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Cambiamenti di clima: il riscaldamento globale è in atto

di Sergio Castellari* - 17/05/2007

 

A Parigi dal 29 gennaio al 1 febbraio si è svolta la Decima Sessione del Gruppo di Lavoro I (WG1) dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) con la partecipazione di circa 500 tra delegati governativi dei Paesi di tutto il mondo e scienziati, che hanno contribuito al nuovo Rapporto. Questi delegati governativi hanno approvato parola per parola il Summary for Policy Makers (SPM) del Quarto Rapporto di Valutazione (Assessment Report 4 – AR4) del WG1 “Climate Change 2007: the physical Science Basis” ed accettato il rapporto suddetto. Dallo scorso 2 febbraio il SPM è disponibile sul sito www.ipcc.ch dell’IPCC a Ginevra, mentre il rapporto completo del WG1 sarà disponibile in forma elettronica e cartacea solo verso la fine di maggio di quest’anno.

L’IPCC è un organismo delle Nazioni Unite, istituito nel 1988 dalla Organizzazione Mondiale per la Meteorologia (World Meteorological Organization – WMO) e dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UN Environment Programme – UNEP), allo scopo di fornire ai politici una valutazione obiettiva e corretta della letteratura tecnico-scientifica e socio-economica disponibile in materia dei cambiamenti climatici, impatti, adattamento e mitigazione.
L’IPCC è strutturato in tre Gruppi di lavoro (Working Group – WG) ed una Task Force:
1. Il Gruppo di Lavoro I (WG1) si occupa delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici (osservazioni strumentali, osservazioni indirette e proiezioni climatiche con modelli e scenari);
2. Il Gruppo di lavoro II (WGII) si occupa della vulnerabilità dei sistemi naturali ed umani, degli impatti dei cambiamenti climatici su essi e delle opzioni di adattamento; altre parole della analisi dei diversi scenari di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra);
4. la Task Force ha ad oggetto gli Inventari Nazionali dei gas ad effetto serra.
L’attività principale dell’IPCC è quella di realizzare ogni sei anni i Rapporti di Valutazione scientifica sullo stato delle conoscenze nel campo dei cambiamenti climatici, i Rapporti Speciali e gli Articoli Tecnici su argomenti ritenuti di particolare interesse scientifico. E’ importante ricordare che l’IPCC è l’organismo ufficiale che fornisce l’informazione scientifica per le deliberazioni della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UN Framework Convention on Climate Change – UNFCCC).

IL RAPPORTO DI VALUTAZIONE AR4
L’ultimo Rapporto di Valutazione è l’AR4, che, seguendo lo schema dei Gruppi di Lavoro,
consiste di tre singoli Rapporti e di un Rapporto di Sintesi:
• oggi il 2 febbraio è stato completato l’AR4 – WG1
• il prossimo 6 aprile sarà completato l’AR4-WG2
• il prossimo 4 maggio sarà completato l’AR4-WG3
• il prossimo 17 novembre sarà completato il Rapporto di Sintesi AR4

IL RAPPORTO AR4-WG1
Questo rapporto, che ha richiesto il lavoro volontario di scienziati provenienti da tutto il mondo, ha confermato ed approfondito le informazione scientifiche già contenute nel Terzo Rapporto di Valutazione dell’WG1 (Third Assessment Report – TAR), presentando una valutazione più completa dei dati paleoclimatici (risalenti fino a 650.000 anni addietro) e presentando le proiezioni future del clima del pianeta mediante un numero maggiore di modelli climatici, ed in particolare di modelli tri-dimensionali molto più realistici dei modelli climatici semplici (simple climate models –SCM) usati, invece, in maniera estensiva nel TAR.
Le principali conclusioni presentate nel SPM – AR4 (già disponibile sul web) sono le seguenti.

