Vladimir Putin Protagonista in Medio Oriente
di Robert Fisk
Fonte: Comedonchisciotte
Dopo la vittoria di Israele nella guerra del Medio Oriente del 1973, il Ministro degli esteri sovietico Andrei Gromyko, il 22 ottobre, andò a trovare il Presidente Brezhnev nella sua dacia a Zavidovo, appena fuori Mosca. Gli israeliani non erano molto interessati ad accettare quel cessate il fuoco iniziato il giorno prima e, secondo Anatoly Chernyaev, un diplomatico sovietico presente al colloquio, Brezhnev voleva incoraggiare gli israeliani a mantenere la tregua offrendo loro una garanzia sovietica sulle frontiere di Israele. Gromyko rispose che gli arabi si sarebbero offesi – ma Brezhnev sbottò dicendo “gli abbiamo offerto (agli arabi) un percorso ragionevole per tanti anni. Volevano la guerra e allora benvenga la guerra … e se ne vadano al diavolo”.
Era una visione poco condivisa dai militari sovietici. Ricordo ancora la rabbia di un militare che era stato istruttore sovietico in Yemen durante la guerra civile del 1962-70, che, mentre visitavamo la Piazza Rossa in un pomeriggio freddo, fece un’osservazione quasi di disprezzo per Brezhnev. “Abbiamo aiutato ad addestrare gli arabi [contro i monarchici] ed è stato tutto inutile; credo che dovrebbero essere da soli. Ci pensi qualcun altro a salvarli. Perché dovremmo tornarci noi? ”
A ottobre del 1973, Brezhnev diceva le stesse cose, quando giurava a Gromyko – secondo Chernyaev – di “voler mantenere la nostra bandiera e le nostre basi in Medio Oriente”. E poi Brezhnev gridò: “Non permetteremo che questa gente del c***o ci faccia coinvolgere in una guerra mondiale!” Secondo l’ex funzionario dell’intelligence britannica Gordon Barrass, che, otto anni fa, scrisse uno dei migliori libri sulla guerra fredda, il ponte aereo sovietico di attrezzature militari con la Siria si fermò quel giorno.
Quanto sono fortunati questi potentati e questi dittatori arabi ad avere un russo con cui parlare e non un sovietico con cui accompagnarsi – qualcuno potrebbe dire anche troppo – affidandosi a Vladimir Putin piuttosto che ad uno Brezhnev. Un Obama ondivago e un Trump lunatico, naturalmente, fanno l’impossibile: fanno l’impossibile per far appartire Putin come un Roosevelt o un Eisenhower – forse anche come quel Teddy Roosevelt dei Rough Riders.
I Rough Riders di Putin in Siria stanno schiacciando la minaccia dell’ Isis – e ogni altra minaccia – per il governo di Bashar al-Assad. I russi non stanno solo bombardando i nemici di Assad e ri-armando l’esercito siriano ma li stanno aiutando a organizzare un cessate il fuoco. Li ho visti scortare Al-Nusrah e altri combattenti islamici ancora armati da Homs fino alla fronte turco di al-Bab (all’interno della Siria). I veicoli corazzati russi stavano su entrambi i lati – li ho visti con i miei occhi – delle truppe di occupazione siriane e turche.
Putin ha imparato qualche trucco dai giorni di Brezhnev. Proprio come il Presidente sovietico mise le unità militari sovietiche Tajik Muslim a ovest di Kabul, così Putin ha mandato soldati russi ceceni a Palmyra. Ma questi russi non sono i sovietici dell’infamia afghana. Molti degli ufficiali parlano fluentemente arabo (e un inglese abbastanza buono). Putin sa come dosare le forze russe in Medio Oriente, felice di mantenere “bandiera e basi” di Mosca nella regione. E di fare il Bismark in tutto il mondo arabo, anche in Turchia e Israele.
Il maresciallo/presidente dell’Egitto Abdel Fattah el-Sissi ha invitato Putin a sentire Verdi al Cairo. L’Iran lo ha invitato entro la fine di quest’anno. Putin accoglie con favore sia i fedeli di Assad che i ribelli siriani in Astana. Invita al Cremlino sia il Primo Ministro israeliano Netanyahu che il suo ministro (razzista) della difesa (nato in URSS) Lieberman, quello che voleva annegare i prigionieri palestinesi nel Mar Morto e, naturalmente, viene onorato da una visita di re Salman d’Arabia al Cremlino.
Sopprimendo brutalmente e non-democraticamente i propri odiosi oppositori politici interni di tutti gli estremisti musulmani – ha suggerito ai medici di Mosca di castrarli – senza preoccuparsi di quello che dicono sui bombardamenti delle sue forze aeree in Siria. E non dimentichiamoci dell’Ucraina e delle sanzioni dell’occidente per la Crimea, ora però in Medio Oriente Putin può indossare il mantello dello statista internazionale. Anche se potrebbe ritorcerglisi tutto contro. Se valutasse male l’esito delle sue azioni, sarebbe giudicato come è giudicata la sua più grande colpa, quella di essere stato un ufficiale del KGB a Dresda. MaPutin sta inviando in Siria l’intelligence-militare non gli uomini della FSB e alcuni di loro – da Aleppo – riferiscono direttamente al Cremlino. Forse una o due cosette le ha imparate.
