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Germania guerrafondaia?

di Sergio Romano - 16/05/2007

 

Lei aveva individuato nell'esasperato nazionalismo, nel razzismo e militarismo le storiche tare della Germania. Dalla lettura della sua risposta «Angela Merkel e il futuro dell'Europa unita» emerge invece l'immagine di un Paese generoso (maggior contribuente dell'Unione) e seriamente impegnato nella costruzione dell'Europa unita e in questo ostacolato, oltre che da Francia e Gran Bretagna, da una Polonia egoista, populista e antieuropea, immagine che mal si concilia con quella storica di un Paese (la Polonia), eterna vittima delle mire di Russia e Germania. Non vorrei che qualcuno trovasse in tale descrizione dei fatti qualche giustificazione alle aggressioni subite in passato dai polacchi.

Adriano Ponti , aponti@hotmail.it

Caro Ponti, non credo che nazionalismo, razzismo, militarismo siano «tare storiche» della Germania, e mi spiace che lei abbia avuto, leggendomi, una diversa impressione. La tesi nacque durante la Grande guerra, quando i servizi di propaganda degli Alleati costruirono l'immagine di una Germania naturalmente e fisiologicamente bellicosa, tracotante, aggressiva. E riapparve durante la Seconda guerra mondiale, quando la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, per le finalità del conflitto, non esitarono a rappresentare Hitler come l'ultima incarnazione di un tradizionale, secolare militarismo tedesco. In realtà la Germania ha avuto, nel corso della sua storia, molti volti. Nel Settecento il mondo tedesco, con l'eccezione della Prussia, era una costellazione di libere città e piccoli Stati, pigramente governati da duchi, granduchi, margravi, grandi elettori, re e principi vescovi. Le città e le campagne erano popolate da borghesi e aristocratici colti e civili. Le università e i teatri erano modelli di fervore intellettuale e fantasia creativa. Quando Madame de Staël visitò la Germania con Benjamin Constant, alla fine del 1803, fu straordinariamente colpita dalla ricchezza e dalla vivacità della sua poesia, della sua musica, della sua letteratura, dei suoi studi storici e filosofici. Il libro che nacque da quel viaggio rivelò all'Europa una società nuova e laboriosa, pervasa da spirito di libertà e sentimento nazionale. Insieme alla guerriglia spagnola contro la dominazione francese e ai fermenti italiani degli anni seguenti, l'insurrezione antinapoleonica dei tedeschi nel 1813 fu l'avvenimento che maggiormente contribuì a preparare la «primavera dei popoli» nel 1848 e i risorgimenti nazionali dei decenni successivi. La guerra prussiana contro la Francia, nel 1870, tenne a battesimo un grande Stato animato da forti ambizioni in Europa e nel mondo. Ma non sarebbe giusto dimenticare che Bismarck, finché rimase al potere, seppe controllare e frenare gli spiriti imperiali del Secondo Reich. E sarebbe giusto ricordare che anche la Gran Bretagna, la Francia, la Russia, gli Stati Uniti, il Giappone e l'Italia ebbero tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, sia pure su scala diversa, una politica imperiale. All'origine della Grande guerra non vi furono soltanto le eccessive reazioni dei due Imperi centrali all'attentato di Sarajevo, ma anche una tragica sequenza di pregiudizi, percezioni sbagliate, errori di calcolo, tutte rotelle di un diabolico ingranaggio a cui ogni Paese dette la propria spinta. La mala pianta di Hitler spuntò su un terreno coltivato dall'arroganza con cui le potenze vincitrici e gli Stati di Versailles trattarono la Germania sconfitta. La feroce brutalità di Hitler contro la Polonia nel settembre del 1939 cancellò il ricordo di certi discutibili aspetti della politica del governo di Varsavia negli anni precedenti. Fu generalmente dimenticato ad esempio che anche la Polonia aveva partecipato allo smembramento della Cecoslovacchia quando nell'ottobre del '39, dopo qualche scontro alla frontiera, si impadronì della regione di Teschen dove i polacchi, su una popolazione di 240.000 persone, erano circa 100.000. I tedeschi ebbero certamente le responsabilità maggiori, ma nessuno, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, aveva il diritto di scagliare la prima pietra.