Una nuova primavera dei Popoli che spazzi via l'Unione Europea dalla storia
di Riccardo Paccosi - 02/12/2024
Fonte: Riccardo Paccosi
Sull'ipotesi di una guerra termonucleare globale, nessuno è in grado di fare previsioni (e chi le fa, quindi, è un ciarlatano).
Per ciò che riguarda invece una guerra in Europa, il problema delle previsioni non si pone in quanto c'è solo da prendere atto di quello che stanno affermando e materialmente attuando tanti i governi nazionali del continente quanto gli organismi dell'Unione Europea.
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Provando a imbastire un parziale e sbrigativo elenco dei recenti atti e pronunciamenti, infatti, emerge il seguente quadro.
1) Cinque giorni fa, il Parlamento Europeo ha votato contro ogni ipotesi di negoziato fra Russia e Ucraina e a favore del proseguimento a oltranza della guerra nonché, ovviamente, delle spese militari.
2) In diversi paesi europei, si sta parlando di reintroduzione della leva e, per quanto riguarda l'Italia, si comincerà col richiamare i giovani che sono stati in questi anni scartati per la carriera di militare di professione.
3) La Germania ha avviato un costosissimo "piano bunker" per allestire, all'incirca, 200.000 rifugi anti-atomici.
4) In Svezia, Germania e altri paesi, vengono distribuite brochure informative su come sopravvivere nelle prime 72 ore successive a un'esplosione nucleare (con effetti involontariamente comici, a causa della somiglianza con quegli spot informativi americani degli anni '50 che suggerivano di mettersi al riparo sotto al tavolo della cucina).
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Appare dunque evidente che l'Unione Europea rappresenti, oggi, il principale dispositivo di compattamento e disciplinamento delle nazioni verso l'obiettivo della guerra con la Russia.
Ne consegue che una prospettiva che voglia scongiurare tale possibilità e riportare la pace deve, oggi più che mai, puntare politicamente alla distruzione delle istituzioni eurofederali.
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La differenza sostanziale fra l'emergenza pandemica di qualche anno fa e l'attuale emergenza bellica, consta del fatto che i popoli non credono affatto a quest'ultima narrazione dominante. La vivono con depressione e rassegnazione, certo, ma non la appoggiano.
Se a questo aggiungiamo il tracollo della produzione industriale, i licenziamenti e la diminuzione drastica del potere d'acquisto del ceto medio, osserviamo un potenziale di dissenso e rifiuto decisamente maggioritario in buona parte delle opinioni pubbliche nazionali.
Per tale motivo, bisogna dunque avviare una dinamica internazionalista di mobilitazione congiunta e continuativa (per esempio una volta a settimana) nelle piazze dell'Italia, della Germania e della Francia.
In breve, si tratta d'innescare una dinamica internazionalista per un'Europa che non aspiri più allo stato unico imperiale progettato dai neoliberisti, bensì che sappia pensarsi come plurale, molteplice, multipolare.
Una dinamica internazionalista come quella materializzatasi dal basso durante la Primavera dei Popoli del 1848, un'insurrezione dei popoli congiunta ma dove, al contempo, ciascun popolo lotti per la propria sovranità nazionale, contro il mostro eurofederale e contro i mastini della guerra che lo governano.