Una Guerra Grande infinita?
di Luigi Tedeschi - 01/11/2024
Fonte: Italicum
La Guerra Grande si espande e coinvolge gradualmente tutta la geopolitica mondiale. E’ in gioco il primato globale dell’Occidente. Il conflitto si estende e diviene incontrollabile, dato che Israele è fuori controllo. I bombardamenti indiscriminati effettuati da Israele a Gaza ed estesi a Libano e Siria, unitamente alle uccisioni di vari esponenti di vertice iraniani e di Hezbollah, hanno suscitato veementi reazioni di avversione da parte dell’opinione pubblica internazionale e degli stati del Sud del mondo nei confronti dello Stato ebraico e dell’Intero Occidente. Questa guerra, condotta da Israele in aperta violazione del diritto internazionale e sostenuta incondizionatamente dagli USA, è un conflitto senza orizzonti strategici, che si rivela, nella sostanza, una guerra coloniale volta a ripristinare, mediante la destabilizzazione del Medio Oriente, il dominio dell’Occidente nell’area.
La saldatura del conflitto ucraino con quello mediorientale
La guerra russo – ucraina e quella mediorientale sono due fasi distinte ma collegate, di una guerra che, unitamente al potenziale conflitto tra Stati Uniti e Cina nell’Indo – Pacifico si collocano nel contesto di un’unica Guerra Grande globale che ha per protagonisti gli USA e gli alleati occidentali schierati contro la Russia, l’Iran e l’Asse della Resistenza, col sostegno della Cina e di larga parte del Sud del mondo. I due conflitti quindi si saldano nell’ottica di una contrapposizione tra il dominio globale - unilaterale degli USA e gli Stati – Civiltà, quali esponenti di un nuovo ordine multilaterale emergente nella nuova geopolitica mondiale.
Parallela è infatti la strategia di innalzamento del livello dei conflitti messa in atto sia da Zelensky che da Netanyahu. Zelensky, con l’operazione di Kursk vuole colpire la Russia all’interno del suo territorio, al fine di provocarne una reazione di vasta portata, tale da coinvolgere direttamente nel conflitto la Nato, gli USA e la UE. Netanyahu, mediante l’estensione del conflitto a Libano e Siria, vuole, non solo mantenere la sua leadership assai contestata in Israele, ma provocare una guerra aperta con l’Iran, che implichi l’intervento diretto degli USA.
I contraccolpi di tali azioni belliche sono evidenti e gli effetti potrebbero rivelarsi incontrollabili. Con l’invasione di Kursk, Zelensky ha conseguito solo un effetto mediatico, idoneo unicamente ad ottenere nuove forniture missilistiche dalla Nato, con l’obiettivo di colpire in profondità il territorio russo. L’operazione di Kursk avrebbe successo solo se comportasse un innalzamento del livello del conflitto. Ma per invadere il territorio russo, l’Ucraina ha distolto una massa rilevante di truppe dal fronte del Donbass, favorendo una poderosa avanza dei russi.
Netanyahu, con gli incessanti bombardamenti su Gaza e Libano, non ha distrutto l’Asse della Resistenza, ma ha solo suscitato l’odio generalizzato dei popoli musulmani a livello mondiale. Con l’uccisione dei leader di Hamas ed Hezbollah, Israele non ha decapitato l’élite di tali organizzazioni, che hanno una struttura di base orizzontale, con profondo radicamento nelle popolazioni, che rende la sostituzione dei loro esponenti di vertice assai rapida. Può solo ottenere l’effetto di generare sempre nuovi e più numerosi militanti. Israele sostiene che tali bombardamenti, che coinvolgono la popolazione civile, hanno il solo scopo di eliminare i terroristi. Come se l’Italia, per arrestare Messina Denaro avesse bombardato Trapani.
