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Una fetta di torta: la nuova normalità della politica estera di Trump

di Pepe Escobar - 01/05/2017

Una fetta di torta: la nuova normalità della politica estera di Trump

Fonte: SakerItalia

Ecco il Comandante in Capo della  Scuola di Politica Estera della Bella Fetta di Torta di Cioccolato, che spiega la prossima mossa sulla Corea del Nord


“Stiamo mandando una armada, molto potente. Abbiamo sottomarini, molto potenti. Molto più potenti delle portaerei.  Ve lo garantisco”

[nel video di Fox Business, il Presidente Trump sbaglia il paese che gli Stati Uniti hanno bombardato: nomina l’Iraq invece della Siria, ma ricorda la bella fetta di torta al cioccolato che stava mangiando insieme al Presidente cinese Xi]

 

 

Bombardare una Corea del Nord armata di bomba nucleare è come se fosse tutta una torta al cioccolato, come bombardare con missili Tomahawk una base aerea semi-deserta in Siria. Ma questo è il bello di una politica estera stile “scatola di cioccolatini”: non sai mai quale prenderai.

Prima la NATO era “obsoleta”, poi non lo era più. Prima la Cina speculava con la valuta, poi non speculava più. Non ci sarebbero state più avventure in Medio Oriente, ora invece si torna indietro e si bombarda la Siria. Con la Russia si sarebbero potuti stringere accordi soprattutto su petrolio e gas, mentre un remix del “divide et impera” alla Kissinger tenta di mandare in fumo la partnership strategica tra Russia e Cina. Eppoi la Russia è cattiva perché appoggia l’“animale” (sic!) Assad.

Però alcune (altre) cose non cambieranno mai: l’Iran continuerà ad essere demonizzato, la combinazione NATO-Consiglio di Cooperazione del Golfo continuerà ad essere rafforzata, la Dinastia Saudita che terrorizza lo Yemen continuerà ad essere uno stretto alleato della Guerra Globale al Terrore.

E’ come se tutta la macchina disfunzionale dell’amministrazione Trump fosse diventata prigioniera del suo stesso dovere di giustificare i dietrofront e le sfacciate bugie di un Comandante in Capo con i “Tomahawks al cioccolato”, dal momento che prima la sua forza derivava dallo smascherare le bugie e l’ipocrisia innate nel legame tra establishment americano e “Stato Profondo”.

Xi è al telefono
L’intelligence russa può aver ben dedotto – correttamente – che lo scopo principale della visita del Segretario di Stato “T.Rex” Tillerson a Mosca era quello di abbassare il più possibile il livello di questo gioco ad alto rischio, dal momento che Trump si muove verso il confronto con Pyongyang. Semplicemente, Washington non può gestire crisi multiple e simultanee in Siria, Ucraina, Corea del Nord, Afghanistan,  Mare Cinese Meridionale .
La probabile scadenza è il 9 maggio, data delle elezioni presidenziali della Corea del Sud, che potrebbe fermare ogni attacco degli Stati Uniti contro la Corea del Nord.

I media giapponesi e sud coreani stanno istericamente riportando la notizia del dispiegamento di 150.000 unità dell’Esercito di Liberazione Popolare cinese (parte dei gruppi militari 16°, 23°, 39° e 40°) sul confine tra Cina e Corea del Nord. Queste unità non sono forze di aggressione, piuttosto coordinano le azioni per gestire una crisi di rifugiati, nel caso – scioccante – scoppi la Seconda Guerra di Corea.

Il Ministro della Difesa cinese ha diffuso una sorta di smentita non-smentita su questo dispiegamento. Ma l’elemento cruciale è stato la conseguente telefonata di Xi Jinping a Trump. Priorità numero uno,  smorzare le notizie crescenti diffuse dai media istituzionali americani che Pechino approverebbe un attacco statunitense contro la Corea del Nord (al contrario, Pechino era seriamente preoccupata). I media cinesi hanno evidenziato come Xi sottolineasse ad un volubile Trump che l’unica possibile via di uscita fosse quella di lavorare verso una pacifica denuclearizzazione della penisola coreana.

Priorità numero due, minimizzare la falsa notizia che Xi,  guardando la “torta Tomahawk al cioccolato” presso la villa di Mar-a-Lago di Palm Beach, avesse acconsentito ad ulteriori attacchi americani in Siria. Nella sua telefonata, Xi ha sottolineato che l’unica via d’uscita in Sira è la soluzione diplomatica.

