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Le Termopili della discordia

di Mario Baccigalupi - 10/04/2007

Nelle sale il controverso '300', adattato da Frank Miller con alcune tendenziose libertà
 
 
La locandina del filmDonne e metafore. In altri tempi, sarebbe stato facile farsi ammaliare dalle meraviglie estetiche di 300, soprattutto per chi ha amato i fumetti di Frank Miller. Nonostante tutta la sua brutale violenza, poi, la marcata interpretazione pop-fantasy della battaglia dalle Termopili sarebbe bastata a distanziare provvidenzialmente la visione milleriana di Sparta dal nostro complicato presente. Invece, proprio se si è apprezzata la materia narrativa in questione al punto da conoscerla a menadito, non si possono trascurare alcune novità sostanziali apportate in sceneggiatura, complice la relativa brevità della graphic novel originale. In particolare, è il controcampo politico della vicenda, per di più affidato ad una donna, a far affiorare il messaggio, o peggio, la rozza metafora attribuita dalla pellicola al sacrificio del contingente personale di Re Leonida, con l'intento di aggiornare a fini propagandistici la trama di partenza, datata 1999. Così Gorgo, moglie e consigliera di Leonida, da personaggio quasi “mono-battuta” (nel fumetto saluta Leonida alla sua partenza, esortandolo a tornare “con o sopra lo scudo”, cioè vivo o morto, ma a tornare) diventa lo strumento politico per far capire agli spartani quanto sia importante l'invio di nuove truppe al fronte, tanto che da questo momento in poi l'associazione mentale tra la regina spartana e Condoleeza Rice riesce a strappare un sorriso a qualsiasi spettatore. C'è meno da ridere, però, quando il re spartano pronuncia parole sull'esempio che il mondo trarrà dagli “uomini liberi che si opposero ad un tiranno”, oppure quando altre battute escono dal tracciato originale per avventurarsi in territori densi di retorica da film bellico anni '50, con poca lungimiranza anche sul piano artistico.

Re Leonida alla guida dei trecentoRetorica cinematografica. L'ispirazione di partenza di Miller deriva dal peplum del '62 “The 300 Spartans” - più verosimile sul piano storico, nonostante i suoi fondali di cartone – ma l'autore scelse di trascurare la parte più politica della vicenda per concentrarsi sul tema del sacrificio e sulle figure antitetiche di Leonida e del Re-Dio Serse. Anche per questo motivo, l'originale cartaceo di 300, più che ad un dramma storico, era vicino ad una serrata opera tragica, sintetica come vogliono i dettami del fumetto e cadenzata solo dalle ondate dell'esercito persiano. Nel film, invece, pur permanendo gran parte delle righe di testo scritte dal fumettista americano, la storia è dilatata su registri al limite del provocatorio, con conseguente aggiornamento della retorica cinematografica di destra secondo i dettami del cinema moderno d'azione, da The Matrix in poi. Ciò non significa che Miller sia meno reazionario di quanto si racconti, ma almeno queste considerazioni possono difendere i poveri lettori progressisti dalla sensazione di aver goduto per anni, inconsapevolmente, di prodotti editoriali dall'aura violenta e fascista.
 
Frank MillerUn accenno di fantasy. Quindi, è giusto almeno invitare ad un minimo di attenzione chi ha salutato il film di Zack Snyder come la perfetta trasposizione del modello originale. La versione cinematografica di 300 è molto meno fedele di quella di Sin City, altra opera di Miller, e non perché esuli completamente dai contenuti originali del fumetto, ma perché, con il suo sforzo di aggiungere tendenziosamente parti inedite, mina dalle fondamenta la godibilità del film da parte di un pubblico attento e consapevole, proprio nell'anno in cui Clint Estwood, con il suo "Letters from Iwo Jima", ha seppellito definitivamente l'idea di un nemico bi-dimensionale e privo di umanità. Peccato, perché ad una prima visione viene quasi voglia di tagliare personalmente tutta la ridicola vicenda di Gorgo e del “democratico” consiglio degli spartani, riportando la bilancia dalla parte di uno spettacolo fantasy che, seppur violento, portava con se “solo” qualche riflessione superomistica e antireligiosa in odor di Nietzsche.