La Storia nera spiegata a mia figlia (recensione)
di Guido Ruotolo - 21/04/2007
Perché non intendo giustificarla, commemorarla, esaltarla. L’autore di “Storia nera”, Andrea Colombo, racconta dei Nar come di un gruppo molto più politico di altri, che la politica intesero farla in maniera anarcoide, distruttiva e autodistruttiva». A sua figlia Arianna, un giorno racconterà chi era Valerio Fioravanti? «Alcune cose, sia pure in modo sommario, io e Francesca già gliele spieghiamo. E’ difficile dire chi eravamo. A suo tempo, la definizione che demmo a Giovanni Bianconi è questa: fummo una sorta di “Ragazzi della via Pal” in versione esagerata. Ci siamo schierati a difesa del territorio, dell’onore, di cose difficilissime da spiegare oggi. Erano anni in cui ci si menava, ci si sparava per strada e noi abbiamo fatto parte di quel giro. La difficoltà per gli altri è stata quella di comprendere che noi eravamo consapevoli della esiguità delle nostre forze (il Msi prendeva il 4% dei voti, il Pci il 32%). Solo degli asini integrali avrebbero potuto pensare di arrivare al potere. Insomma, noi abbiamo fatto politica, anche politica armata, sapendo che eravamo destinati alla sconfitta». Siete stati dei moderni kamikaze? «No. Semmai i ragazzini di Berlino che resistono consapevoli di essere sopraffatti, o quelli della Repubblica sociale convinti che la guerra era persa, ma che bisognava salvare l’onore. Resistevamo per non essere spazzati via dalla storia. Insomma, non avevate alle spalle nessun progetto politico? «Non potevamo averlo, eravamo mossi dall’imperativo emotivo di resistere». Oggi, però, invitate a riflettere su quella stagione, proponete una vostra “verità” su Bologna. «Abbiamo accettato una provocazione intelligente dell’autore di “Storia nera”: rileggendo gli atti processuali, vecchi di un quarto di secolo, li abbiamo aggiornati. E nel farlo abbiamo rappresentato tutte le possibili piste alternative per Bologna.
In sostanza, riteniamo che in una logica di ombrello protettivo, gli apparati dello Stato abbiano garantito, negli anni della Guerra Fredda e del terrorismo mediorientale, che l’Italia subisse relativamente poche perdite. Questo è stato ottenuto grazie a una serie di spregiudicati equilibrismi della nostra politica e dei nostri servizi segreti. Come dimostrano pagine ancora da riscrivere come Ustica e la stessa Bologna».