I guerriglieri iracheni attaccano in forze a Ramadi i soldati Usa
di Christian Elia - 01/12/2005
Fonte: peacereporter.net
Assediati
Sono arrivati all'alba, a centinaia. Per assaltare i simboli del potere. Armati con fucili d'assalto e a volto coperto, coperti da un fitto fuoco di mortaio, i guerriglieri in Iraq hanno assaltato una base militare statunitense e il palazzo del governo nella città di Ramadi, uno dei vertici del famigerato 'triangolo sunnita', quella zona nel cuore dell'Iraq dove si stanno infrangendo i piani dell'amministrazione Bush. Poco dopo si sarebbero ritirati, ma la situazione resta confusa.
Attacco frontale. L'azione di questa mattina, con i marines barricati all'interno della loro base, rende l'idea di quella che è da tempo la strategia dell'esercito Usa in Iraq: i soldati Usa chiusi nelle loro fortezze, che si muovono solo in forze per operazioni militari ben pianificate. I check-point, i pattugliamenti, la protezione degli edifici sensibili e le retate, il lavoro sporco insomma, lo fanno gli iracheni della neo costituita polizia e del ricostruito esercito che muoiono a decine ogni giorno. Ma l'attacco di Ramadi, capoluogo della provincia di al-Anbar, quello che è ormai considerata la centrale operativa della guerriglia, è una prova di forza notevole di un'opposizione all'invasione Usa che, da molti osservatori, veniva data con il fiato corto. Testimoni oculari citati dell'agenzia stampa Reuters raccontano che “i ribelli hanno preso il controllo delle strade principali di Ramadi e ho visto almeno 400 miliziani armati che controllano alcune vie che erano pattugliate dai marines fino a poco tempo fa”. Gli stessi osservatori hanno inoltre raccontato di un'organizzazione da rivoluzionari d'altri tempi, con una massiccia affissione di manifesti in tutta Ramadi e volantinaggi organizzati tra la popolazione. Poi, come nei manuali di guerriglia, si sarebbero ritirati. Mordi e fuggi quindi, ma l'attacco, nei giorni scorsi, era stato annunciato. Da una settimana, la stampa raccontava di comunicati dei guerriglieri che parlavano dell'arrivo a Ramadi di miliziani integralisti stranieri decisi a unirsi ai guerriglieri locali. Nel testo del comunicato si legge che questi combattenti sono “riusciti a entrare in Iraq dopo scontri con i crociati”. Il riferimento ai combattimenti sempre più cruenti al confine, e oltre, con la Siria pare esplicito.
A Washington tutto tace. Non si sa molto di più, e il comando militare Usa in Iraq non ha confermato la notizia. Se l'operazione dei miliziani, che tutti i mezzi d'informazione, senza che alcuna reale verifica sia possibile, hanno già attribuito agli uomini di al-Zarqawi, venisse confermata, il danno per gli Stati Uniti sarebbe enorme. Come fare a continuare a nascondere un dato di fatto fondamentale: una parte fondamentale dell'Iraq, quella a maggioranza sunnita e al confine con la Siria, è fuori controllo. La stessa strategia dei militari Usa di starsene trincerati nelle basi è il sintomo di un malessere sia militare che politico: l'opinione pubblica Usa non regge più lo stillicidio continuo di bare con la bandiera a stelle e striscie che tornano in patria a sbugiardare l'amministrazione Bush. Fino a oggi sono 2110 le vittime tra i soldati Usa in Iraq. Questa pressione continua sui vertici politici e militari Usa potrebbe spingere Washington a soluzioni finali. Pare infatti piuttosto strano che i guerriglieri iracheni, anche se pronti a tutto e privi di scrupoli, decidano di attaccare Ramadi proprio mentre quest'ultima diventa l'obiettivo di un'operazione in forze coordinata tra marines ed esercito iracheno. All'alba del 26 novembre scorso, 600 uomini tra soldati Usa e reclute irachene hanno iniziato la quarta operazione di rastrellamento in dieci giorni. Avete letto bene, proprio la quarta in dieci giorni. Tigre, Orso Bruno, Pantera e Leone, questi i nomi delle azioni coordinate, avevano l'obiettivo di bonificare la provincia di al-Anbar prima delle elezioni del 15 dicembre prossimo. Al-Zarqawi viene dipinto dagli analisti dei servizi segreti Usa come un genio del male, ma sarà una buona idea attaccare un obiettivo proprio quando pullula di soldati nemici e avvertire dell'attacco con tanta pubblicità alcuni giorni prima? Per adesso la domanda resta senza risposta, ma le similitudini con i giorni che precedettero l'eccidio di Falluja sono inquietanti. Anche nella cittadina sunnita, ad aprile e a novembre 2004, una massiccia campagna mediatica annunciava che la città era in mano ai ribelli e che Zarqawi si nascondeva a Falluja. Il fosforo bianco caduto su Falluja ha illuminato di morte tutte le bugie che stavano dietro un'operazione che ha massacrato in massima parte civili inermi.
Iraq - 01.12.2005