Sudditi e sovrani. L’età delle rivoluzioni
di Stenio Solinas - 07/05/2007
D
elle due mostreappena chiusesi a
Londra, una monografica
sul pittore
inglese William
Hogarth, l’altra,
Citizens and Kings
,collettanea e dedicata al tema del «Ritratto
nell’età della Rivoluzione. 1760-1830», stupisce
che i rispettivi musei ospitanti non
abbiano trasformato la casualità temporale
della duplice esposizione in un più logico e
meditato passaggio ideale di consegne, tanto
la prima è paradossalmente l’anticipazione
e/o il compimento di ciò che nella seconda
resta ancora cristallizzato. Inaugurata ora al
museo
La Caixa di Madrid, quella diHogarth continua naturalmente a essere una
gioia per l’appassionato che voglia andare a
vederla, ma a chi come noi è capitata la fortuna
dell’«accoppiata» alla Tate Gallery e
alla
Royal Academy of Arts, resta davantiagli occhi una sorta di raffigurazione ideologica
che vale più di un libro di storia o di un
trattato sugli usi e i costumi del secolo
XVIII.
Morto nel 1764, Hogarth non fece in tempo
a contemplare la Rivoluzione francese, la
ghigliottina che taglia per sempre, insieme
con la testa, la sacralità di chi regna, il Terzo
stato borghese e popolare che si appresta a
contestare e a ridurre le antiche egemonie
nobiliari. Ma era nato e cresciuto in un’Inghilterra
che il proprio sovrano aveva già
ammazzato e la propria rivoluzione mercantile
e borghese già intrapreso. Dimodoché, la
sua Londra di metà Settecento è già quello
che sarà la Parigi dell’89 e certa Francia
napoleonica e della restaurazione: libertini e
prostitute, nuove classi sociali e alcolismo,
rovine economiche e imbrogli politici, snobismo
e immoralità. Sotto questo profilo, il
suo ritratto della società britannica del tempo
è feroce e senza sconti, una Londra da un
milione di abitanti, la più grande capitale
d’Europa, indifferente e corrotta, dove l’apparire
conta più dell’essere, la vita è teatro
crudele, il denaro la nuova divinità. Come i
nobili cui vogliono assomigliare, la nuova
borghesia mercantile degli affari vuole essere
ritratta in vesti che la magnifichino e in
qualche modo moralmente la riscattino, ma
la costituzionalizzazione della monarchia, il
contratto politico fra sovrano e sudditi, ha
tolto a quest’ultima, così come all’aristocrazia
che le faceva corona, quell’aura che la
rendeva unica e intangibile. Così, la classe
nobiliare può avere ancora privilegi, ma non
ha più l’insindacabilità dei suoi atti: la si può
portare a processo, ci sono tribunali, giudici,
avvocati, se ne può provocare la bancarotta,
e il ceto, il nome, la casata, non salvano dalla
miseria, dall’umiliazione, dalla prigione.
Il borghese con i soldi, insomma, scimmiotta
quasi senza rendersene conto una caricatura,
ed è in fondo attraverso il suo denaro che le
dà una nuova linfa, matrimoni di interesse,
l’oro che finisce con lo spolverare blasoni
finiti nella polvere... Le colonie, l’impero,
opereranno la trasformazione finale, mandando
a fare fortuna all’estero quei rampolli
decaduti, e i loro omologhi senza
pedigree,per i quali non c’era possibilità in patria, rafforzando
un’aristocrazia terriera e degli affari
che nei grandi spazi, nell’
import-export,nella speculazione finanziaria ha trovato il
suo nuovo
ubi consistam.Di questo rimescolamento ancora agli albori
Hogarth si fa caustico cantore:
La carriera dellibertino, quella della prostituta, La campa-
gna elettorale o Il matrimonio alla moda
nonsono altro che
tranches de vie pittoriche cheraccontano il nuovo corso, l’indiavolato
intreccio di grandezza e di miseria, voglia di
successo e fallimento, corruzione che porta in
parlamento e corruzione che conduce alla
galera, il delitto, anche, nel tentativo di cambiare
status
, per stanchezza del proprio status.Londra è una città brulicante di teatri e di
cabaret
, di taverne e di music-hall, di puttanee di morti di fame, ma anche di ricchezze
spropositate e di abitazioni sontuose, e nel
West End
, il cuore del cuore cittadino, puoivederle sfilare fianco a fianco, separate appena
da una strada, un angolo di casa, un parco...
