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Algeria: il voto democratico in cui nessuno crede

di Giovanni Lanza - 22/05/2007

 

Tra tanti sospetti e paure di attacchi terroristici si sono svolte nei giorni scorsi le elezioni legislative in Algeria. I risultati definitivi sono stati annunciati dal ministro dell’Interno Noureddine Yazid Zerhouni ed hanno confermato le aspettative dei giorni precedenti. Il Fronte di liberazione nazionale (Fln), ovvero il partito di maggioranza del primo ministro Abdelaziz Belkhadem, ha conquistato 136 dei 389 seggi dell’Assemblea popolare nazionale, 63 in meno di quelli ottenuti nel 2003. Altri partiti come l’Unione nazionale democratica e il Movimento sociale della pace, hanno ottenuto rispettivamente 61 e 52 seggi. Questi partiti dell’attuale maggioranza hanno ottenuto, quindi, 337 seggi su 389. Per quanto riguarda l’opposizione, il Partito dei Lavoratori, di posizioni di estrema sinistra nazionale ed unico partito algerino guidato da una donna, Louiza Hanount, ha conquistato 26 seggi. Per finire, il Movimento della società di pace (di matrice islamista) ha ottenuto 14 seggi, gli stessi avuti dal Raggruppamento democratico (Rcd). Secondo Zerhouni, l’affluenza del 35,65% (6.662.383 votanti) dei 19 milioni di algerini attesi alle urne è stata “importante” e le elezioni sono state una prova della “maturità politica” degli elettori. Ma nonostante la partecipazione di alcuni partiti politici che avevano boicottato le precedenti elezioni, tale tasso di affluenza rappresenta il minimo storico del Paese. Nel 2002, infatti, alle urne si presentarono il 46% degli elettori.
Come si aspettava il leader del Rcd, Said Sadi, nemmeno queste elezioni si sono svolte senza proteste ed accuse di brogli. Una commissione governativa che controlla lo svolgimento delle elezioni politiche in Algeria ha denunciato frodi nelle operazioni di voto. Fra i casi segnalati, il rifiuto degli addetti ai seggi di aprire le urne per assicurarsi che fossero vuote prima del voto. “Alcune urne erano già piene di schede”, hanno affermato i contestatori. Osservatori dei partiti hanno parlato di scontri tra attivisti di alcune formazioni e militanti del partito di maggioranza, il Fln, accusati di brogli. Da oltre 17 anni il Paese nordafricano è scosso da una guerra civile che soltanto negli ultimi anni è sembrata attenuarsi. Dopo la larga vittoria del Fis (Fronte islamico di salvezza) alle democratiche elezioni locali del 1990 (32 province su 48 e 853 comuni su 1539), e legislative del 1991 (188 seggi su 231), l’intervento dell’esercito ha portato all’annullamento dei risultati elettorali ed alla carcerazione dei principali rappresentanti del partito islamista.
Oltre 200.000 persone, per lo più civili, morirono negli attentati e negli scontri tra le forze governative e la resistenza islamista. Nelle ultime settimane numerose esplosioni hanno provocato la morte di poliziotti e civili, soprattutto nella capitale Algeri. Dal 1993 l’Algeria ha chiuso le relazioni diplomatiche con l’Iran attuando una politica filo-occidentale, mentre molti degli attacchi compiuti contro i civili sono stati attribuiti a fazioni vicine ad Al-Kaida. Il caso algerino è la più evidente manifestazione di come la “democrazia”, tanto millantata dai governanti del mondo ricco, sia realmente democratica soltanto quando fa comodo agli interessi delle grandi oligarchie.