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Andreatta "Santo Subito" ? Perché?

di Carlo Gambescia - 10/04/2007

 

Nel mondo ulivista la scomparsa di Beniamino Andreatta ha dato il via a una gara su come appropriarsi meglio della sua eredità ideologica. Come è noto, l’Ulivo e il futuro Partito Democratico sono forze e moderate e riformiste, e Andreatta, se ci si passa l’espressione, era ai suoi tempi una specie di Prodi, ma più colto, versatile, e con un’ intelligenza politica degna di Moro (del quale fu consigliere economico). E nonostante che fosse di “nascita” un tecnocrate cattolico...
Prodi che ne fu allievo all'università e collaboratore, invece è uomo di tutt’altra pasta. E non ha sicuramente la sua visione politica. Non dimentichiamo che Andreatta ricoprì molti incarichi ministeriali importanti: Ministro del Bilancio dal 1979 al 1980 (nel governo Cossiga), Ministro del Tesoro dal 1980 al 1982 (nei governi Forlani e Spadolini), Ministro del Bilancio (nel governo Amato) e successivamente Ministro degli Affari Esteri (nel governo Ciampi) nel 1993 e nel 1994. Infine dal 1996 al 1998 ministro della Difesa (nel governo Prodi). E questi incarichi politici (come certi nomi) dovrebbero pur dire pure qualcosa su di lui… Inoltre Andreatta, dal punto di vista teorico, aveva un’ottima preparazione, migliore di quella prodiana: lunghi studi all’estero, ottime relazioni con lo statunitense Mit (e con il mondo accademico americano: nel 1961 venne addirittura inviato in India, come suo consigliere ). Nel 1974 fondò l'associazione per le previsioni economiche Prometeia, e nel 1976 l'AREL, Agenzia di Ricerche e Legislazione: vero e proprio gruppo di pressione cattolico-tecnocratico, da lui promosso con Prodi, Martinazzoli e Vittorio Merloni. Ancora oggi Andreatta rimane il padre di uno dei primi modelli econometrici, applicati all’economia italiana. Un modello in collegamento con quello americano ( il Brookings) e soprattutto con il progetto Link. Un progetto che mirava a collegare i vari modelli econometrici, costruiti in paesi diversi (come il modello Prometeia, quello di Andreatta), per un controllo generalizzato e "scientifico" dell’economia mondiale.
Quel che invece stupisce è il tentativo di farlo passare come un erede di Dossetti, al quale fu vicino negli anni Cinquanta ( e quindi come erede di certa sinistra democristiana, “evangelica” ma statalista, ): lo si vuole santificare, magari solo in campo economico… E anche presto… Benché manchino le premesse: visto che Andreatta fu un rigido sostenitore, anche se mai ufficialmente, del monetarismo. Diciamo così: lo fu nei fatti, con quel filo di ipocrisia "catto-democristiana", in fondo neppure cattiva.
Ad esempio, nel 1981, fu lui a decidere di separare il Tesoro dalla Banca d’Italia, su sollecitazione del suo presidente, Carlo Azeglio Ciampi. Di più: negli anni successivi sposò posizioni favorevoli alle privatizzazioni, ai tagli di bilancio, all’introduzione della flessibilità nel mondo del lavoro. A dirla tutta fu un rigorista liberale, se non proprio liberista, poco attento alla socialità. Secondo Andreatta le questioni sociali dovevano essere ridotte a variabili (econometriche) dipendenti, in primis, dall’andamento dell’economia capitalistica.
In realtà, dietro la volontà mediatica di voler far diventare Andreatta “Santo (dell’economia) subito” - si pensi alla zuccherosa intervista su di lui, rilasciata da Bazoli al Corriere della Sera (dell’8 aprile) - c’è il tentativo di accreditarlo come una specie di faro ideologico - o comunque uno dei fari più luminosi - del futuro Partito Democratico. Ed è noto, come ai santi si perdoni tutto (anche il "rigorismo economico"…). Inoltre, crediamo, che dietro il processo di "beatificazione" vi sia qualcosa di decisamente pericoloso: il tentativo, di favorire l’ingresso di Bazoli in politica, con un ruolo importantissimo all’interno del futuro Partito Democratico. Infatti, non è un caso, che nell’intervista il banchiere riveli che Andreatta, nel dicembre 1999, pochi giorni prima del grave malore, gli ordinasse letteralmente di entrare in politica, per assumere l’incarico, che poi sarebbe invece finito nelle mani di Prodi… Il che, oggi, suona anche come una minaccia ( da parte del Corriere di Mieli e degli ulivisti del mondo credizio) per l’attuale Presidente del Consiglio (che sta deludendo i moderati…). Altro che “ una Fondazione che ne raccolga l’eredità politica”, come chiede Bazoli nell’intervista! In gioco vi sono grossi interessi politici…
Comunque sia, Andreatta, non fu mai uomo fortunato. La separazione tra Tesoro e Banca d’Italia da lui decisa, favorì, fin dall’asta del luglio 1981, lo spostamento dei risparmi degli italiani, sui titoli del tesoro. Di conseguenza i tassi dei famigerati Bot crebbero subito (dal momento che il disavanzo statale, non potendo più essere finanziato dal Tesoro direttamente, doveva in qualche modo essere sostenuto…): nacque così il cosiddetto Bot-people, che negli anni Ottanta prestò al Tesoro più di due milioni di miliardi di liquidità e risparmi, sottraendoli così, agli investimenti produttivi, e probabilmente anche la fisco.
Per farla breve, il “ritorno” di Andreatta non nasce sotto una buona stella. Soprattutto per quella del nascente Partito Democratico.