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Per fare un bambino ci vuole un albero

di Marco Boschini - 14/05/2007

 

Un bimbo ai piedi di un albero

Dall’autunno scorso si sono moltiplicate le grida di allarme sulla crisi ecologica che attanaglia il Pianeta. E a lanciarle non è stato solo il cosiddetto “catastrofismo ambientalista“, ma le più alte istituzioni internazionali, vari governi, intere comunità di scienziati. Eppure non si sono colte reazioni significative.

L’opinione pubblica, narcotizzata dai mass media e resa afona dalla mortificazione di ogni forma di partecipazione attiva, sembra aver assistito indifferente, o, forse, semplicemente costretta alla rimozione in quell’inconscio collettivo angosciato che restituisce depressioni, comportamenti aggressivi, dipendenze dagli psicofarmaci, insomma un “oscuro” disagio del vivere. La politica di altro si occupa, travolta da un’autoreferenzialità, che, specie nel nostro Paese, ha a che fare con la precarietà del governare e l’imperativo primo di conservare il “potere”. Potere, in verità, sempre più esangue e asservito all’economia, alle ragioni del mercato e della “crescita”, parola magica capace di evocare promesse che non può mantenere.

Ma nell’era della globalizzazione, quando il mercato con le sue “leggi ferree” regna incontrastato, è difficile immaginare uno spazio per una reale tutela della natura: quest’ultima ha bisogno di uno sguardo amorevole e disinteressato di lungo periodo, previdente e provvidente, mentre il primo è costretto nei tempi brevi ed aleatori dell’altalena quotidiana degli indici di borsa e dei risultati di bilancio. Per questo i tentativi di affidare al mercato la soluzione della crisi ambientale risultano fallimentari: la convenienza di questi interventi è dettata esclusivamente dal profitto, mentre spesso la salvaguardia della biosfera rappresenta per esso un fastidioso intralcio.

È allora urgente, di fronte ai fallimenti della politica e dell’economia, ricostruire una nuova cultura imperniata sull’etica della responsabilità nei confronti della vita, nostra innanzitutto e delle generazioni future, ma anche della natura cui apparteniamo e che custodisce le condizioni stesse della nostra esistenza. Da tempo l’elaborazione di Hans Jonas sul principio di responsabilità verso le generazioni future ci ha posto di fronte al nuovo “imperativo categorico” di evitare nell’oggi ogni azione che possa compromettere domani la vita degli umani sul pianeta.

Ma nel 2007 dobbiamo andare oltre, perché in questione non è più solo una minaccia per i nostri pronipoti: la crisi ecologica già ora sconvolge le nostre esistenze, distrugge vite umane, degrada la nostra quotidianità, produce sofferenza fisica e psichica.
Basti guardare i bambini: essi, in apparenza, vengono coccolati nei messaggi pubblicitari, nelle canzoni, nel dibattito politico. Ma “per fare un bambino ci vuole un albero“, spiega, a 93 anni, il decano della neuropsichiatria infantile, Giovanni Bollea. L’albero, l’acqua cristallina, i mille fiori, insetti, uccelli, rendono “i bimbi più buoni”, danno sensazioni di “bellezza”, trasmettono “gli elementi principali della nascita, della crescita, della morte, della vita”. “L’albero – insiste Bollea – raccoglie in sé il concetto di crescita”. E un bimbo per crescere sano nel corpo, nella mente e nel cuore, può fare a meno della play station, ma non dell’albero, dell’aria che “sa” di ossigeno, insomma di un ambiente naturale, ancora ricco di vita.

E ciò vale per tutti noi, anche se le distrazioni della “realtà artificiale e virtuale” ci illudono del contrario. C’è qualcosa nella bellezza della natura che è insostituibile: in essa possiamo trovare, insieme al piacere, anche quelle condizioni che favoriscono l’elevazione personale. La bellezza naturale può addolcire i nostri sentimenti meno sociali e renderci persone meno aspre e ruvide, mentre altri aspetti del nostro carattere, come, ad esempio, l’attenzione per il particolare irripetibile e la compassione per il vivente, attraverso la sua osservazione possono essere migliorati ed affinati.

La natura insomma è preziosa non solo perché offre (e questo è comunque decisivo) le risorse fondamentali per la vita, ma anche perché può essere la fonte di esperienze estetiche che arricchiscono l’anima, ci fanno star bene e possono farci diventare migliori.
Marino Ruzzenenti
(Tratto dal Dossier di Maggio di “Missione Oggi”)
www.saveriani.bs.it/Missioneoggi/