Nella Guerra Grande l’Occidente, dopo aver fallito l’obiettivo di destabilizzare la Russia con le sanzioni e determinarne il default, ha tuttavia conseguito il risultato di compattare i propri nemici generando l’inedita alleanza tra Russia e Cina, oltre ad aver potenziato lo schieramento dei BRICS e innescato un processo di dedollarizzazione dell’economia mondiale. Allo stesso modo, in Medio Oriente l’Occidente ha determinato, con gli omicidi per mano israeliana di numerosi leader iraniani, una sempre più stretta alleanza tra Russia e Iran. La Russia, che non può far crollare l’Iran, si appresta a creare una importante partnership strategica con l’Iran stesso. Ma per gli USA, un coinvolgimento massiccio della Russia in Medio Oriente, potrebbe avere l’effetto di distoglierne rilevanti risorse dal fronte ucraino e tale sovraesposizione bellica potrebbe alla lunga logorarla. Inoltre, una marcata presenza russa nell’area, potrebbe costituire il pretesto per un intervento americano contro l’Iran a supporto di Israele.
Ucraina e Medio Oriente: due guerre per procura
La Guerra Grande si svolge in perfetta coerenza con la strategia americana di dominio indiretto dell’Europa e del Medio Oriente. Il disimpegno americano nel mondo non ha mai significato isolazionismo. Gli USA hanno rinunciato al ruolo di gendarme del mondo, in quanto la loro sovresposizione armata li ha condotti, dal 2° dopoguerra in poi, ad intraprendere troppe guerre prolungate dall’esito sfavorevole. La superpotenza americana, da Obama in poi, ha imposto il suo primato nel mondo tramite l’azione delle potenze regionali alleate.
Pertanto, sia il conflitto russo – ucraino che quello mediorientale si configurano come guerre americane per procura. In questa ottica devono essere interpretate sia l’espansione della Nato ad est in Europa (con relativo riarmo europeo), che il ruolo di potenza regionale assunto da Israele nell’area mediorientale.
Quella russo – ucraina è una guerra della Nato contro la Russia condotta per procura dall’Ucraina con il sostegno della UE e della Gran Bretagna, che ha comportato, con la rottura dei legami economico – energetici con la Russia, effetti devastanti per l’Europa. E’ stata estesa la presenza della Nato in Europa con l’adesione di Svezia e Finlandia, largamente ridimensionata la potenza economica tedesca, con la fine delle forniture di gas russo a basso costo, si è innescato, con la politica protezionista americana, un progressivo processo di deindustrializzazione del Vecchio Continente e di delocalizzazione della base produttiva europea negli USA.
Israele ha intrapreso una guerra totale contro i palestinesi, il Libano e la Siria, agisce fuori dal diritto internazionale, e, pur di raggiungere i suoi obiettivi (pulizia etnica palestinese e realizzazione del Grande Israele), aggredisce perfino le forze di pace dell’ONU, di cui, dal ’47 in poi, non ha mai rispettato alcuna direttiva. Israele è incontrollabile in virtù dell’incondizionato sostegno armato fornitogli dagli USA, può illimitatamente alzare il livello del conflitto perché è rimasto l’unico ed indispensabile alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente. Dopo il 7 ottobre è venuta meno la sua deterrenza strategica, che potrebbe essere ristabilita solo con l’eliminazione di tutti i suoi nemici. Non è più il “cane pazzo, troppo pericoloso per essere disturbato”, come lo definì Moshe Dayan, ma si comporta come se lo fosse e ciò rende gli effetti della sua guerra ancor più devastanti ed imprevedibili.
Israele è parte integrante dei disegni egemonici americani nell’area. Si evidenzia infatti una perfetta coincidenza tra la politica aggressiva di Israele ed i progetti espansionistici dei neocon americani (sostenitori della Harris) e tra gli ebrei ortodossi e gli evangelici USA accomunati in una simbiosi teologica (sostenitori di Trump).
La guerra per il ripristino della sicurezza israeliana è del tutto convergente con i disegni egemonici americani nel Medio Oriente. Con la pulizia etnica e/o deportazione della popolazione palestinese, la distruzione del Libano, la destabilizzazione di Siria e Iran, l’asse israelo – americano vuole innescare un conflitto che conduca alla balcanizzazione dell’intero Medio Oriente. Si vuole imporre quindi il ripristino del Patto di Abramo estensibile anche all’Arabia Saudita, distruggere la Via della Seta (che transita dalla Cina al mediterraneo via Iran), e sostituirla con la Via del Cotone, che partendo dall’India attraverserebbe l’Arabia Saudita e Israele, rendendo Haifa lo hub più importante del traffico commerciale del medio oceano, a discapito del Canale di Suez. Tra l’altro, a causa dell’azione degli Houthi nel Mar Rosso, le entrate dell’Egitto derivanti dal transito del Canale hanno subito già un tracollo.
