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Esperimenti chimerici

di Alessio Mannucci - 22/05/2007

 

Dopo aver ritirato il bando che impediva l'uso di embrioni ibridi, oggi il ministro della salute britannico, Caroline Flint, ha ceduto alle pressioni della lobby scientifica dando, di fatto, il via libera agli “embrioni chimerici”: gli scienziati potranno creare in laboratorio embrioni composti per il 99,9% da materiale umano e per la restante parte da materiale proveniente da cellule animali, allo scopo di cercare nuove cure per malattie quali l'Alzheimer e il Parkinson. Ma dovranno ricevere una licenza specifica per procedere nelle ricerche ed attenersi a severe restrizioni, la principale delle quali è che l'embrione ibrido creato in laboratorio non potrà sopravvivere per più di 2 settimane, poi sarà distrutto. In ogni caso, non potrà essere impiantato in un essere umano.

Il tipo di incrocio consentito, poi, deve corrispondere a uno dei tre profili definiti dal ministero della salute: nel primo tipo vengono iniettate cellule animali nell'embrione umano (questa combinazione è quella propriamente conosciuta come “embrione-chimera”; nel secondo, si inietta DNA animale nell'embrione (chiamato a questo punto “transgenico”); nel terzo, si parla di “citoplasma ibrido”, ovvero il trasferimento di cellule umane nell'uovo fecondato animale, dal quale quasi tutto il materiale genetico è stato sottratto. Non sarà in nessun caso consentito il vero ibrido, vale a dire quello in cui l'ovulo umano è fecondato da sperma animale, o viceversa.

“Sono contento di sapere che il buon senso ha prevalso”, ha dichiarato il professore John Burn, direttore dell'istituto di Genetica Umana all'Università di Newcastle, dove queste ricerche sono finalizzate a terapie per il trattamento del diabete e della paralisi spinale. Nel laboratorio di cellule staminali del King's College di Londra, invece, gli embrioni ibridi saranno usati nelle ricerche sull'Alzheimer e sul Parkinson. Lo scorso dicembre, il governo aveva bloccato questo tipo di studi, in seguito alle obiezioni provenienti dal mondo delle associazioni “pro-life”, che si battono contro ogni ricerca sugli embrioni.

Lo scorso marzo, per la prima volta al mondo, è stata creata in laboratorio una pecora con il 15% di cellule umane. La chimera è nata nell'università del Nevada, ad opera dei ricercatori guidati da Esmail Zanjani, che ne ha dato notizia con un'intervista al quotidiano inglese The Mail on Sunday.

L'obiettivo di questo tipo di esperimenti è creare animali con organi umani da poter utilizzare nei trapianti. La tecnica utilizzata prevede l'iniezione di cellule staminali prelevate dal midollo di un donatore umano nel peritoneo di un feto di pecora. Il povero agnello che ne risulta ha una percentuale di tessuti di tipo umano, che, nelle intenzioni dei suoi creatori, potranno essere trapiantati in esseri umani senza provocare rigetto.

Già nel 2003, Zanjani aveva annunciato di essere riuscito a creare una pecora il cui fegato aveva il 7% di materiale umano. Nel frattempo, sono cresciuti i dubbi sia di tipo etico che scientifico. Secondo alcuni scienziati, un trapianto di organi ottenuti in questo modo potrebbe trasmettere all'uomo alcuni virus che negli animali sono “dormienti” o poco pericolosi. Secondo Giuseppe Novelli, direttore del Laboratorio di Genetica Medica dell'università Tor Vergata di Roma, il traguardo di ottenere organi trapiantabili negli uomini è ancora molto lontano (una chimera, ndr). “Nei topi - dice Novelli - si è arrivati al massimo ad una percentuale di cellule umane del 2%, perchè l'organismo ospite tende a rifiutare buona parte delle cellule iniettate. In realtà, non si sa ancora molto del meccanismo con cui si differenziano le staminali, né quali siano gli organi in cui sono maggiormente efficaci”. Per avere organi trapiantabili nell'uomo bisognerà aspettare, secondo il genetista, ancora diversi anni: “Il fatto di avere organi con una percentuale di cellule umane dovrebbe ridurre il rischio di rigetto, ma non bisogna dimenticare che si tratterebbe pur sempre di trapianti da animali. Il rischio di trasportare nell'uomo virus ancora sconosciuti è grande, e bisogna valutarlo con attenzione”.

“Occorre impedire l'arrivo sulle tavole di piante o animali con geni umani come il riso autorizzato da parte del dipartimento all'agricoltura degli Stati Uniti e la pecora creata per la prima volta nell'Università del Nevada”. È quanto ha affermato la Coldiretti nel commentare la notizia pubblicata dal quotidiano inglese. Si tratta di un annuncio che segue da vicino quello del via libera delle autorità americane alla produzione sperimentale del primo esemplare di pianta di riso contenente geni provenienti dall'uomo, realizzato dalla compagnia biotecnologica californiana Ventria. L'obiettivo sarebbe quello di combattere la diarrea infantile, ma dal mondo scientifico emergono forti preoccupazioni per i rischi di contaminazione delle produzioni tradizionali e per il possibile insorgere di reazioni allergiche nelle persone sensibili a certi tipi di proteine.

Di fronte a queste sperimentazioni - afferma la Coldiretti - servono misure strutturali per impedire che questi prodotti o loro derivati finiscano sulle tavole dei consumatori inconsapevoli. La trasparenza deve essere garantita con l'obbligo di indicare la provenienza in etichetta per favorire i controlli, consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli, soprattutto dopo che negli USA si stanno preparando a utilizzare prodotti provenienti da animali clonati come carne, latte e formaggi, che non dovranno essere distinti dagli altri con etichette particolari e potrebbero quindi varcare le frontiere senza alcuna informazione. I consumatori italiani ed europei - precisa la Coldiretti - non sembrano interessati ai “parenti” più o meno stretti della pecora Dolly, alcuni dei quali sono stati ottenuti anche in Italia, come il toro Galileo, la cavalla Prometea e anche un muflone selvatico. Per evitare che dopo il via libera statunitense arrivino, senza saperlo, sulle tavole dei cittadini europei, prodotti derivanti da animali clonati o da chimere importati dagli Stati Uniti, occorre introdurre immediatamente - continua la Coldiretti - l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti come è già stato fatto per la carne bovina e per quella di pollo, ma non ancora per quella di maiale o per i formaggi.

Data articolo: maggio 2007

Istituzione scientifica citata nell'articolo:

The Institute of Human Genetics - University of Newcastle

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