Usa e Israele uniscono le forze per seppellire lo Stato
di Daoud Kuttab - 21/02/2017
Fonte: Nena News
Grazie all’idillio tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente statunitense Donald Trump, ignorare la leadership nazionale palestinese sembra essere tornato di nuovo in primo piano. Durante il loro primo incontro da quando si è insediata la nuova amministrazione degli Stati Uniti, Trump ha ripetutamente parlato della necessità per gli israeliani e i palestinesi di fare la pace, ma ha evitato di menzionare la dirigenza palestinese.
Apparentemente per paura delle ripercussioni del ritiro di Washington dal sostegno alla soluzione a due stati e al riconoscimento della legittima leadership palestinese, gli Usa hanno mandato martedì 14 febbraio il capo della Cia Mike Pompeo dal presidente Abbas a Ramallah. Nel mandare da Abbas il capo della Cia piuttosto che una figura politica, gli Usa hanno dato la priorità a questioni riguardanti la sicurezza – tra cui la cooperazione alla sicurezza con gli israeliani – invece che alla necessità di riconoscere le aspirazioni politiche e nazionali palestinesi.
Trump si è anche allontanato dallo storico consenso statunitense e internazionale sulla soluzione a due stati che è stata la base del conflitto israelo-palestinese.
“La solita minestra”
Il commento ingenuo del presidente Usa sulla soluzione a due o ad uno stato – quando ha detto che “può vivere con una delle due” – significa che è probabile che Washington prolunghi lo status quo dell’occupazione. Sin dall’occupazione del 1967, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha ripetutamente espresso l’illegalità dell’occupazione come nel preambolo della risoluzione 242 in cui “enfatizza l’inammissibilità dell’acquisizione del territorio attraverso la guerra”. (PDF)
Lasciando la soluzione alle [due] parti bypassando allo stesso tempo politicamente la leadership palestinese, l’amministrazione Trump sta autorizzando gli israeliani a dettare ai palestinesi qualunque accordo essi desiderano.
La trasparente realtà dell’occupazione israeliana e l’assenza di una soluzione politica mostrano come le attuali tattiche d’Israele non abbiano prodotto per decenni risultati. Il problema è che lo stretto legame tra Trump e Netanyahu e il ritiro del primo al sostegno alla soluzione a due stati indeboliscono ancora di più la capacità degli Usa ad essere un mediatore onesto. Sperare che i leader arabi sostituiscano i palestinesi e siano d’accordo a raggiungere la pace con Israele a nome loro è un’altra proposta sbagliata. Così come dice il detto: “la solita minestra”.
In passato i leader arabi così come quelli israeliani e statunitensi hanno cercato di trovare una leadership alternativa per i palestinesi, ma hanno fallito miseramente. L’Egitto e la Giordania ad esempio hanno resistito alle pressioni d’Israele e della comunità internazionale su chi avrebbe dovuto rappresentarli negli anni ’70 e nel 1974 il summit arabo ha riconosciuto l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) come il solo legittimo rappresentante del popolo palestinese.
Dopo l’occupazione del 1967, Israele ha provato invano ad aggirare l’Olp chiudendo un occhio alle organizzazioni benefiche islamiche fondate dallo shaykh Ahmad Yassin e da cui è nata Hamas a Gaza.
Un tentativo simile di indebolire la leadership palestinese è avvenuto negli anni ’80 nelle aree rurali della Cisgiordania con la creazione di un’alternativa all’Olp chiamata “Leghe di villaggio”. Anche questo sforzo di modificare la dirigenza palestinese incaricando dei collaboratori fallì miseramente.
L’ultima volta che gli Usa hanno provato a bypassare i palestinesi [le cose] le si sono ritorte contro in modo clamoroso. L’ex presidente George HW Bush – insieme al Segretario di Stato James Baker – spinse i leader palestinesi non [appartenenti] all’Olp a rappresentare il loro popolo all’interno di una delegazione giordana-palestinese durante la conferenza di pace del 1991 a Madrid. In risposta a ciò, ufficiali dell’Olp e israeliani raggiunsero un accordo segreto ad Oslo nel 1993 senza che Washington ne fosse a conoscenza.
“Apartheid permanente”
Le condizioni di Netanyahu per accettare una soluzione a due stati espresse nel discorso alla Bar Ilan nel 2009 hanno ora un ulteriore elemento che nega l’idea di un stato palestinese indipendente. Abbandonare l’impegno ad una soluzione a due stati significa virtualmente una presenza permanente delle truppe israeliane dentro l’intero territorio palestinese. Almeno che 4 milioni di palestinesi non diventino ferventi sionisti dall’oggi al domani, è improbabile che essi accettino e riconoscano uno stato ebraico e siano favorevoli a non vedersi garantiti gli stessi diritti politici riservati agli ebrei.
L’approccio di Trump e Netanyahu alla questione è spingere la regione verso una forma più sfacciata e legalizzata di apartheid in cui la maggioranza palestinese nei Territori Occupati sarà spogliata dei suoi diritti politici mentre i coloni ebrei godranno a pieno di diritti politici e nazionali.
La corte penale internazionale descrive questo tipo di “discriminazione istituzionalizzata” come apartheid e la considera un “crimine contro l’umanità”. Inoltre, l’idea di una “grande intesa” che includa i paesi arabi è destinata a fallire. L’ex inviato per la pace statunitense per i negoziati israelo-palestinesi, Martin Indyk, l’ha definita un approccio da “dentro-fuori”
La proposta di Indyk include l’idea del presidente Trump di convocare i leader di Quattro paesi arabi (Giordania, Egitto, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti) e del Quartetto (Unione Europea, gli Stati Uniti, l’Onu, la Russia) e annunciare “una serie di principi concordati che serviranno come termini di riferimento per la negoziazione diretta tra israeliani e palestinesi per raggiungere la soluzione a due stati”.
Tale summit certamente non produrrà i risultati che Netanyahu e Trump desiderano. Il piano di pace arabo del 2002 è molto chiaro [quando afferma] che gli arabi giungeranno ad una normalizzazione delle relazioni con Israele solo quando Israele accetterà di ritirarsi dai confini del 1967. Il Quartetto – con l’eccezione degli Usa – respingerà anche la disinvolta idea di Trump di rinunciare alla soluzione a due stati.
Se si vuole che gli incontri tra Trump e Netanyahu producano una svolta politica, bisognerebbe tener presente un semplice principio: l’arte di una intesa richiede che chi fa l’accordo sia onesto e neutrale e che le parti del conflitto si riconoscano e si impegnino l’una con l’altra. Nena News
Daoud Kuttab è un giornalista palestinese vincitore di premi ed ex professore di giornalismo presso l’Università di Princeton. Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di al-Jazeera
* (Traduzione a cura della redazione di Nena News)