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Fritjof Capra: “Vi svelo il Tao di Leonardo”

di Gabriele Beccaria - 18/04/2007

Dal Tao della fisica al Tao di Leonardo.

Fritjof Capra ammette che è 30 anni che ci pensa: Leonardo è il fantasma giocherellone che ogni tanto affiora e subito scompare nei suoi libri, in saggi che - come il «Tao della Fisica» - sono oggetti di culto globale.

A settembre uscirà in contemporanea, negli Usa e in Italia, «La Scienza di Leonardo» e per sottolineare che non sarà solo un’aggiunta alle sterminate biblioteche sull’italiano più celebre di tutti i tempi, ma molto di più, il fisico, economista, ecologista e scrittore americano di origine viennese ha fatto un blitz a Roma. Dopo la lezione all’Università di Roma Tre estrae dal laptop un disegno e comincia a spiegare, con voce ipnotica di ragazzo sessantottenne.

Professore, perché è un indizio così speciale?
«Guardi questo disegno dalla Collezione di Windsor: è uno spruzzo d’acqua che cade in uno stagno. Se lo si osserva con attenzione, si nota che è molto altro rispetto a una pura descrizione realistica. E’ una rappresentazione degna di un diagramma, da cui emergono i quattro tipi di turbolenze che Leonardo aveva classificato. E’ la stessa logica che si evidenzia nei disegni anatomici e nei dipinti: “La pittura - diceva - abbraccia in sé tutte le forme della natura”. Lui studiava per dipingere e disegnava per studiare, utilizzando il disegno come una forma di matematica. E’ in questa sintesi il segreto della sua modernità».

E’ stato un precursore incompreso, allora?
«Certo. La sua scienza era in straordinario anticipo sui tempi, perché spalancava un modo di pensare nuovo: studiava le forme della natura e gli organismi come un continuum in perenne trasformazione, esplorando il mondo con la logica che oggi applicano la biologia e le teorie dei sistemi complessi. Leonardo ha avuto intuizioni che sono state riscoperte solo molti secoli dopo, da Goethe, per esempio, o da Grigory Bateson. Era la scienza dei modelli e dei confronti continui, come avviene con le ricerche sulle spirali nei capelli dell’uomo, nella crescita delle piante o nei vortici dell’acqua, sempre animata dalla fascinazione per le similarità. Eppure è sorprendente che, tra le centinaia di libri pubblicati sul suo sapere, meno di una decina lo sottolinei. Gli autori contemporanei continuano a guardare Leonardo attraverso lenti galileiane e newtoniane, con un approccio meccanicistico che non solo non è appropriato, ma finisce per essere tragico».

Qual è l’aspetto tragico?
«Ha lasciato 13 mila pagine di manoscritti, di cui quasi metà è andata perduta, e il resto, sparso dalla Biblioteca Ambrosiana di Roma al British Museum di Londra, è stato pubblicato nel XIX e nel XX secolo senza datazioni, come un’aggregazione caotica che ha fatto dire a molti: “Vedete, com’era confuso e contradditorio Leonardo?”. E invece non era così. Solo grazie al lavoro da detective di Carlo Pedretti si è stabilita di recente una cronologia ed è stato possibile scoprire l’anima di vero scienziato di Leonardo: l’approccio empirico alla ricerca - e quindi le trasformazioni delle sue conoscenze - e allo stesso tempo la capacità di costruire schemi basati su ipotesi e verifiche. C’è un aspetto, invece, che lo avvicina al Medioevo, allontanandolo da Galileo: lavorava da solo e non condivideva con altri ciò che scopriva».

E’ anche per questo che continua ad aleggiare su di lui un’aura esoterica, fino al tormentone del «Codice da Vinci»?
«L’aura l’ha alimentata già con i contemporanei. Leonardo era guidato dall’inestinguibile curiosità di capire il mondo attraverso una prospettiva razionale e per sostenere le sue ricerche ha dovuto inventarsi molte professioni, come testimoniano le attività alla corte di Ludovico il Moro e Francesco I: è stato ingegnere civile e militare e organizzatore di spettacoli teatrali con macchine di sua creazione. Considerava queste conoscenze come il suo patrimonio intellettuale, che gli garantiva da vivere e gli permetteva di studiare. Ecco perché in quei casi si è comportato da genio solitario, mentre il Leonardo pittore ha avuto sempre allievi: a loro ripeteva che si deve imparare dalla natura. Mi viene in mente il “Codice sul volo degli uccelli”».

Così, si torna ad altri disegni: che cosa rivelano stavolta?
«Nella raccolta c’è un’ala sorprendente: non si è sicuri se si tratti della riproduzione di quella di un uccello o del progetto per una macchina volante. Siamo di fronte a un esempio profetico di biomimesi, la scienza del XXI secolo che imita i processi degli organismi e li applica nell’hi tech. Leonardo non voleva dominare la natura, ma collaborare con lei».

Sta dicendo che è stato anche un ecologista ante litteram?
«Sì. Ha sempre dimostrato attenzione per tutti gli esseri viventi. E anche compassione».

CHI E'  CAPRA
Fisico ed economista
RUOLO
: Studioso di sviluppo sostenibile ecologia e teoria della complessità, è celebre per la teoria sulle affinità tra la fisica e le filosofie orientali.
I LIBRI: «Il Tao della Fisica», «La Rete della Vita», «La Scienza della Vita» - Rizzoli.