I veri poteri forti sono le banche
di Bruno Perini - 03/12/2005
Fonte: ilmanifesto.it
Banca Padrona
Intervista con Vittorio Borelli, l'autore del libro che ha fatto arrabbiare i banchieri. Un episodio su Berlusconi e l'Unicredito
«Banca padrona». Il libro di Vittorio Borelli, (ex condirettore del Mondo ed ex direttore delle relazioni esterne di Unicredito), edito da Rizzoli, non è certo un bel regalo di natale per i banchieri italiani. Non soltanto per l'assonanza con il vecchio «Razza padrona» di Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani, ma perché esce in libreria in un momento in cui le grandi banche hanno molti peccati da farsi perdonare. Peccati che si chiamano Cirio, Parmalat, Antonveneta, Bankitalia. E perché no, oligopolio, costi alti, conflitto d'interessi e molto altro. Che ci sia un problema di «reputation» dei grandi istituti di credito lo si intuisce dagli investimenti massicci fatti dalle banche per rifarsi una verginità attraverso gigantesche campagne pubblicitarie, ma nonostante la memoria breve dei banchieri nostrani, Borelli non fa sconti a nessuno. «Quando sento parlare genericamente di poteri forti mi viene da ridere. Gli unici poteri forti sono le banche e lo si vede dal trattamento di favore che gli riserva la stampa italiana. Hai mai visto sui giornali una critica seria alle banche italiane?
Facciamo un passo indietro: come mai ti è venuto in mente di scrivere Banca Padrona?
Quando nell'estate del 2003 sono uscito da Unicredito ho pensato di coniugare la mia esperienza giornalistica con quella, molto interessante, in Unicredito e così mi sono messo a fare alcune riflessioni sul sistema bancario italiano. La domanda che ha dato origine al libro era ed è piuttosto semplice: come mai, malgrado il cambiamento delle banche avvenuto in questi anni, la clientela è scontenta, tanto da considerare le banche istituzioni di cui diffidare? Come mai il grado di insoddisfazione cresce in modo direttamente proporzionale all'aumento dei risultati? Paradossale no? E ancora: come mai nessuno se n'è accorto? La risposta a quest'ultima domanda è semplice: le banche sono i veri poteri forti e in Italia la stampa specializzata e non è eccessivamente acritica verso questi poteri. Mentre per quanto riguarda le altre domande bisogna fare un ragionamento più generale
Partiamo dal paradosso a cui facevi riferimento: come è possibile che l'insoddisfazione sia direttamente proporzionale ai risultati economici?
La risposta a questo quesito va ricercata nella storia recente del sistema bancario: nei primi anni `90 le banche abbandonano il ruolo pubblico e istituzionale e attraverso le privatizzazioni sposano in modo acritico il mercato con l'unico scopo di realizzare risultati economici a tutti i costi. Anche nelle banche si insinua, senza remore e regole, la logica delle stock option e dei bond e così facendo si creano le condizioni per i grandi crac industriali che conosciamo
E il conflitto d'interesse che ruolo gioca in questa deriva?
Un ruolo essenziale. Il conflitto d'interesse è il figlio legittimo della banca universale. Con la legge Amato-Carli le banche, non solo in Italia, sia chiaro, fanno di tutto: all'interno di uno stesso agglomerato troviamo il credito ordinario, la marchant bank, l'investiment bank, la raccolta del risparmio, il finanziamento dell'impresa e la consulenza finanziaria. Il conflitto d'interesse è inevitabile e rischia di travolgere oltre alle banche anche la clientela. Il caso Parmalat da questo punto di vista è esemplare
Mi pare che tra i mali del sistema bancario tu citi anche il monopolio
Certo, il monopolio delle banche è un'altra anomalia. Ed è un'anomalia tutta italiana. Mentre nel resto del mondo c'è una forte concorrenza che consente ai clienti di una banca di scegliere, da noi la clientela della banca è tra le più stabili del mondo. La stessa Abi ha stabilito che soltanto il 10% della clientela cambia cambia banca e il più delle volte ciò avviene per ragioni logistiche non per una scelta di qualità del servizio
Non c'è dunque speranza di un cambiamento del sistema?
Il cambiamento delle strutture le banche lo stanno facendo ma i vincoli strutturali sono troppo forti. E poi il vero guaio è che il sistema bancario non ha espresso una classe dirigente. E' nata una tecnocrazia molto potente ma senza quella cultura necessaria a una classe dirigente
Il quadro che dipingi è piuttosto grigio. Come vedi in questo scenario la vicenda della Banca d'Italia? E i banchieri che cosa pensano in realtà del loro governatore?
I banchieri italiani sono prigionieri di Antonio Fazio. I poteri che il governatore della Banca d'Italia ha mantenuto su di loro sono fortissimi. Qualunque cosa vogliano fare le banche dipende da Bankitalia. Certo, oggi i banchieri italiani sanno che il crollo di credibilità di Bankitalia intacca anche le principali banche ma si guardano bene da denunciare pubblicamente questa situazione
Nel tuo libro c'è qualche esempio di questo strapotere di Bankitalia?
Il caso Unicredito. Quando nel 1998 Unicredito e San Paolo volevano acquisire rispettivamente Comit e Banca di Roma attraverso un'operazione di mercato, il governatore gli rispose di toglierselo dalla testa. Comit è già stata promessa a un'altra banca, gli rispose Antonio Fazio. Altro che mercato!
Pare che una cosa simile sia accaduta nella vicenda Antonveneta, quando gli olandesi di Abn Amro volevano acquisire Antonveneta attraverso una regolare operazione di mercato
Sì, direi che ci sono molte analogie con quello che accadde nel 1998. Per quanto riguarda poi il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, ci sono altri e più preoccupanti aspetti. Certe sue frequentazioni alla lunga fanno pensare che ci fossero problemi di altra natura
Mi pare che nella tua ricerca ti sia trovato di fronte anche al conflitto di interesse del capo del governo
Silvio Berlusconi ha sempre saputo che le Generali sono importanti e attorno al 2002 ha cercato di arrivarci per via indiretta. Come? Si era avviata una trattativa per tentare una fusione tra Mediolanum e Unicredito, poi l'operazione è fallita perché i manager di Unicredito si sono opposti. Ma se quell'operazione fosse riuscita Berlusconi sarebbe arrivato a Mediobanca e alle Generali.