranno costretti a prendere atto che se l'Ucraina vorrà funzionare come Stato, non avrà altra scelta che sfruttare la sua posizione geografica di ponte tra Europa e Russia. Se lo ha compreso persino una navigata ed incorreggibile oligarca come Julija Tymošenko, non c'è ragione per cui non possano farlo anche gli altri.

Intervista a cura della redazione di Italicum a Giacomo Gabellini autore del libro "Ucraina, una guerra per procura"

Arianna Editrice 2016