E’ evidente che tale ristrutturazione del Medio Oriente presuppone l’assurgere di Israele al rango di potenza egemone, che garantisca la sicurezza e l’influenza dominante americana nell’area. In realtà, gli americani stanno riproponendo la stessa strategia di destabilizzazione del Medio Oriente già messa in atto con le primavere arabe, la guerra alla Siria e il conflitto tra sciti e sunniti in cui sorse il califfato dell’Isis, sostenuto più o meno occultamente da Arabia Saudita e USA.
Ma tali velleità espansionistiche israelo – americane non sono più proponibili (così come la resurrezione del patto di Abramo), in un contesto geopolitico mediorientale del tutto mutato. L’Asse della Resistenza, con il sostegno iraniano e russo ha sconfitto l’Isis, stabilizzato la Siria, esteso a Iraq e Libano l’area di influenza dell’Iran, a discapito degli USA che oggi dispongono di un solo alleato: Israele. E’ stata inoltre siglata la pace tra Arabia Saudita e Iran sotto gli auspici della Cina. Aggiungasi infine che una tale estensione del conflitto implicherebbe, oltre al sostegno aereo – missilistico, anche l’invio di consistenti truppe statunitensi. Prospettiva per ora rigettata dagli USA, ma che dopo le elezioni presidenziali potrebbe realizzarsi.
Ma il problema fondamentale è costituito dal fatto che l’Occidente ha intrapreso i conflitti della Guerra Grande senza obiettivi strategici definiti. Nella guerra ucraina gli USA, dopo ricondotto l’Europa sotto il dominio atlantico, non sono in grado nemmeno in grado di prefigurare un nuovo equilibrio politico europeo che ponga fine al conflitto. La sconfitta dell’Ucraina, che appare oggi assai probabile, coinvolgerebbe la stessa Nato e comporterebbe effetti destabilizzanti estesi a tutta l’Europa dagli esisti imprevedibili. Nel Medio Oriente sono del tutto ignote ad oggi sia la durata che l’estensione che potrebbe assumere questa guerra, oltre al futuro politico di Israele e il suo ruolo nell’area all’indomani del conflitto.
L’Occidente, così come accadde agli americani in Vietnam, Iraq e Afghanistan, potrebbe impantanarsi in conflitti infiniti ed uscirne logorato e ridimensionato nella geopolitica mondiale.
L’obiettivo è l’Iran
Israele alza sempre più il livello del conflitto al fine di provocare una reazione iraniana talmente devastante da rendere inevitabile un intervento diretto americano che sfoci in una guerra aperta tra USA e Iran.
Gli USA supportano Israele fornendogli il 90% degli armamenti. Israele è un piccolo paese con 9 milioni di abitanti (tra cui 2 milioni di arabi), ed è una potenza nucleare. L’Iran dispone di un vasto territorio, ha 90 milioni di abitanti ed è uno dei maggiori produttori di greggio e gas del mondo. Tuttavia ha adottato nel conflitto un atteggiamento prudente, dato che non sarebbe in grado di sostenere un confronto aperto con gli USA. Aggiungasi inoltre, che da almeno 20 anni, è nel mirino dei neocon, che annoverano alcuni esponenti non contrari all’opzione nucleare.
Israele punta all’allargamento del conflitto per ristabilire la propria deterrenza, quale unica potenza nucleare dell’area, oltre a vantare una rilevante superiorità tecnologica nei confronti dell’Iran. Pertanto è indispensabile per Israele neutralizzare l’Iran, che è già dotato del nucleare civile (e per questo è sottoposto alle sanzioni americane), prima che quest’ultimo diventi a sua volta una potenza nucleare. Lo stato ebraico quindi sta offrendo agli USA l’occasione di chiudere definitivamente i conti con l’Iran. Sebbene l’Iran non sia in grado di sostenere un tale confronto, Israele non dispone tuttavia di armamenti e truppe sufficienti per abbattere l’Iran. Si renderebbe pertanto necessario un intervento americano nella guerra.
