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Giulio Nepote, l'ultimo Imperatore

di Enea Baldi - 17/05/2007

La gran parte degli studiosi di storia fissano nella data del 476 d.C. la fine dell’Impero Romano d’Occidente; in realtà, all’incirca settant’anni prima, Alarico, re dei Visigoti, aveva già occupato Roma e costretto l’Imperatore Onorio a trasferire la capitale a Ravenna. La scelta di Ravenna fu dovuta alla pressoché totale inespugnabilità della sua posizione: mura difensive molto alte, controllo dell’accesso dal mare e il resto del territorio circondato da fittissime paludi.
L’organizzazione militare e politica dell’Urbe era nelle mani dei generali di origine barbarica, e dell’influenza del potere senatoriale, già indebolito nel corso degli ultimi due secoli, ormai, non restava che il nome. I generali barbarici erano i veri governatori di Roma che eleggevano a loro discrezione gli imperatori divenuti oramai impotenti figure simboliche.
I re barbarici, non furono così spietati e selvaggi come la storia li descrive, anzi, amavano la cultura latina e volevano conservarne l’eredità; a tale proposito, significative ci sembrano le parole di Ataulfo, re dei Visigoti successore di Alarico (412 d.C.): " Pensavo di trasformare l’Impero Romano in un Impero Gotico, ma i Goti sono barbari, non sanno obbedire e neanche creare uno Stato. Così volli riportare, con le armi dei Goti, il nome di Roma alla sua antica gloria. Non potendo distruggere l’Impero, decisi di restaurarlo".
Oreste, un generale barbaro della Pannonia - già figura di spicco durante il potere di Attila - fu incautamente nominato patrizio romano e comandante dell’esercito in Gallia, dall’Imperatore Giulio Nipote; ma l’unno, che probabilmente aveva ben altre aspirazioni che restarsene a combattere in suolo gallico, al seguito di un ingente truppa - alla quale promise una parte delle terre italiche conquistate - mosse verso Roma, depose Giulio Nepote e mise al suo posto il proprio figlio Romolo Augusto che, a causa della giovane età fu chiamato Augustolo (Augustulus). In realtà a governare fu il padre.
l’Impero Romano d’Occidente sta per essere sconfitto dal potere bizantino.
Odoacre, re degli Eruli e di altre milizie barbariche, reclama dall’Urbe la concessione delle terre secondo gli accordi della "hospitalitas", ma la richiesta viene respinta da Oreste. E’ il 476 d.C. Odoacre muove le sue truppe in territorio italico, a Pavia sconfigge Oreste e depone il giovane e inutile Romolo Augusto (che di romano ha solo il nome): dopo più di 1.200 anni dalla datazione storica della sua origine (753 a.C.), Roma perde definitivamente la sua autonomia e autorità politica, divenendo una sorta di colonia di Costantinopoli.
Odoacre infatti, pose fine all’Impero Romano d’Occidente autoproclamandosi re d’Italia e lasciando che Zenone, Imperatore d’Oriente, ne assumesse i diritti di protettorato.
Nel frattempo, mentre a Costantinopoli Zenone, con l’aiuto di Teodorico, riconquista il proprio trono espugnato con una congiura nel ‘75 da Basilisco, Giulio Nepote (di origini bizantine), che era stato designato Imperatore d’Occidente proprio da Zenone, è costretto all’esilio in Dalmazia.
Malgrado l’esilio, Nepote continua a dichiararsi Imperatore d’Occidente con l’avallo di Costantinopoli, infatti, Zenone pur accettando a malincuore l’autoincoronazione di Odacre al regno italico, pretende che quest’ultimo riconosca in Nepote la suprema figura imperiale. Odoacre accetta e fa coniare delle monete con l’effige dell’Imperatore in esilio, cosa che farà di Nepote, ufficialmente, l’ultimo Imperatore d’Occidente). Ma nel 480 d.C. Odoacre, temendo un ritorno a Ravenna di Giulio Nepote, lo anticipa invadendo la Dalmazia. Nell’assedio Giulio Nepote muore e Odoacre annette il territorio dalmata sotto il suo controllo. Tutto questo allarma Zenone e i buoni rapporti con Odoacre iniziano ad incrinarsi. L’impero d’Occidente, con tutte le difficoltà di governo, fa gola a molti; tra questi vi è Teodorico, re degli Ostrogoti, il quale un po’ per sua aspirazione, un po’ sollecitato da Costantinopoli, nel 488 d.C. parte per l’Italia al fine di sconfiggere Odoacre e sostituirsi a lui. Nel 493 a.C. a Ravenna, dopo cinque anni d’assedio, Odoacre è costretto alla resa: Teodorico è il nuovo regnante del territorio italico.
Gli Ostrogoti di Teodorico continuano, come gli imperatori che li avevano preceduti, a governare l’Italia da Ravenna.
L’amministrazione della città è affidata al Senato, da lungo tempo privato dei suoi originari poteri, e sempre maggiore importanza acquista il Papa, che in genere viene da una famiglia senatoria. Durante il regno di Teodorico vengono restaurati gli edifici pubblici cittadini a cura dello stato.
Così finisce la grandezza di Roma, sotto l’egemone Costantinopoli che ne detiene il potere per altri mille anni, quando fu sconfitta da Maometto II il Conquistatore (al-Fatih) che il 29 maggio 1453 pose fine all’Impero Romano d’Oriente conquistando Costantinopoli. L’assedio fu condotto con enorme spiegamento di forze, usando i più grandi cannoni allora esistenti al mondo e addirittura trasportando decine di navi sulla terra, trascinate a forza di braccia dagli schiavi, per aggirare le difese del porto. Presa la città, Maometto la ribattezzò Istanbul e ne fece la nuova capitale dell’Impero Ottomano.
Nel XVI secolo, l’aquila imperiale passa dal Bosforo alle rive della Moscova, dove Ivan IV (detto il terribile), autoproclamatosi Zar (Czar, Cesare), fa di Mosca la nuova Roma, ultima erede del potere dei Cesari nel mondo.
Nel 1936, la Roma fascista, volgendo lo sguardo ai secoli della sua grandezza e ammirando le vestigia del tempo, annuncia la nascita di un nuovo Impero, ma i tempi e le condizioni storiche non sono più confacenti.
In ultima analisi, con un po’ di rimpianto per la grandezza di Roma antica, parafrasando le parole dello storico William Durant, ci si auspica che un giorno essa possa rinascere in tutto il suo splendore.