Mentre Hogarth dipinge e racconta questo
proliferare tumultuoso, in cui si va a caccia
di voti così come si va a caccia di avventure,
li si scambia, li si compra, li si vende, ci si
costruisce o si distrugge una carriera, dall’altro
lato della Manica, in quella terra di Francia
dove la raffinatezza culinaria è pari a
quella della conversazione e dell’abbigliamento,
un continuo, ininterrotto cerimoniale
che non può essere alterato, la società vive in
una fissità propria del
rigor mortis. Il sovranoe i nobili che lo attorniano vengono raffigurati
come divinità benigne circondate dagli
oggetti che simboleggiano il loro
status e laloro potenza: aquile e cigni, mappamondi e
spade, compassi... La vita borghese resta ai
margini, non perché non ci sia, ma perché
non giudicata degna di interesse e la borghesia
non può scimmiottare l’aristocrazia perchè
quest’ultima, che già scimmiotta sé stessa,
avendo abdicato al proprio ruolo in cambio
dei favori di Versailles, non glielo permetterebbe.
È la quiete che precede la tempesta,
quando i
Citizens and Kings, i Cittadinie i
Re, sono ancora in realtà Sudditi da unlato, e
Sovrani dall’altro, fra loro separati daun invisibile quanto invalicabile filo: solo la
testa di Luigi XVI, rotolando, lo oltrepasserà
rendendolo inutile.
Nei disegni, nei dipinti, nelle incisioni e nelle
stampe di Hogarth c’è insomma, in anticipo,
ciò che sul continente arriverà mezzo secolo
dopo, la modernità che fa fuori L’
Ancienrégime
, che cerca di crearne uno nuovo, chesembra rassegnarsi alla restaurazione dell’antico...
L’era napoleonica riprende da
quella rivoluzionaria istanze della romanità e
della classicità repubblicana, ma fatica a
inserirle nell’involucro imperiale creato di
fresco per contenenerle. Il David cantore della
Rivoluzione, con il suo Marat assassinato
che sembra un cittadino romano, sarà anche
il David cantore delle aquile napoleoniche la
cui sovranità non sta nel lignaggio, ma nel
coraggio. La Francia dei Lumi e dei Filosofi
che ha in fondo provocato lo scossone che è
costato la testa al re, si risveglia prima nel
Terrore, poi in un nuovo sogno regale contrario
al primo eppure eguale, non più retaggio
divino, ma divinizzazione dell’umano. Bisognerà
aspettare un altro trentennio perché la
vita politica si parlamentarizzi sul modello
britannico, camere e partiti, votazioni e candidati,
ma la nobiltà esce da quel susseguirsi
di colpi di scena con troppe piaghe sul corpo
per poterne guarire e Napoleone l’ha troppo
lavorata ai fianchi, rimpiazzandola con
un’altra, perché tutto possa essere come prima.
Sulla scena torna quel Terzo stato cui i
pochi anni repubblicani e rivoluzionari non
sono bastati per imporsi definitivamente, ma
che però non può più essere tenuto da parte,
non considerato, respinto. La Francia che
non aveva avuto un Hogarth o un Fieldings,
il creatore di Tom Jones, avrà ora un Daumier
e un Balzac: dietro ogni fortuna si
nasconde sempre un delitto, dietro ogni
libertino un uomo politico...