Una sconfitta strategica dell’Iran, farebbe venir meno la sua area di influenza nel Medio Oriente e segnerebbe la scomparsa dell’Asse della Resistenza. L’Iran ha un essenziale ruolo strategico nel Medio Oriente come produttore energetico, esponente di spicco nel gruppo dei BRICS e fondamentale via di transito della Via della Seta. Pertanto, una sconfitta dell’Iran avrebbe effetti devastanti anche per la Russia, in quanto comprometterebbe gravemente la sua influenza nell’Asia Centrale e per la Cina, che assisterebbe al tracollo della Via della Seta. Non a caso, la Cina ha intensificato le sue manovre aeronavali nell’area di Taiwan, allo scopo di far allentare la pressione militare americana sul Medio Oriente. Ma tali azioni non sembrano sortire alcun effetto.
La minaccia israelo – americana non farà che cementare l’intesa fra l’Iran, la Russia e la Cina. La fornitura di armi russe e il sostegno finanziario della Cina, sarebbero un valido supporto per l’Iran, ma che non sarebbe comunque adeguato per scongiurare l’aggressione di USA e Israele. Andrea Zhok nell’articolo “Conflitto aperto” del 02/10/2024, ipotizza quindi che la Russia potrebbe dotare l’Iran dei necessari armamenti di deterrenza nucleare: “Dunque fa capolino, a mio avviso, un'unica soluzione per stabilizzare l'area ed impedire che Israele + USA abbiano la tentazione di andare allo scontro finale con l'Iran: la consegna della Russia all'Iran di un contingente limitato di testate nucleari, magari anche solo tattiche”. In tal caso verrebbe ad istaurarsi un equilibrio di deterrenza che potrebbe impedire il deflagrare di un conflitto aperto.
La supremazia globale dell’Occidente è stata gravemente erosa negli anni dalle ripetute sconfitte americane in Afghanistan, Siria, Iraq e dalla progressiva perdita delle sue aree di influenza in Africa. Occorre inoltre rilevare che l’influenza iraniana in Medio Oriente è in crescita, così come il consenso del mondo per la causa palestinese. Israele, nonostante i 40.000 morti di Gaza, le sanguinose repressioni in Cisgiordania e gli indiscriminati bombardamenti in Libano, Siria e Yemen non è riuscito a piegare l’Asse della Resistenza. Quest’ultimo persegue una strategia di logoramento che in una guerra prolungata potrebbe risultare vincente, come accadde nelle guerre coloniali. USA e Israele, con l’appoggio della UE, mirano ad innescare un conflitto decisivo con l’Iran, la cui distruzione costituisce l’obiettivo finale di questa fase della Guerra Grande. Così si è espresso al riguardo Manlio Dinucci in un intervento su “ByoBlu” del 04/10/2024: “Obiettivo centrale resta l’Iran, oggi ancora più importante: entrato nei BRICS di cui fanno parte Russia e Cina, è oggi uno snodo fondamentale del Corridoio Nord-Sud realizzato dalla Russia in risposta al blocco dell’Occidente e, allo stesso tempo, uno snodo fondamentale della Nuova Via della Seta promossa dalla Cina. Gli Stati Uniti e le potenze europee, non avendo la capacità di contrastare con mezzi politici ed economici questi progetti che fanno vacillare la loro posizione dominante in una regione di importanza strategica, ricorrono alla guerra usando Israele come punta di lancia”.
La guerra esistenziale di USA e Israele
Gli obiettivi di Israele sono chiari. In primo luogo con la guerra Netanyahu ha ricompattato l’opinione pubblica israeliana e recuperato i consensi necessari a perpetuare la sua leadership. Vuole inoltre riportare nei territori del nord la popolazione evacuata neutralizzando Hezbollah. In secondo luogo vuole istaurare la Grande Israele, con l’annessione della Cisgiordania, l’espulsione dei palestinesi, la costruzione di un muro ai confini della Giordania, l’annientamento del Libano. Ma per vincere la guerra sui vari fronti non è sufficiente l’arma aerea, occorrono anche azioni di terra che si presentano assai difficoltose, specie in Libano, da cui già nel 2006 furono costretti a ritirarsi.
