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Meglio Faurisson di Pacifici

di Dacia Valent - 21/05/2007

Fonte: cloroalclero.blogspot.com

Meglio Faurisson di Pacifici  
Oggi, a Teramo, un’ignobile teppaglia, che ha raccontato di esser discendente di deportati – come se l’esserlo li mettesse su un piano diverso dai naziskin che picchiano chi non la pensa come loro – ha malmenato un anziano professore francese, Robert Faurisson, perseguitato da oltre 25 anni da leggi che negano il diritto alla ricerca ed alla libertà d’espressione, e schiaffeggiato un accademico di valore, uno dei migliori africanisti d’Italia, Claudio Moffa.

Qualcuno dovrebbe dirmi cosa c’è di epico nel combattere una battaglia al fine di impedire ad un anziano storico di fare il suo lavoro, di provare la sua tesi, di discuterla e metterla a disposizione di chi voglia confutarla.

Che quel qualcuno mi spieghi cosa provoca questa paura irragionevole di confrontarsi con chi mette in discussione una tesi, che come tutte le tesi dovrebbe essere soggetta a verifica.

Per dirla con Popper, una tesi deve essere deducibile in maniera conclusiva. La sua forma deve essere tale che sia il verificarle sia il falsificarle siano logicamente possibili.

Dal punto di vista epistemologico questo conduce ad un criterio di demarcazione molto chiaro: nella stessa maniera in cui si può sostenere che sia scientifica un'asserzione passibile di “falsificazione”, si può sostenere che un'asserzione che non lo è, sia metafisica.

Nel caso della Shoah ciò non ci è dato.

Si tratta dell’unico caso, nello studio e nella ricerca storica, dove la verità è tale perché stabilita ed adottata da governi e non susseguente ad una disamina scientifica dell’assunto.

La sola messa in discussione (falsificabilità, in questo caso) della teoria alla base della Shoah, è un delitto di leso dogma.

Non sono una storica. Vado a naso. Come in tutte le cose in cui non sono preparata mi affido a chi si è formato per dare delle risposte.

Non mi improvviserò mai medico, o idraulico e nemmeno ingegnere o parrucchiera.

Esistono persone che hanno studiato, a lungo, per fornire determinati servizi e determinate risposte. E addirittura esistono persone che hanno studiato, sempre a lungo, per domandare le domande giuste.

La passione per lo studio, la ricerca, la messa in discussione dei dogmi che rendono la storia – quella fatta dai vincitori – un’abominevole palude stagnante degli interessi di parte, è commovente e convincente.

Ma per scelta di pochi ma potenti, noi in quella palude ci viviamo, sguazziamo a fianco delle sanguisughe e le accogliamo come costellazioni sulla nostra pelle, regalando loro vita e dignità.

La storia ufficiale ci impone il dogma secondo cui la sofferenza degli ebrei non è la stessa di quella dei Tziganer. Secondo cui la sofferenza degli ebrei non è la stessa dei somali, etiopiani ed eritrei. secondo cui la sofferenza degli ebrei è la sofferenza per antonomasia. E lo è non perché vi sia stata una ricerca seria in merito a quanto successo, alle cause, allo svolgimento. No. Lo è semplicemente perché si è deciso così.

L’accanimento con cui si perseguitano - e perseguitano è la parola giusta - quegli storici e ricercatori che non si adeguano alle verità di stato potrebbero essere assimilate ad un preciso sintomo del fatto che questa verità sia viziata e viziosa.
L’accanimento con cui interi governi si adeguano e promuovono la censura di chi questo argomento vorrebbe approfondirlo, discuterlo, renderlo meno mitico e più storico in fondo, potrebbe essere considerata la prova dell’esistenza di un complotto per nascondere una verità molto più scomoda di quella ufficiale.

Negare il diritto di approfondire, di mettere in discussione, di rendere la storia meno statica e più vivace come del resto dovrebbe essere, è come sventolare un drappo rosso di fronte al toro della volontà di sapere, alla curiosità di chi non si accontenta di un’unica versione, soprattutto quando imposta dalla struttura di potere.

Perché, e qualcuno me lo deve spiegare, per quale motivo degli storici che hanno di fronte anni di potenziale ed invidiabile carriera universitaria decidono, un giorno di suicidarsi accademicamente, toccando l’intoccabile? Dicendo l’indicibile?

Perché Faurisson, Zuendel, Irving e centinaia di altri, meno noti ma non per questo meno impegnati e meno perseguitati, non possono studiare, ricercare, confrontarsi come ogni altro studioso e ricercatore con il resto del mondo accademico? Cosa ha trasformato Ariel Toaff – mai destinatario di critiche per il suo lavoro accademico - in un intollerabile cialtrone?

In definitiva, cos’è che rende gli ebrei diversi ed intoccabili? E con loro lo stato di Israele.

La Shoah. Che smette di essere avvenimento storico per diventare una risorsa politica utile a minimizzare il dramma palestinese, ad offuscarlo e renderlo meno vicino grazie al senso di colpa dell'occidente.

E studiarla, sviscerare il male dietro il mito, storicizzare nel senso vero del termine quanto successo, allontanandolo dal mito ed avvicinandolo alla scienza, spiegare la storia e le sue motivazioni, qualsiasi esse siano, potrebbe rendere una fragile impalcatura, quella su cui si regge il mito laico dello stato etno-teocratico, la terra promessa da Dio al popolo da lui eletto a suo popolo, la terra senza popolo per un popolo senza terra.

Non esiste teoria storica che non abbia differenti versioni e punti vista per la sua analisi e la sua codificazione in termini storici, eccetto il capitolo della Shoah.

E questo, mi dispiace, mi mette in una posizione di non comprensione. Lo ripeto, la storia non è un flusso di notizie che si fissano nel tempo, senza possibilità di essere modificate da un nuovo documento, da una nuova scoperta.

Nemmeno il carbonio 14 è decisivo nella narrazione di ciò che ha composto così la razza umana.

Nulla lo è, se non la nostra sete di sapere o la nostra voglia di credere.

Il guaio succede quando la voglia di credere sopravanza la sete di sapere. Quando ciò che siamo viene annichilito da ciò che vorremmo essere.

E oggi, io mi sento meno sicura che la verità imposta per legge sia la verità vera.

Come Popper, il mio limite di demarcazione in questa vicenda è uno solo: la falsificabilità della tesi. Perché la verificabilità, quando sostenuta dai discendenti politici di Mussolini, francamente non mi basta.

Soprattutto quando sostenute, con la delicatezza tutta ebraica e di destra, dalle spranghe del camerata Pacifici.