Con la Scuola di Politica Estera della Bella Fetta di Torta di Cioccolato come nuova normalità, nessuno ha alcun indizio su quale sia la politica di Washington in Siria e chi la stia guidando (e questa era l’informazione chiave che il Ministro degli Affari Esteri Lavrov stava tentando di avere da Tillerson).

La politica precedente era ovvia: via libera alla frammentazione, con una enclave curda nel deserto orientale, gestita da delegati americani come i pochi curdo-siriani del Partito dell’Unione Democratica; annessione ad Israele di un’altra striscia delle Alture del Golan; un pezzo del nord alla Turchia, e abbastanza immobili per Sunniti e jidaisti vari.

Anche prima dello show dei Tomahawk, gli ufficiali dell’intelligence militare americana sparsi in Medio Oriente avevano seri dubbi su ciò che è diventata la versione ufficiale della Casa Bianca [in inglese] in merito all’attacco chimico di Idlib. Gli ex-paladini dell’intelligence americana, tra cui Ray McGovern, Phil Giraldi e Bill Binney, avevano addirittura scritto una relazione [in inglese] a Trump chiedendo indagini oneste e indipendenti, come avrebbe chiarito successivamente Lavrov nella conferenza stampa con Tillerson. La versione ufficiale è stata anche confutata [in inglese] da un professore del MIT come “totalmente falsa”.

Indipendentemente dal fatto che Trump sia stato illuminato da un video su YouTube degli Elmetti Bianchi, o sia stato bombardato dall’asse neoconservatori/neoliberalconservatori, i fatti non cambiano nella pratica.
Mosca semplicemente non cederà parte della sua sfera di influenza in Siria a Donald Trump o allo “Stato Profondo”.
La Russia ha quasi del tutto vinto la guerra siriana, prevenendo la formazione di un Emirato del Takfiristan ed eliminando la possibilità che jidaisti salafiti russo/ceceno/uzbeco si alleino con Jabhat al-Nusra e/o Daesh, per creare di nuovo il caos nel Caucaso. Per non parlare del fatto che più del 75% della popolazione siriana ora vive nelle zone del paese controllate da Damasco.

Nel dubbio, seminate il caos
Il partito della guerra, il complesso di esercito, industria, sicurezza e media, vuole la guerra, qualsiasi guerra: è buona per il business e per il rating. I neoconservatori vogliono la guerra per contrastare l’Iran. Il Professor Stephen Cohen è realisticamente allarmato [in inglese]. Nessuno sa per certo se Trump sia ora un mero ostaggio di “cane pazzo” Mattis e H.R. McMaster & Co., che crede di avere il comando, o se ha perfezionato una sorta di geniale, non twitterabile jiu-jitsu geopolitico.

Un analista dissidente dell’intelligence americana di stanza in Medio Oriente dipinge un quadro più fosco: “Gli Stati Uniti non tollereranno un’alleanza tra Russia e Cina che destabilizzi l’equilibrio delle potenze. La Corea del Nord e la Siria sono solamente pedine di un conflitto che non ha praticamente significato per loro. I Russi credono che gli Stati Uniti siano determinati ad andare in guerra contro di loro, mentre non sono sicuri sulle performance dei  loro missili di difesa S-500. I Russi dicono che ci saranno altre operazioni sotto falsa bandiera in Siria, mentre i Cinesi stanno rivedendo gli impegni degli Stati Uniti sulla base di quanto hanno visto in Siria”.

Il Presidente Putin ha affermato, per la cronaca, che Mosca non può fidarsi di Washington. La Russia ha pazientemente costruito la sua capacità di difesa missilistica, al punto tale che il suo spazio aereo potrebbe benissimo diventare impenetrabile prima della fine di questo decennio.

Lavrov ha parlato molte volte in passato di “caos gestito”, cioè il “metodo per rafforzare l’influenza americana” mettendo in atto “progetti” che “potrebbero essere realizzati lontano dagli USA, nelle regioni che sono cruciali per lo sviluppo globale economico e finanziario”.
La Scuola di Politica Estera della Bella Fetta di Torta di Cioccolato potrebbe aver costretto tutti a perdersi in una finzione. Ma Mosca – e Pechino – sembrano davvero vederla per ciò che è, cioè un’altra faccia di un caos ingestibile.

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Articolo di Pepe Escobar pubblicato da Sputnik News il 13 aprile 2017.
Traduzione in Italiano a cura di Elvia per SakerItalia.it