I fattori di crisi interna di Israele con la guerra si sono accentuati. Il reclutamento massiccio di riservisti ha depauperato l’economia della parte più produttiva della popolazione. La stagnazione economica e l’insicurezza dovuta alla guerra hanno provocato l’emigrazione di decine di migliaia di israeliani, un flusso che non accenna ad interrompersi.
La politica interna di Israele è dominata dai partiti di estrema destra di ispirazione religiosa, il cui fanatismo ha dilaniato la società civile generando fratture insanabili.
Nel contesto mediorientale Israele è divenuto un corpo estraneo: non è infatti possibile prefigurare una composizione del conflitto che conduca ad un equilibrio politico stabile, che garantisca cioè la sua sicurezza ed istauri rapporti di pacifica convivenza sia all’interno che con gli stati contigui. Questa guerra è dunque esistenziale per Israele nella misura in cui la sopravvivenza dello stato ebraico e della sua classe dirigente dipende da uno stato di belligeranza permanente. Al pari degli USA, anche Israele è una potenza che necessita della guerra per sopravvivere alle sue insanabili contrapposizioni interne. Lo stato di emergenza permanente e la minaccia del “nemico assoluto” di turno, sono formidabili armi mediatiche di distrazione di massa con cui USA e Israele esorcizzano il dissenso popolare interno ed esportano con la guerra le proprie crisi di identità. Ma la Guerra Grande potrà essere infinita? Ha affermato Andrea Zhok a tal riguardo in un articolo dal titolo “Ma cosa è avvenuto il 7 ottobre 2023?” del 29/09/2024: “Così, Israele, un paese spaccato, in crisi profonda, dove per anni non si riusciva nemmeno a comporre un governo, con manifestazioni continue nelle strade, viene improvvisamente messo in riga sul fronte interno e avviato alla loro versione della "Endlösung", nei confronti della questione palestinese.
La dinamica è la stessa che caratterizza gli USA (proprio la stessa, in continuità anche materiale con gli USA): una civiltà in crisi interna, ma militarmente e tecnologicamente ancora forte cerca di superare la propria crisi scaricandola all'esterno. Quanto maggiore la propria fragilità interna, tanto più si cerca di costruire un esoscheletro indurendo la propria corazza nello scontro col nemico esterno”.
La strategia di innalzamento progressivo del conflitto ha condotto Israele su di una via senza ritorno, in una guerra che potrebbe concludersi solo con una vittoria assoluta, con l’eliminazione totale cioè di tutti i suoi nemici. Vittoria totale che appare tanto più improbabile in questo conflitto asimmetrico, quanto più esso assume la dimensione di una guerra coloniale. Disse una volta Henry Kissinger: “Il guerrigliero vince se non perde. L’esercito convenzionale perde se non vince”. Ciò significa che è la capacità di resistenza dei popoli a determinare la loro vittoria strategica contro le potenze imperialistiche. Qualora questo conflitto cessasse senza una vittoria assoluta, Israele precipiterebbe in una guerra civile. Secondo Lucio Caracciolo “Non è Hamas che può far fuori Israele. E’ Israele che può far fuori se stessa”.
L’Occidente perderà col sangue degli altri
L’impero dell’Occidente è tramontato, non viene più riconosciuto dai 7/8 dell’umanità. La Guerra Grande ha dimostrato l’impossibilità del dominio globale e universale di un’unica potenza egemone. E per di più l’Occidente perderà la Guerra Grande col sangue degli altri.
Il destino dell’Occidente è legato alla improbabile sconfitta della Russia e alla quanto mai ipotetica vittoria totale di Israele. Ma chi avrebbe mai pensato fino a poco tempo fa che la causa palestinese sarebbe stata decisiva per le sorti del mondo?