V, W, L. I tre modelli di evoluzione della crisi economica: l’intero sistema occidentale si basa sul superfluo, il rimandabile e l’inessenziale
di Pierluigi Fagan - 13/06/2020
Fonte: Pierluigi Fagan
V, W, L. Sono i tre modelli di evoluzione della crisi economica in atto nei paesi guida del sistema mondiale, ma anche del sistema mondiale nel suo intero. Crisi a V significa che seguendo il primo braccio vai giù, poi rimbalzi in su. Crisi a W sta per crisi su e giù a montagne russe, una specie di sincronia tra andamento economico ed andamento delle varie epidemie. Crisi ad L sta per scendi giù e ci metti poi molto, ma molto tempo a ritirarti su, solo dopo molto il braccio orizzontale della L tenderà a risalire, lentamente. Il consenso previsionale degli analisti verte sempre più sulla crisi ad L.
L’altro giorno, FED ha detto che ci vorrà parecchio per la ripresa dell’economia americana, ancora includendo la crescita dell’anno prossimo, a fine 2021 non si sarà ancora tornati a livelli febbraio 2020. Per cui denaro a zero fino ad allora ed oltre. Trump vorrebbe addirittura tassi negativi e non è detto che fra un po’ FED non li conceda. OCSE invece, ha pochi giorni fa rivisto le stime Pil 2020, peggiorandole. Le contrazioni più forti saranno quella francese, britannica ed italiana, tutte e tre intorno a -11% o -14% con seconda ondata Covid. Ma la media UE sarà a -9% quindi è faccenda sistemica e non solo europea visto che Giappone che non ha avuto nessuna seria pertubazione virale, è dato a -6%.[Nota: come le previsioni di giugno non sono come quelle di aprile -sono peggiori-, così quelle di settembre non saranno quelle di giugno]
Disoccupazione severa e persistente. I dati USA dell’altro giorno sono stati poi corretti con un probabile altro +3% che era sfuggito al sistema di rilevazione stante che il sistema di rilevazione occupazionale è storicamente assai impreciso e di questi tempi, in USA, è tutta compagna elettorale. Tra i settori messi peggio, c’è il tessile ed infatti si segnalano chiusure a raffica nelle catene fast fashion (Zara, H&M, Uniqlo). Poi l’automobilistico e tutta l’industria per l’industria (macchinari, metallurgia, siderurgia, apparecchiature elettriche), poi l’elettronica da consumo. Ne conseguono due previsioni: 1) solo i più grandi, potenti e resilienti sopravviveranno (il che vale sia per le aziende multinazionali, sia per quelle nazionali di paesi con grandi mercati interni); 2) oltre l’alimentare che ben resiste, il digitale avrà una accelerazione di una traiettoria espansiva che era già in piena crescita. A livello sistema mondo, se otto dei dieci primi paesi vanno giù e ci rimangono per parecchio, gli effetti diventano sistemici. Infatti, se Zara & Co chiudono a raffica, questo porta a disoccupazione di massa in Bangladesh e balle di cotone che s’accumulano nei magazzini indiani come il petrolio ed il gas nelle cisterne arabe, russe, canadesi ed americane.
A livello geopolitico si conferma lo spostamento verso Oriente già in corso da lungo tempo. Col 56% della popolazione mondiale l’Asia ha facoltà di sviluppo interno duraturo, viepiù dato che pare esser stata toccata meno che l’Occidente dalla pandemia. La pandemia rappresenta un obiettivo acceleratore della contrazione di peso occidentale sul totale mondo, con particolare nervosismo americano dato che l’obiettivo strategico del presidente in carica era proprio allungare il più possibile i tempi della rincorsa cinese. Ma si noti bene, in Asia non c’è solo la Cina. Gli attuali tentativi di ridurre la transizione planetaria ad uno scontro “Rocky vs Kong zi”, mostrano l’irriducibilità del semplificazionismo a cui vedo vanno appresso con piacere anche molti commentatori che si direbbero “esperti”. Come amplificatori di luoghi comuni, sono esperti senz’altro.
Tutti gli “in via di sviluppo” traballano appresso alla contrazione vistosa di domanda del gruppo degli iper e normo sviluppati. E’ il famoso “Sud del mondo” che tra impatti pandemici gravi come in Brasile e altri sud americani (ma anche in India la situazione non è chiara), del disordine climatico, shock economico, aumento della corruzione, vari tipi di manipolazioni da parte delle “potenze in crisi asimmetriche”, migrazioni, diseguaglianze ed esplosione del debito e disordine politico, hanno davanti un immediato futuro quantomeno problematico. Qualche colpo di stato e qualche conflitto per distrarre, sono prevedibili.
Chiudiamo notando un fatto. Un mondo giù in dinamica trasformativa potente e duratura (è da almeno settanta anni che il mondo si sta muovendo a livello strutturale profondo), per quanto ignaro della sua complessità e fragilità, è stato colpito da un accidente relativamente piccolo. Quaranticinque giorni di lockdown qui e lì con qualche morto in più alle medie stagionali, non avrebbero dovuto perturbare così in profondo ed a lungo un macro-sistema del genere. Ciò vuole dire che il sistema era ad un livello di ordine già pericolosamente vicino alla soglia del disordine. In particolare, notiamo l’effetto catastrofe nei sistemi economici occidentali. Valga per tutti la Germania: morti dichiarati per l’epidemia 8.800 equivalenti a -6,6% di Pil. Altro che effetto farfalla!
Qui al solo leggere le diagnosi degli esperti si capisce il problema. Tutti parlano di massa monetaria, ripresa produzione, produttività, riforme per il mercato, catena del valore, distribuzione. Ma il sistema è un sistema aperto con diverse bocche d’entrata (materie, energie, idee, capitali) e due di uscita: scarti e cose o servizi da consumare. Se l’organismo ha l’occlusione intestinale in uscita, a ritroso si blocca l’appetito. Poiché il consumatore è anche il produttore, il suo status economico è fondamentale, se da occupato diventa precario o da precario a disoccupato o da occupato a disoccupato, c’è problema. Ma poi se ne aggiunge un altro poco frequentato da chi ha una disciplina fondata sul fantasioso apriori del "calcolo razionale", la condizione psichica. Se l’outlook è tra l’incerto ed il negativo, anche chi ha non spenderà. In pratica, prudentemente si taglierà il superfluo, il rimandabile, l’inessenziale. Peccato che l’intero sistema economico occidentale si basi sul superfluo, il rimandabile e l’inessenziale.