L’aumento dei gas ad effetto serra a partire dal 1750 (cioè all’inizio della Rivoluzione Industriale) è dovuto principalmente alle emissioni da combustibili fossili, all’agricoltura e al cambio d’uso del territorio (land use-change). Ad esempio, la concentrazione atmosferica della CO2 è oscillata per un periodo di 10000 anni fino al 1750 in un range di 265 – 280 ppm (parti per milione); mentre negli ultimi 150 anni la stessa è aumentata raggiungendo il valore di 380 ppm nel 2006. Questo valore del 2006 è superiore al range naturale (180 – 300 ppm) degli ultimi 650000 anni. Rispetto al TAR la consapevolezza scientifica sulla influenza dell’effetto umano sul sistema clima (l’impronta umana sul clima) si è rafforzata, e si è stimato con maggiore precisione che dal 1750 ad oggi le attività umane hanno determinato un effetto globale medio di riscaldamento con un forzante globale radiativo sul sistema clima di 1,6 W/m2 ed un range di variabilità di 0,6 – 2,4 W/m2.
Confrontando questo valore con quello del forzante radiativo dell’attività solare (0,12 W/m2 in un range di variabilità di 0,06 – 0,30 W/m2) si è valutato che l’effetto antropogenico di riscaldamento risulta maggiore dell’effetto solare di riscaldamento. Questo è un dato importante, perché bisogna ricordare che i fattori naturali che possono aver causato dei cambiamenti climatici dal 1750 ad oggi sono: variabilità solare, eruzioni vulcaniche e meccanismi interni di variabilità climatica (sono da escludere i parametri orbitali della Terra che hanno periodicità di influenza di almeno 20000 anni). Durante questi ultimi 256 anni le eruzioni vulcaniche hanno causato un impatto sul clima a corto termine (solo alcuni anni), quindi rimarrebbe pertanto solo l’attività solare, la quale, tuttavia, ha avuto un impatto minore rispetto all’impatto provocato dalle attività umane.
In conclusione, come è scritto nell’AR4, è innequivocabile il riscaldamento del sistema clima, comprovato dall’aumento delle temperature medie globali dell’atmosfera e degli oceani, dallo scioglimento della neve e del ghiaccio e dall’innalzamento del livello medio globale marino.

E’ molto probabile (probabilità tra il 90 ed il 95%) che l’aumento osservato nella temperatura media globale negli ultimi 55 anni sia dovuto all’aumento osservato nelle concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra. Il tasso di riscaldamento della temperatura dell’aria alla superficie terrestre è simile a quello della temperatura dell’aria nella media (circa 5 km) ed alta troposfera (10 km). Questa è una importante conclusione rispetto ai risultati raggiunti dal TAR, che aveva, invece, rilevato una discrepanza tra questi differenti tassi. Tale discrepanza, invocata dagli scettici climatici (ossia scienziati e non che sostengono che il riscaldamento globale non sta avvenendo o è dovuto principalmente a cause naturali) era la conseguenza di una analisi non accurata dei dati satellitari.

I dati osservativi hanno mostrato che la temperatura media globale degli oceani è aumentata fino ad una profondità di circa 3000 metri. Questo riscaldamento oceanico contribuisce, tramite l’espansione termica dell’acqua marina, all’innalzamento del livello medio globale marino. Infatti il livello globale marino è aumentato tra il 1961 ed il 2003 di circa 1,8 mm all’anno.
L’aumento della temperatura media sull’Artico è due volte maggiore dell’aumento medio globale. Dal 1978 i satelliti hanno stimato che l’estensione annuale media del ghiaccio marino artico si è ridotta del 2,7% ogni dieci anni.

