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La cosacca del barone Von Ungern

di Alessandra Iadicicco - 19/05/2007

Mario Appelius

LA COSACCA DEL BARONE

VON UNGERN

Edizioni di Ar. Le librette di controra, 60 pp., euro 10

Lui, il soggetto del ritratto, è il Barone

Nero, il Barone Pazzo, il Barone Sanguinario.

Il nobile baltico Roman Fiodorovic

von Ungern Sternberg: di stirpe germanica,

di sangue vichingo e magiaro, di fasto

e ferocia barbarica. Di una fede monarchica

e zarista decisa dagli accidenti della storia,

professata per una più oscura vocazione

teocratica, affermata in missione controrivoluzionaria

nell’Eurasia del primo dopoguerra.

Lei, l’autrice del ritratto, è una figlia

“del fiore dei popoli russi”: una cosacca.

“Bianca! Bianca! Bianca!”, esulta lo

scrittore Mario Appelius, viaggiatore avventuriero

nell’Oriente degli anni Quaranta,

che ce la presenta con il nome di Olga.

Bianca come l’esercito di cui il suo eroe,

luogotenente al servizio dell’atamano Semenov

nella fase guerreggiata della rivoluzione

sovietica, guidò la divisione asiatica

di cavalleria per difendere la Siberia e la

Mongolia contro le armate rosse di Blücher.

Arrossisce appena del suo biancore la ragazza

mentre si spoglia degli stracci e le

pellicce che goffamente la vestono e si infila

in una tinozza piena d’acqua sotto gli occhi

di Appelius che la osserva. Ma il rossore

basta a far avvertire la sottile vibrazione

erotica che percorre tutto il suo racconto.

Potentemente erotica è, infatti, la figura del

guerriero esaltato e spietato di cui dice. Divorato

– ne scrisse Julius Evola – “da una

passione che ne bruciò ogni elemento umano”.

Ed è figura sovrumana, fantastica, epica

quella che si staglia negli occhi di Olga e

di Appelius. O dell’ingegnere Ferdinand A.

Ossendowski: ministro delle Finanze nel

governo di Kolcak e autore dell’inquietante

“Uomini Bestie e Dei” che di von Ungern

profeticamente raccontava. In lui ciascuno

di loro riconobbe il profilo del cavaliere

spirituale obbediente al Re del Mondo, dedito

al culto del Sole e sceso in campo controsole

per imporre al mondo il suo progetto

mistico e grandioso. Lo aveva concepito

come un “mandala celeste” e immaginava

di proiettarlo sulla geografia terrestre compattando

in un blocco i tre imperi – russo,

mongolo-manciù e cinese – perché montassero

di guardia “in Asia e in Europa alla civiltà

umana contro l’Occidente corrotto e

avvelenato”. Mito, leggenda, sogno o follia,

il progetto (e il fantasma) del Barone - che

fu catturato e fucilato nel settembre del

1921 – ebbe in tutti i casi i suoi ritorni e i

suoi avatar. ()