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Una «talpa» bioregionalista nel mercato bio

di Marina Forti - 10/04/2007

 

 

Si chiama Tuza golosa, la «talpa golosa». E' una rivista elettronica pubblicata in Messico da un gruppo di persone impegnate nell'agricoltura biologica - di più: impegnate a diffondere idee e pratiche del «bioregionalismo». Ce l'ha annunciata qualche tempo fa Fulvio Gioanetto (noto ai lettori di questa rubrica), che di quel gruppo è uno dei promotori: «Stiamo lavorando a una rivista di bioregionalismo per valorizzare e vendere produzioni locali biologiche del territorio, e che sia accessibile ai più. Non vogliamo che il mercato del bio sia controllato, come già succede, da Walmart e compagnia e non possiamo competere, con le nostre piccole raccolte di qualità, con i mostri dell'agroalimentare, anche biologico».
Ora la Tuza golosa è arrivata al quarto numero, e basta scorrere i sommari per capire cosa si intenda per «bioregionalismo». Tutto su come coltivare il mango biologico, o sul controllo biologico dei parassiti della papaya e del banano. Schede tecniche dettagliate (tra gli autori ci sono biologi e agronomi) su questa o quella tecnica di coltivazione naturale, spiegazioni pratiche, notizie dal «mondo organico» messicano. Un dossier a puntate sui «carburanti verdi» («lodati dalle multinazionali dell'agrobusiness e da alcuni ambientalisti, ma comportano nuovi impatti negativi per le popolazioni povere rurali e per l'ambiente, mentre aumentano la dipendenza per i paesi del sud»). Articoli sulla «guerra del mais» che ha infiammato il Messico pochi mesi fa.
«L'idea bioregionalista», scrive Fulvio Gioanetto, «offre un'originale prospettiva biocentrica, dove la saggezza ecologica si allea all'etica e all'estetica, riconoscendo che l'equilibrio ecologico esige una profonda trasformazione delle percezioni che abbiamo, come esseri umani, circa la nostra funzione nell'ecosistema planetario». Il bioregionalismo è una «politica del luogo»: «Insegna in modo concreto a partire da noi stessi e dal luogo in cui viviamo, sia campagna o città, pianura o montagne o coste marine. ... Conoscere la storia e le storie, gli scambi, le sinergie e le origini degli squilibri. Onorare le persone e le culture che vi abitano. Questi sono i principi e le forze del bioregionalismo». Aggiunge Diego Martino: «Il bioregionalismo è sia un concetto che un movimento di cittadini. E' anche un nuovo sguardo alla relazione con la terra».
Più noto nei paesi industrializzati, il movimento bioregionalista è meno conosciuto in America latina, spiegano gli autori: e con la Tuza golosa si ripromettono di colmare la lacuna. Vogliono anche essere uno strumento per farsi spazio in un «mercato bio» che ha i suoi «colossi» e i suoi monopoli. Così nella rivista troviamo la rubrica «Fuori controllo: usi e abusi delle agenzie» (di certificazione dei prodotti bio).Leggiamo ad esempio la lettera di un produttore di caffè biologico di Tuzla Gutierrez, stato del Chiapas: per anni ha venduto il raccolto all'azienda multinazionale Amsa di Città del Messico, dice, poi ha cercato il contatto diretto con compratori negli Stati uniti: allora però ha scoperto che il marchio «biologico» ottenuto a caro prezzo da Certimex, l'agenzia a cui si era affidato, non è riconosciuto dal sistema di certificazione di Usda, l'agenzia Usa per l'agricoltura (che pure l'agenzia gli aveva garantito). Insomma: ha perso l'acquirente e si chiede: «Perché agenzie come Certimex fanno triangolazioni con altre agenzie, facendo affari su noi produttori?».
Così si scopre che la certificazione dei prodotti biologici può penalizzare il piccolo produttore, e che per quanto «bio», il mercato per l'export è spesso dominato da grandi aziende (o catene di supermercati). A questo i bioregionalisti messicani hanno risposto con un loro marchio: Jiuatsi Xarhapiti, «cojote rosso». Riunisce coltivatori, allevatori, prodotti agroforestali e sta cominciando a diffondersi, ci informa Gioanetto, «con compratori messicani, centroamericani e canadesi interessati a tenere i prodotto nei loro negozi». (Per contatti: tuzagolosa@yahoo.com.mx).