E così torniamo alla visita di King Salman a Mosca. Ecco l’uomo che nel suo regno mantiene la stessa purissima fede Wahhabi che ha ispirato l’ ISIS, i Talebani e al-Qaeda. E’ l’uomo che ha firmato gli accordi preliminari per acquistare i sistemi missilistici di difesa aerea S-400 russi. Naturalmente, il lungo discorso del re – che sembra aver apprezzato il banchetto del Cremlino – ha parlato della necessità di impedire che l’Iran destabilizzi il Medio Oriente. Il ministro degli esteri russo Lavrov ha detto che la Russia “sostiene gli sforzi del regno saudita nel tentativo di unificare l’opposizione siriana”. Quale miglior opposizione si vorrebbe conoscere? La stessa, immagino, che vorrebbe avere Assad.
Eppure, secondo i funzionari russi in Medio Oriente, il re era stato chiamato per partecipare alla ricostruzione della Siria quando la guerra sarà finita. Per dare un ruolo a King Salman se Assad – come tutti credono – rimarrà Presidente (o avrà un ruolo simile) in Siria. Ma naturalmente, sarebbe la Russia a fare la ricostruzione, e l’Arabia Saudita sarebbe pagata per farla. Così le due grandi nazioni petrolifere ora sembrano essersi messe su un percorso di collaborazione reciproca. Come è stato con l’affare da 300 miliardi di Trump concluso con il Re. Forse Salman è più intelligente di quanto pensiamo. Se Putin è considerato, da Washington, come Ivan il Terribile, è considerato meglio comunque di Trump il Farcical-Buffone per gli arabi.
Putin conosce le debolezze saudite. La vergognosa guerra di Riyad in Yemen (non differente dall’invasione sovietica dell’Afghanistan) e gli attacchi al regno, non ultima la misteriosa esplosione fuori dal palazzo del re, poco prima della sua visita a Mosca, dopo di che l’agenzia di stampa saudita ha ammesso che tre uomini armati hanno cercato di entrare nell’edificio. E attenzione, se i Saudisti volessero far resistenza alle offerte della Russia sulla Siria, Putin potrebbe sempre rivolgersi – e molti in Siria che lo credono – al Qatar, sul quale i Sauditi continuano a mantenere una infantile ala protettrice. I Sauditi si ricorderanno come Putin abbia incoraggiato una conferenza islamica in Cecenia – quando non invitò il clero saudita. Putin mantiene ancora una base militare russa nel Caucaso – nell’ex Armenia sovietica. Il parlamento armeno, questo mese — poco seguito dai media occidentali — ha ratificato un nuovo trattato di difesa militare con la Russia. Quindi, date un occhio alla Turchia – che ancora afferma di “proteggere” l’Azerbaigian turco contro la “aggressione” dell’Armenia.
E guardate anche ai curdi a sud del confine turco (sia la varietà siriana che quella turca), il cui concetto di indipendenza non ha avuto nessun appoggio da Mosca e che non saranno difesi da Putin quando gli Stati Uniti li tradiranno di nuovo (i curdi sono morti al posto dei fanti americani a Raqqa e a Mosul). Putin conosce chi ha in mano il vero potere. Sì, vorrebbe assumere il ruolo pseudo-neutrale degli Stati Uniti per salvaguardare uno Stato palestinese, ma, come ha detto uno dei pochi socialisti palestinesi rimasti a Beirut, non speriamoci troppo. Quando Mosca ha deciso di vendere i missili anti-carro Kornet, al piccolo Libano il mese scorso, il premier Saad Hariri è rimasto apparentemente molto stupito nel sentire che i russi non avrebbero consegnato le armi a credito. Funzionari dei ministeri delle Finanze russo e libanese ne stanno discutendo, ma i lettori aspetteranno invano di conoscerne il risultato.
Stanchi del cliché dell’orso russo o di Putin la Volpe – come lo chiamano al Cairo – non si dà peso a nessuna analisi seria sul comportamento russo in Medio Oriente. E’ una politica di potere spietata, ovviamente, messa in evidenza solo dall’insensato e folle Presidente di Washington. Tutto deve essere nell’interesse della Russia – militare, economico, internazionale ed interno. E anche amorale.
Ma a volte gli arabi – e gli iraniani, i turchi e gli israeliani – dovrebbero domandarsi se esista solo un po’ della personalità che Putin vuole mostrare al mondo: guerriero, peacemaker, negoziatore , amico di tutti quelli che non minacciano la Russia e nemico di tutti quelli che la minacciano.
Chi sarà il prossimo che offrirà a Mosca una base aerea russa o un porto in acque calde, con strutture militari nel Mediterraneo che, addirittura accoglieranno navi da guerra russe nei porti mediorientali? E chi sarà l’ultimo che le negherà a Putin?
Ma Putin non è quello che sta cercando di risolvere i problemi della regione, qualunque cosa ciò possa significare. Putin sta ancora rischiando, anche in Siria. In una certa misura sta giocando con la popolazione di questa regione. Ancora più importante è, comunque, che sta establishing – sta sistemando bene – la Russia in Medio Oriente. Nessuno per il momento oserà farà qualcosa senza pensare prima a quale potrebbe essere la reazione di Putin.
È proprio questo il potere politico.
Fonte: www.independent.co.uk
Link: http://www.independent.co.uk/voices/putin-middle-east-syria-raqqa-isis-qatar-saudi-arabia-control-soviet-a8008461.html
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