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Questa è la storia di un cavaliere bianco e di un uomo nero. Geronzi e Profumo

di redazionale - 21/05/2007

Geronzi è la percezione mefistofelica delle forze in campo, Profumo è l’immacolato formalismo del libero mercato
A. Profumo E’ la storia di un cavaliere bianco e di un uomo nero. E’ un matrimonio misto, una contaminazione, l’eleganza (molto formale) delle regole di mercato che si unisce al senso profondo del potere, il senso dei numeri che sposa la percezione delle forze in campo che si contendono la realtà. Sono le storie di due uomini radicalmente diversi, Alessandro Profumo e Cesare Geronzi.
Il primo è un banchiere molto democratico, che vota alle primarie, che si è allenato all’interesse pubblico nella palestra del palazzo delle Stelline, Fondazione Mattei, Eni, invitato ai seminari di Domenico Siniscalco che allora guidava la fondazione milanese. Ha cominciato da studente lavoratore al Banco Lariano, poi è andato in McKinsey (come Corrado Passera, suo storico competitore; ma attenzione, perché la storia della gemellarità diversa è troppo schematica, è un format un po’ consunto), poi è andato in Ras e infine in Unicredit, dove – dicono – è diventato il miglior banchiere europeo. La sua dimensione proclamata è il mercato. Fa il banchiere, fregandosene del bazolismo, della banca al servizio del paese. La dimensione etica c’è, ma nel liberalismo. Nella prefazione a un libro di Ettore Gotti Tedeschi (capo di Santander in Italia) con Alberto Mingardi, Profumo scrive: “La concorrenza giusta non può che richiamare il tema dell’equità, nel tentativo di stabilire che cosa significhi coniugare il concetto di concorrenza (e di economia) con quello di etica. A questo proposito gli autori affermano con chiarezza come ‘la vera morale per l’economia sia solo nel mercato’, evitando ogni accostamento tra etica ed economia. Ho sempre condiviso questo tipo di approccio”. Non solo questo non è Giovanni Bazoli, ma non è neppure Cesare Geronzi.
Perché la cosa piuttosto incredibile di questo matrimonio è la convivenza di queste due estremità. Geronzi è cresciuto in un altro mondo, alla scuola della Banca d’Italia, negli anni Ottanta la lascia ed entra nel mercato finanziario. Nel 1986 è direttore generale della Cassa di Risparmio di Roma. E da lì comincia il lentissimo percorso che lo porterà in ventuno anni a essere l’architetto della seconda banca europea per capitalizzazione, sesta nel mondo. In questi ventuno anni nell’immaginario della classe dirigente, Geronzi diventa l’archetipo del leader industriale di cultura cattolica e di buone attitudini con il sistema politico. Ma diventa anche nella vulgata dei commentatori economici, il capo della bad company del sistema, qualunque magagna, finisce in Banca di Roma. Geronzi ovviamente non è solo questo: non è solo rapporti politici e frequentazioni vaticane, né è il braccio di Antonio Fazio. Tanto che quando i due si separano, perché Fazio si lascia convincere dalle lusinghe del giovane Gianpiero Fiorani, il governatore non riesce a organizzare un gioco degno di questo nome. Invece Geronzi è un giocatore abile, geometrie semplici e rapidità di esecuzione. L’unione con Unicredit è questo, ed è – da un certo punto di vista – il trionfo della consapevolezza del potere sugli stilemi del mercatismo.

Dopo la grande Intesa
La questione era semplice: andato via Fazio, comincia una nuova decisiva ondata di consolidamento bancario. Nasce una grande banca, Intesa Sanpaolo, da 72 miliardi di euro. Intanto a causa di un’opa ostile condotta da un consorzio sulla banca olandese Abn Amro, azionista di riferimento di Capitalia, Geronzi si trova con due problemi di fronte a sé. Primo: il rischio dell’autonomia; se i compratori di Abn decidono di fare lo spezzatino delle partecipazioni internazionali della holding bancaria olandese, alla creatura di Geronzi potrebbe accadere di tutto. Secondo problema: il rischio dell’isolamento in Italia anche a causa dell’iperattivismo di Bazoli, presidente di Intesa, portatore di una cultura di cattolicesimo democratico del nord, montiniano e prima ancora manzoniano, compassionevole e aristocratico. Una volta costituita l’aggregazione con Sanpaolo, l’espansione bazoliana punta a mettere insieme una forza finanziaria in grado di competere sul terreno dell’economia reale, dalle infrastrutture al finanziamento strategico delle imprese, fino alla dotazione di capitali temporanei per operazioni di mercato (modelli Alitalia con Toto e Telecom), e poi a tenere sotto controllo due strumenti di potere, le assicurazioni Generali, grande cash cow, e il Corriere della Sera, il più influente quotidiano italiano. Così Geronzi accelera sull’unica soluzione possibile, convincere il riottoso Profumo a prender una definitiva posizione di forza in Italia.