Le osservazioni meteorologiche hanno evidenziato tendenze a lungo termine nelle precipitazioni dal 1900 al 2005 in ampie aree del pianeta: aumenti di precipitazioni nelle aree orientali dell’America settentrionale e meridionale, nell’Europa settentrionale e nell’Asia settentrionale e centrale, siccità più intense nel Sahel, nel Mediterraneo, nell’Africa meridionale ed in alcune aree dell’Asia meridionale. In generale la frequenza di eventi di intensa precipitazione è aumentata.
Sono mutati gli estremi di temperature in vaste zone del pianeta negli ultimi 50 anni; inoltre, i dati osservativi hanno evidenziato periodi di siccità più lunghi ed intensi dal 1970 ad oggi, specialmente nelle zone tropicali e subtropicali. I dati satellitari mostrano un aumento dell’attività dei cicloni tropicali di maggiore intensità dal 1970 almeno nell’Oceano Atlantico, che può essere correlato con un aumento delle temperature superficiali marine tropicali. Però non si può ancora stabilire una tendenza nel numero annuale di cicloni tropicali.
Rispetto al TAR i risultati dei modelli climatici, in particolare di quelli tri-dimensionali (i modelli di circolazione con accoppiamento atmosfera-oceano – AOGCM), risultano più affidabili. Essi sono stati usati per sviluppare proiezioni climatiche secondo scenari di emissione di gas ad effetto serra usati da anni nella comunità scientifica climatica, che non includono azioni di mitigazione mirate alla riduzione degli effetti dei cambiamenti climatici.

Tutte le proiezioni per gli scenari usati danno un riscaldamento durante il XXI secolo maggiore di quello osservato nel XX secolo. Queste proiezioni climatiche prevedono che la temperatura media globale superficiale atmosferica nel 2100 potrebbe variare in un range, dipendente dagli scenari applicati e dai modelli usati, di circa 1,1 ��C a 6,4 ��C.
Le proiezioni relative all’innalzamento del livello medio globale marino per il 2100 prevedono un range di 0,19 – 0,58 m, dipendente dagli scenari applicati e dai modelli usati. Rispetto al TAR il valore medio della proiezione dell’innalzamento del livello medio globale marino nel 2100 non è cambiato in maniera sostanziale, mentre il range di variabilità attorno a questo valore medio si è ridotto a causa di un miglioramento nelle metodologie di simulazione usate. I processi dinamici relativi allo scivolamento del ghiaccio non sono stati ancora inclusi in questi modelli, ma osservazioni recenti mostrano una maggiore vulnerabilità degli “ice sheets” al riscaldamento. Questo potrebbe contribuire in maniera sostanziale all’innalzamento del livello medio globale marino. L’aumento di concentrazione atmosferica di CO2 causerà un aumento nella acidificazione degli oceani; secondo queste proiezioni, infatti, il pH oceanico potrebbe ridursi in un range di 0,14 – 0,35 unità.
Rispetto al TAR le proiezioni climatiche presentano una maggiore affidabilità nella stima delle variazioni delle precipitazioni: esse stimano un aumento di precipitazione alle alte latitudini ed una probabile diminuzione nelle aree subtropicali.

Il ghiaccio marino dovrebbe ridursi ancora di più nell’Artico e nell’Antartide nel corso di questo secolo. Sarà molto probabile che gli estremi di calore, le onde di calore e gli eventi di intensa precipitazione diventeranno più frequenti.
Secondo queste proiezioni i cicloni tropicali dovrebbero diminuire annualmente di numero, ma diventare più intensi. La circolazione termoalina dell’Oceano Atlantico che insieme alla Corrente del Golfo è responsabile del clima mite alle alte latitudini dell’Europa occidentale, potrebbe rallentare in questo secolo XXI a causa delle emissioni antropogeniche dei gas ad effetto serra, ma non dovrebbe subire blocchi, che potrebbero avere drammatici effetti climatici, come quelli che sembra siano avvenuti verso la fine dell’ultima glaciazione secondo gli studi paleoclimatici.

A causa delle scale temporali lunghe che caratterizzano la circolazione globale degli oceani, icambiamenti climatici causati dalle emissioni antropogeniche dei gas ad effetto serra avranno un effetto a lungo termine (molti secoli) sul sistema climatico globale.

Segnalazioni librarie:


Carlo Bertani,
Mutamenti Climatici
Quante volte abbiamo ascoltato con una punta di scetticismo chi ci parlava di mutamenti di clima?Eppure negli ultimi anni temperature "africane" d'estate e inverni stranamente e innaturalmente miti non sono più un'eccezione. A causa degli allarmi ambientali che sempre più spesso vengono lanciati, e...
 
*Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC)