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Palestina: è guerra

di Antonella Vicini - 19/05/2007



È una offensiva militare a tutti gli effetti quella che hanno avviato i militari di Tsahal nella Striscia di Gaza. Annunciata nella serata di mercoledì, è scattata nel giro di poche ore, proclamando la fine della tregua che durava formalmente, ma non sostanzialmente, dal 26 novembre scorso. Da quella data, infatti, erano stati molteplici gli interventi dei militari israeliani nella Striscia, ma si era trattato di operazioni più circoscritte. Da ieri, invece, oltre al proseguimento delle lotte tra fazioni, nella zona è guerra reale; guerra marchiata Idf.
Carro armati israeliani sono penetrati attraverso la città di Jabaliya, prendendo posizione in territorio palestinese, a qualche centinaio di metri dal confine, di fronte alla città di Beit Lahiya, mentre i raid aerei si sono susseguiti nel corso di tutta la giornata. Almeno tre. È questa la risposta di Tel Aviv al lancio di razzi Qassam su Sderot da parte dei militanti del Movimenti islamico.
La giornata si è aperta con il lancio di sette razzi: uno in un cortile di una casa, gli altri due alla periferia del centro abitato. Due persone sono rimaste lievemente ferite, mentre parte dei residenti delle zone della cittadina hanno chiesto di essere ospitati in un ostello militare a Givat Olga, sempre nel nord. Olmert si è opposto all’idea di una evacuazione completa della città, propendendo per una azione più concreta.
La risposta militare, in realtà, si è fatta attendere rispetto alle intenzioni manifestate sin dai primi momenti dal capo del governo sionista. Alla fine, la cautela di chi aveva tentato di giocare la carta della moderazione, visto il polverone suscitato in questo periodo dal rapporto Winograd proprio per l’inadeguatezza dell’operato di governo su questioni militari, è stata messa da parte di fronte alla possibilità di infliggere il “colpo di grazie” al caos palestinese.
Nella sola giornata di ieri almeno 5 palestinesi sono stati uccisi: tutti miliziani di Hamas secondo quanto reso noto da fonti israeliane.
Secondo l’esercito israeliano “è una operazione di routine”. “I carrarmati non stanno sparando e non ci sono piani per procedere oltre”, ma sia le parole del viceministro della Difesa israeliano, Ephraim Sneh, sia l’entità delle azioni fanno pensare ad altro. L’intenzione di colpire “tutti coloro che sono coinvolti nella produzione e nel lancio di missili” è stata messa in pratica in maniera piuttosto decisa. I cosiddetti “assassini mirati” hanno centrato ieri, nel pomeriggio, Imad Shabanah, un leader di Hamas, ritenuto di essere a capo di una cellula preposta alla costruzione dei razzi Qassam. Nell’attacco, è rimasto ucciso anche un secondo militante.
È invece di due morti e di 45 feriti il bilancio del bombardamento portato a termine dagli F16 israeliani a Gaza, distruggendo completamente l’edificio di diversi piani che ospitava le forze di sicurezza di Hamas legate al ministero degli Interni. Decine di ambulanze si sono precipitate sul posto. Poche ore dopo, il secondo raid, nel corso del quale è stata colpita una automobile in cui si trovavano membri del gruppo delle Brigate Al-Quds, ala armata del Jihad islamico, a est di Jabaliya, nel nord della Striscia. Due i morti, mentre, decine di cittadini palestinesi sono stati feriti Compresi molti bambini e donne.
A questa nuova ondata di violenza, Hamas ha replicato con la minaccia della ripresa degli attacchi suicidi. “È guerra aperta dichiarata contro Hamas, ora tutte le opzioni sono valide, anche azioni di martirio”, ha dichiarato Abu Ubaida, portavoce del movimento islamico. Nella Striscia, nel frattempo hanno continuato a verificarsi i soliti scontri tra le due fazioni, causando la morte di una persona e una dozzina di feriti. Scontri a fuoco si sono registrati anche a Rafah, al confine con l’Egitto.
Lotte intestine e bombardamenti sionisti: una situazione incandescente che ha costretto il presidente palestinese, Mahmud Abbas, a cancellare il viaggio in programma nella città, dove avrebbe dovuto discutere con il premier Ismail Haniye del cessate il fuoco. Allo stato attuale dei fatti l’incontro è stato rimandato, e non è stata comunicata una nuova data. Segno evidente del contributo negativo dato da Tsahal alla guerra civile dei territori, ridotti ad essere una arena di lotta che sembra votata all’autodistruzione; con l’intervento provvidenziale di Tel Aviv.