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Vladimir mettiamoci d'accordo. La Russia e l'Europa sono legati a un destino comune

di Giulietto Chiesa - 18/05/2007

 



 

Oggi a Samara il vertice tra Unione Europea e Russia. Sul tavolo i problemi di confine irrisolti sul Baltico e il contrastato nuovo sistema antimissile.

Che cosa direi a Vladimir Putin se fossi seduto al tavolo di Samara tra Unione Europea e Russia? Prima di tutto gli direi di non fare troppa attenzione a certe risoluzioni del Parlamento Europeo. Succede che anche un parlamento democratico possa commettere errori a maggioranza. Può succedere perfino che lo faccia all'unanimità.

Anche il Parlamento di Estonia ha preso una decisione sbagliata, a maggioranza risicata, ordinando la rimozione del Soldato di Bronzo dal centro di Tallin. E gli direi, in tutta confidenza, che atti del genere non si ripeteranno più, anche perché l'Unione Europea farà in modo di essere consultata ove inutili provocazioni anti-russe venissero riproposte da qualche testa calda, a Tallin, o a Varsavia. Teste calde ci sono dappertutto, anche a Mosca. Ma, caro Vladimir, non credo che vogliamo, lei e noi, farci trascinare alla rissa dai cretini di una parte e dell'altra. E, per quanto riguarda i problemi di confine ancora irrisolti tra Russia e Paesi del Baltico, poiché si tratta di confini dell'Europa con la Russia, il negoziato lo faremo «a tre», Russia, Europa e ciascuno dei Paesi interessati. E ci diamo un tempo fissato, diciamo un anno, e, dovessimo lavorare anche di notte, chiuderemo definitivamente tutti i contenziosi.

Gli direi anche che l'Europa non ha alcun desiderio di tornare alla guerra fredda e, anche per questo, non desidera armarsi. Meno che mai desidera che decisioni in questo senso siano prese a Washington, che invece non l'ha nemmeno consultata quando si è messa d'accordo con Varsavia e Praga per costruire in Europa un nuovo sistema antimissile. Quale che sia la gittata di queste armi - gli direi - stia pur sicuro, Vladimir Vladimirovic, l'Europa non le accetterà. La sicurezza europea non si decide a Varsavia o a Praga: la decidiamo tutti insieme tenendo presenti i nostri principi di buon vicinato anche con la Russia, come con tutti gli altri vicini. L'Europa vuole parlare con una voce unica - gli direi - ma non è detto che i contenuti e il tono li deciderà questo o quel paese. Sarà l'Europa a deciderli, oppure non saranno contenuti europei. Di ulteriori allargamenti a Est della Nato non sentiamo alcun bisogno, e non ne faremo. Né la Russia, né l'Europa ficcheranno il naso negli affari interni di altri Paesi. Non vorremo mica riabilitare nel 2007 la teoria della «sovranità limitata», che fu di Breznev? L'Europa si allargherà solo, se lo vorremo, e se lo vorranno, ai Paesi che lo chiederanno liberamente.

Certo, caro Vladimir Vladimirovic, il suo sistema politico non ci piace per niente, ma non possiamo pretendere che lei metta in pratica i principi europei, visto che non è in Europa, né desidera entrarci. Ci basta che lei mantenga fede agl'impegni assunti quando la Russia è entrata nel Consiglio d'Europa, perché sono impegni comuni.

Sulla Cecenia, anche, non siamo d'accordo con lei e lo diciamo con tutta franchezza. Ma poiché, a suo tempo, riconoscemmo che era un «affare interno» alla Russia, e non insistemmo oltre, adesso non possiamo strillare troppo. Diciamo così: lei li hai schiacciati e noi abbiamo sbagliato. D'ora in poi noi saremo coerenti e la criticheremo quando sarà il caso, senza farle sconti. Ma, tirate le somme, noi sappiamo che lei sa che la Russia e l'Europa sono legati a un destino comune. Noi avremo bisogno di voi e voi avrete un gran bisogno del nostro bisogno. Dunque rimettiamoci sulla giusta strada del dialogo. E, infine, caro Vladimir Vladimirovic - gli direi - l'Europa è alleata dell'America, e lo resterà per un tempo imprevedibile, ma non è l'America e non lo sarà per un tempo altrettanto imprevedibile. Sarà utile anche a lei non dimenticarlo.