Una locusta per due
di Stefano Mantegazza - 06/03/2023
Fonte: Il Pedante
Alcuni amici in vena di scherzi mi hanno chiesto un commento sull’ultima (o forse è già la penultima?) crociata di civiltà per promuovere il consumo alimentare di insetti, larve e locuste. Da quel che ho capito, dovrebbero aiutare a sconfiggere la fame, le diseguaglianze, la «crisi climatica» e altre sciagure. Non ho invece capito come, ma poco importa.
La faccenda è a suo modo intrigante. Dopo aver letto le veline pubblicitarie e anche un paio di studi seriosi che girano in rete mi è venuta in mente una scena del film natalizio “Una poltrona per due”. Lì il finanziere Randolph Duke scommette con suo fratello Mortimer che il delinquentello senzatetto interpretato da Eddie Murphy sarebbe capace di prendere il posto del loro dipendente Louis, cresciuto nell’alta società ed educato nei migliori atenei. La scommessa ammonta a ben un dollaro, per il quale i due cinici milionari non si fanno scrupolo di gettare sul lastrico l’ignaro Louis e di innalzare il suo sostituto agli onori e agli agi del jet set newyorkese, di cui in effetti diventerà un degno esponente.
Ebbene mi sembra ora di rivederli, arzilli e redivivi, i due vecchi fratelli di quel vecchio film. Da allora ne è passato di tempo e anche loro si sono aggiornati: più che giocare coi listini di borsa, oggi come tanti loro colleghi preferiscono darsi alla più profittevole impresa di creare direttamente i bisogni, le paure e specialmente le crisi su cui speculano senza correre rischi. Hanno comprato giornali e canali televisivi, finanziano le università di mezzo mondo e presiedono una fondazione che incassa e distribuisce quattrini per guarire il pianeta, o qualcosa del genere. Nonostante gli acciacchi, salgono spesso a bordo dei loro jet e attraversano gli oceani per incontrarsi e confrontarsi con i governanti delle nazioni: cioè per dar loro gli ordini da eseguire e rivendere agli eletttori come «impegni presi nelle sedi internazionali», sofferto «compromesso democratico», «consenso scientifico» o qualsiasi altra cosa funzioni.
Eccoli dunque in una delle loro tante magioni, seduti a una tavola lautamente imbandita mentre decidono di rompere la noia della troppa ricchezza stipulando una nuova scommessa.
«Mortimer,» attacca il fratello più anziano sventolando una banconota con l’effige di Washington, «scommetto un dollaro che da qui a un anno convincerò gli europei… a mangiare gli insetti!»
Mortimer è confuso. È vero, negli ultimi anni gliene sono riuscite tante: hanno trasformato l’anidride carbonica in un veleno, le cazzabubbole della finanza in una norma morale, un’influenza nella peste bubbonica, una medicina in un sacramento, l’odio in amore, la guerra in pace, la schiavitù in solidarietà. Ma questo, si chiede, non sarà troppo?
«Non so, Randy,» confessa. «Finora abbiamo fatto leva sulle paure più antiche dei popoli: di un nemico lontano, delle malattia, degli untori, della fine del mondo. Li abbiamo toccati sulla pietà, sul sesso, sul desiderio di stare nel branco e soprattutto sul loro bisogno di credere. Grazie a chi ci ha preceduto, i loro templi si sono svuotati e così anche le loro anime, e noi in quel vuoto abbiamo installato i nostri idoli e le nostre liturgie così che usurpassero la fede perduta. La loro devozione è diventata fanatismo, i loro demoni il prossimo, il paradiso promesso le nostre promesse. Ma questa idea degli insetti, invece, non si è mai sentita, non è mai esistita. Come pensi di convincerli?»
«Mah,» borbotta l’altro addentando una costata di Blonde d’Aquitaine, «le solite cose... la sostenibilità, la salute, la fame nel mondo...»
«La fame nel mondo?», lo interrompe Mortimer sghignazzando. «Ma se dove manca il cibo l’unica cosa che non manca sono proprio gli insetti! Eppure nessuno se ne sfama. La gente sarà anche stupida, sai, ma qualche domanda se la fa...»
«E noi risponderemo, anzi faremo rispondere i nostri esperti. Dài, Morty,» esclama dopo aver buttato giù due dita di Louis XIII Le Malthusien, «ci divertiremo! Li guarderemo mentre si cacciano in bocca quei mostriciattoli per sentirsi migliori. Sarà la nostra candid camera!»
Ma Mortimer resta scettico, è ancora troppo grossa per lui. Consegna la sua banconota al fratello e suggella la scommessa con una stretta di mano, come nel film di quarant’anni fa.
E poi, gli confiderà Randolph prima di ritirarsi, «è anche un esperimento. È vero, abbiamo spinto le nostre campagne agganciandoci a tradizioni, archetipi e inclinazioni ancestrali. Ma non ci basta più. Non vogliamo più dipendere dalle forme della natura e del passato, vogliamo scrivere noi quelle forme, e cancellarle e riscriverle come e quando ci aggrada. Bisogna perciò pulire la lavagna della storia e sgomberare il campo dai retaggi e dai vincoli della cultura, della logica e della materia. E in quel deserto seminare ricordi e tradizioni, fondare miti e tabù, dettare la fisica e la fisiologia, e rifarlo ancora ogni giorno senza preoccuparci di ciò che è stato il giorno prima. Il vero potere crea, non imita. Tu dici: questa idea non si è mai sentita. Bene, anzi ottimo. Tutto ciò che è sconclusionato e inaudito serve a questo, ad aprire una strada. Che sarà tutta in discesa.»
«In discesa per dove?»
«Bella domanda, Morty. Bella domanda. Buonanotte.»
«... buonanotte, fratello.»