Viva la vita
di Antonio Catalano - 10/04/2024
Fonte: Antonio Catalano
Molti sapranno della triste vicenda della statua della donna che allatta il suo pargoletto al seno, della scultrice Vera Omodeo, a cui l’amministrazione Sala di Milano ha negato una piazza in quanto «la scultura rappresenta valori non universalmente condivisibili da tutte le cittadine e i cittadini». Ora sembra che si sia individuata una collocazione più consona, più discreta, fuori dal viavai cittadino, meno “divisiva” perché meno appariscente: una clinica, la Mangiagalli.
La decisione dell’amministrazione milanese risponde alla folle, perversa, distopica ideologia che ritiene discriminante la parola mamma, come d’altronde quella di papà, per non parlare di quella di donna, parole per le quali circolano definizioni improbabili provenienti dal puritano mondo angloamericano che, oltre che ridicole, la dicono lunga sullo stato di salute mentale e sociale sia degli ambienti generanti simili storture sia delle élite che questi ambienti coccolano e sponsorizzano.
Definizioni che la prendono alla larga al solo fine di evitare il riferimento a ciò che madre natura impone. Per cui, abbiamo per donna in gravidanza “persona in gravidanza”, per allattamento al seno “alimentazione al petto”, per donne con le mestruazioni “menstruators”, per donne “persone con la cervice”… chi ha la curiosità oltre che lo stomaco adatto può scoprire tanti altri di queste bizzarre quanto inquietanti espressioni della neo lingua genderiana consultando sulla rete i dizionari lgbt che spiegano l’uso “corretto” delle parole.
La statua di Vera Omodeo quindi offenderebbe o potrebbe essere non condivisibile da tutti. Al fine della mia breve e semplice riflessione ritengo superfluo intraprendere qualsiasi ragionamento che, se sviluppato secondo principio di coerenza, porterebbe inevitabilmente alla constatazione della totale irrazionalità di un simile impianto, che ha come logica conclusione l’assurdo della non definizione, nulla può essere più definito in quanto la stessa definizione diventa condizione di discriminazione di ciò che non rientra nella stessa. Premessa di un ritorno all’età preneolitica, quando l’Uomo ancora si esprimeva per suoni gutturali non avendo ancora imparato l’uso della parola.
Ma ciò che in questo caso (purtroppo) mi preme mettere in evidenza è il fatto che una certa ideologia, divenuta predominante nell’Occidente, abbia ormai intrapreso una guerra totale contro la natura umana, per affermare una contro-natura del tutto funzionale alla logica perversa di una macchina sociale che deve fare completamente a meno dell’essere umano, inteso non solo e non tanto come forza lavoro, ma essenzialmente come essere dotato di libero arbitrio e quindi di capacità di giudizio e di intervento autonomi.
Guai celebrare la vita che nasce, guai celebrare la maternità, guai celebrare l’allattamento materno al seno, immagini di cui serbiamo una magnifica iconografia di mamme che allattano, che stringono al seno il proprio pargolo, le tante Madonne di cui risplendono chiese, gallerie d’arte e monumenti! In questi bui e degradati anni, in cui il nostro occidente sta esprimendo il peggio di sé, nella deliberata intenzione di andare contro natura, l’idea stessa di maternità è considerata offensiva. [Notare l’apparente paradosso: più avanza l’ideologia “green” più avanza l’ideologia anti-umana.]
Ma offensiva verso chi, ditemi di grazia? Si facciano avanti coloro che si sentono offesi, che siano visibili a tutti! Con ogni probabilità ci si renderebbe facilmente conto che si tratta solo di una costruzione mediatica imposta, una cosiddetta narrazione, di quelle che servono ad ipnotizzare le coscienze. E se qualcuno dovesse alzarsi per dire: io mi sento offeso perché non rappresentato da quella statua, niente paura, chiameremmo in causa l’umana pietà e faremmo di tutto per aiutare tale persona a intraprendere un percorso di transizione umana.